Partecipare a una manifestazione assolutamente pacifica davanti al Parlamento europeo e uscirne con cinque punti di sutura in testa. Ormai la gestione delle proteste filopalestinesi da parte delle forze dell’ordine è un problema non solo italiano. Come dimostra una storia che arriva direttamente da Bruxelles. Protagonista, suo malgrado, Francesco Zollo, italiano 28enne che lavora nel mondo della comunicazione nella capitale europea.

«Il 2 ottobre ho partecipato a una grande manifestazione davanti a Place de Luxembourg, la piazza antistante il Parlamento europeo. Il nostro obiettivo era protestare contro l’arresto dei membri della Global Sumud Flotilla e chiedere che venisse consentito il passaggio di aiuti umanitari a Gaza. La protesta si è trasformata in un sit-in davanti al Parlamento europeo. Sit-in assolutamente pacifico», racconta Zollo a Domani.

La vicenda

«La polizia ci ha inizialmente chiesto di spostarci. Alcuni si sono opposti e sono stati ricacciati sulla parte centrale pedonale della piazza. Io e i miei amici abbiamo subito obbedito e ci siamo posizionati lateralmente rispetto al centro della protesta», spiega Zollo. 

«A quel punto gli agenti hanno iniziato a utilizzare prima dei gas lacrimogeni e poi, quando ormai eravamo rimasti in un centinaio, dei cannoni ad acqua. Il loro utilizzo mi ha distratto per pochi secondi. Pochi secondi che sono bastati a non farmi accorgere che, senza alcun preavviso, era partita una carica. Mentre cercavo di mettermi in salvo, sono stato raggiunto da un agente che mi ha colpito alla testa con uno scudo che teneva in posizione elevata».

La storia però non finisce qui. «Mentre ero piegato e dolorante alcuni attivisti hanno ripreso ciò che accadeva alle mie spalle. Dai filmati emerge che un secondo agente, diverso da quello che mi aveva colpito con lo scudo, ha tentato di colpirmi con un calcio per farmi cadere, senza però riuscire a prendermi. Lo stesso poliziotto ha poi provato a colpirmi con una manganellata, che è rimbalzata sul mio zaino da lavoro. Mi sono quindi mosso verso la piazza. Mentre lo facevo sono stato raggiunto da un altro agente che mi ha spruzzato addosso una sostanza. Non è stato possibile determinare se si trattasse di una sostanza per marchiare i presenti o di uno spray irritante. Il giorno seguente sia io che altre persone presenti alla manifestazione abbiamo avuto sintomi come tosse e congestione».

Zollo racconta di essersi recato alla manifestazione «subito dopo essere uscito dall'ufficio in un abbigliamento che non poteva in alcun modo suggerire intenti violenti».

La denuncia di Amnesty

Zollo è poi stato aiutato da diversi attivisti, tra cui membri di Amnesty International, e ha ricevuto cure in ospedale dove gli sono stati applicati cinque punti di sutura. Proprio Amnesty ha denunciato il comportamento delle forze dell’ordine.

In un comunicato apparso il giorno dopo la manifestazione sul sito dell’organizzazione si legge la richiesta dell’apertura di «un'indagine sulle decisioni prese dalle autorità di Bruxelles e sulla condotta della polizia. Sia la dispersione apparentemente illegale di una manifestazione pacifica, sia l'uso della forza in questo caso devono essere esaminati».

Amnesty ha ricordato come quello di poter manifestare non sia un favore concesso dalle autorità, ma un diritto e ha parlato di un preoccupante trend europeo nel reprimere le manifestazioni pro-Gaza.

Lo stesso Zollo, pur dicendosi pronto a partecipare ad altri presidi, ammette che dopo questa esperienza prenderà più precauzioni per le prossime manifestazioni. «Spesso pensiamo che queste cose capitino solo a chi se “le va a cercare” invece purtroppo capitano a chiunque. Questo però non credo debba fermarci dal continuare a manifestare. Anzi, proprio ora che questo diritto è così minacciato serve unirsi e alzare la voce per difenderlo».

La sua frustrazione è dovuta anche alla difficoltà di dare un effettivo seguito legale a quanto accaduto. «Ho provato a sporgere denuncia e mi è stato detto da altri agenti che ci sarà un’indagine interna della polizia. Il problema però è che chiaramente non ho potuto dare alcun elemento per identificare il poliziotto che mi ha colpito. Era in tenuta antisommossa e l’assenza di un numero identificativo o di una bodycam rende impossibile riconoscere chi mi ha colpito. Uno stato che mette i cittadini nelle condizioni di sapere chi tra le forze dell’ordine aggredisce manifestanti pacifici non è uno stato più debole, ma uno stato più civile».

© Riproduzione riservata