L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ha provocato nel mondo un aumento di rifugiati e sfollati (Idp). Gli ucraini in fuga hanno ricevuto un’accoglienza generosa, sostenuti dalla grande solidarietà e dai finanziamenti di donatori pubblici e privati specialmente europei, ad iniziare dai polacchi. Tuttavia le condizioni dei rifugiati in altre parti del mondo non sono migliorate. Le conseguenze della pandemia pesano ancora oggi su molte situazioni critiche, aggravando l’emarginazione di numerose aree e aumentando il rischio di emarginazione socio-economica, crisi sanitarie, abbandono scolastico e violenza diffusa.

La stessa guerra in Ucraina ha causato ripercussioni economiche a livello globale, interrompendo o rarefacendo forniture di cibo e carburante con il conseguente aumento dei prezzi. Come descrivono i rapporti dell’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu (Unhcr), l’insicurezza alimentare globale è peggiorata notevolmente, esacerbata da eventi climatici sempre più intensi, con milioni di persone sull’orlo della carestia.

Sempre meno fondi

Tutti questi fattori intrecciati aggravano la vulnerabilità globale e stanno provocando un divario considerevole tra fondi disponibili e quelli necessari per soddisfare i bisogni più urgenti. Secondo l’Underfunded Report dell’Hcr, nel 2021 il tasso di mancato finanziamento delle crisi aveva già raggiunto il più ampio divario finanziario fino ad oggi. Ciò riguarda sia i finanziamenti agli organismi Onu che quelli delle Ong. I primi nove mesi del 2022 hanno visto un dislivello ancora più grave: nelle 12 operazioni più importanti (Bangladesh, Ciad, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Iraq, Giordania, Libano, Sud Sudan, Sudan, Uganda e Yemen), l’Hcr dispone di 612 milioni di dollari in meno rispetto all’anno precedente.

Solo per mantenere lo stesso livello di assistenza fornito nel 2021, a livello mondiale servirebbero 1,15 miliardi di dollari in più. Nel corso del 2023 tutte le agenzie dell’Onu, così come le grandi Ong, sono state costrette a ridurre i livelli di assistenza, con un ridimensionamento dei programmi in molte aree critiche. L’inflazione generata dalla crisi finanziaria, la carenza di cibo e gli effetti combinati del cambiamento climatico e della guerra, pesano sui bilanci delle organizzazioni umanitarie. Ad esempio il costo del carburante è salito alle stelle in molti paesi, a causa della guerra in Ucraina. Solo l’Hcr nel 2022 ha speso il 45 per cento in più per il carburante rispetto al 2021. Una delle conseguenze più gravi dell’attuale periodo è l’interruzione della catena di approvvigionamento alimentare in molti paesi poveri.

Le situazioni fragili 

Attualmente, a eccezione dell’Ucraina, le operazioni umanitarie in tutte le altre regioni del mondo sono sotto-finanziate e in grave difficoltà. Particolarmente preoccupanti sono le situazioni in Libano, Giordania e Yemen che hanno a disposizione molti meno fondi rispetto all’anno scorso. Tra gli altri interventi in crisi vi sono Etiopia e Uganda, dove si connettono conflitto e siccità allo stesso tempo, con circa 20 milioni di persone soggette a grave insicurezza alimentare.

Altre situazioni fragili sono quelle del Bangladesh, della Repubblica Centrafricana e della Somalia. Tale aggravarsi dei bisogni sta colpendo un po’ tutte le organizzazioni umanitarie. Molte Ong sono abituate ai finanziamento a fisarmonica, il che nel tempo ha ingenerato la cattiva pratica della “corsa ai soldi”, con spostamenti da una crisi all’altra senza continuità di presenza sul terreno.

La crisi della Croce rossa

Ma ora per la prima volta dalla sua costituzione, va in crisi anche uno dei colossi umanitari, diventato un modello per tutti: il Comitato Internazionale della Croce rossa (Icrc), fondato dal premio Nobel per la pace Henry Dunant nel XIX secolo e custode delle Convenzioni di Ginevra. Chiamato colloquialmente Croce rossa internazionale, l’Icrc di Ginevra ha annunciato che taglierà 1800 posti su circa 20000, per tentare di ridurre le spese. Intanto sta chiedendo al governo svizzero un supporto finanziario eccezionale, per non dover procedere a ulteriori tagli, anche se la radio pubblica svizzera ha già dato l’annuncio che i licenziamenti potrebbero riguardare addirittura 3.000 persone. Almeno 26 sedi dell’Icrc, sulle attuali 350, saranno chiuse in tutto il mondo, come quelle in Mauritania, a Kuala Lumpur e in Grecia.

Riduzioni importanti si prevedono negli uffici Icrc di Dakar, Nairobi, Amman, Bangkok, Panama e in altre 21 località. Il bilancio di previsione 2023 era pari a 2,79 miliardi di franchi svizzeri (2,99 miliardi di dollari), ma potrebbe subire un deficit fino a 700 milioni di franchi svizzeri, come ha dichiarato il direttore generale Robert Mardini. Di conseguenza il 30 marzo scorso il consiglio di amministrazione ha approvato tagli per 400 milioni di franchi svizzeri (440 milioni di dollari).

Da Ginevra sostengono che la raccolta di fondi si è fatta particolarmente difficile a causa del conflitto tra Russia e Ucraina che «ha portato a dimenticare le crisi in altre parti del mondo» ha detto sempre Mardini. Tra i vari fondi necessari «solo l’Ucraina ha prospettive di finanziamento positive mentre tutte le altre operazioni (Afghanistan, Siria, Yemen, Sud Sudan, Somalia, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Nigeria) sono sotto-finanziate».

La tempesta perfetta

Secondo il mondo degli umanitari siamo alle prese con la tempesta perfetta e cioè con gli effetti combinati del conflitto tra Russia e Ucraina, dei cambiamenti climatici, delle conseguenze del Covid-19 e delle crisi locali. Ovviamente a Ginevra attorno all’inattesa crisi dell’Icrc si sono subito scatenate forti polemiche, legate alla passata gestione che già era stata criticata per alcune sue scelte. Ci sono pareri discordi sulla partecipazione ad iniziative considerate non conformi allo spirito della Croce rossa, come il forum di Davos, o l’allargamento del perimetro di intervento del Comitato ben oltre le aree di guerra. Tuttavia si tratta di discussioni piuttosto autoreferenziali che non tengono conto del quadro generale, descritto invece dai rapporti Hcr.

Il combinato disposto tra guerra in Ucraina e assuefazione alle crisi (ambientali e/o violente) sta provocando una diminuzione globale del sostegno all’aiuto umanitario, le cui ripercussioni iniziano a sentirsi anche nella stessa Ucraina che sta ricevendo minori aiuti alla popolazione civile, dopo l’iniziale grande ondata di solidarietà. La grande guerra europea, e le sue conseguenze politiche, avvelena il clima mondiale e rende tutti (popoli e governi) meno disposti ad aiutare, più spaventati e troppo concentrati solo su di sé. 

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