Tutti gli italiani della Global Sumud Flotilla sono tornati a casa. Dopo il via libera del governo israeliano al rilascio di 171 attivisti, sequestrati la scorsa settimana in acque internazionali. Tra di loro anche Greta Thunberg, accolta come un’eroina da una folla di sostenitori al suo arrivo all’aeroporto di Atene insieme ad altri 160 membri della Flotilla.

L’attivista svedese non ha perso tempo per ribadire che «un genocidio si sta verificando davanti ai nostri occhi» e «secondo il diritto internazionale gli Stati hanno l’obbligo legale di agire per prevenire e fermarlo».

Thunberg è stata espulsa dal paese a bordo di un volo charter messo a disposizione dal governo greco, su cui hanno volato anche 27 cittadini ellenici e altri 134 attivisti europei, tra cui 15 cittadini italiani.

Il ministro degli esteri Antonio Tajani aveva annunciato il rimpatrio dei connazionali garantendo l’assistenza dell’ambasciata italiana «sia alla partenza» da Tel Aviv che in Grecia durante il «trasferimento verso l'Italia». Tra sabato e domenica notte erano già atterrati a Roma e Milano 18 italiani, anticipati dal ritorno di venerdì dei quattro parlamentari imbarcati nella missione.

Nel deserto del Negev

Da parte sua il ministero degli Esteri israeliano ha dichiarato di avere ancora in custodia 138 dei 470 attivisti arrestati da Israele e trasferiti nelle carceri di Ketziot e di Saharonim, nel deserto del Negev. Una detenzione di cui ora, con l’aumento dei rilasci, abbiamo informazioni sempre più critiche. Yassine Lafram, presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia (Ucoii), ha denunciato di aver subito violenze, fisiche e mentali, tra cui «pugni sulla schiena, botte sulla testa, occhi bendati e mani legate». Oltre a «interrogatori senza avvocato e umiliazioni sistematiche», avvenute all’interno di un contesto di «privazione totale dei diritti fondamentali».

L'eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan, rilasciata ieri da Israele, ha persino testimoniato di essere stata «picchiata» dalla polizia israeliana dopo l’abbordaggio delle imbarcazioni dalla marina israeliana.

«Abbiamo molto da denunciare», ha aggiunto Hassan raccontando i maltrattamenti nei penitenziari israeliani, dove «mancava davvero tutto». Le accuse si sommano a quelle raccontate nei giorni scorsi dagli attivisti già rimpatriati che descrivevano il sovraffollamento delle celle, che ha costretto alcuni a dormire sul pavimento, e l’inadeguatezza delle scorte di acqua e cibo. Oltre alla negazione, in alcuni casi, di farmaci salvavita.

«Siamo stati sequestrati, perquisiti, non abbiamo potuto dormire e alcune persone sono state aggredite fisicamente», ha raccontato poi l’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi, che davanti alla plenaria di Strasburgo ha denunciato una «violazione del diritto internazionale» da parte di Israele. I rimproveri degli attivisti riguardando, infatti, anche le non azioni dei paesi coinvolti.

Lafram, intervenuto in Comune a Bologna con il sindaco Matteo Lepore, ha accusato i governi europei di complicità nel permettere che Israele utilizzi il Mediterraneo «come un cortile privato», senza riconoscerne l’illegalità. «La verità – ha ribadito Lafram - è che siamo stati deportati contro la nostra volontà». Intanto, la Procura di Roma sta valutando gli esposti presentati nei giorni scorsi dagli attivisti e parlamentari italiani che hanno partecipato alla missione umanitaria.

A cui si aggiungerà queIlo del deputato Pd Arturo Scotto, anche lui imbarcato con la Flotilla, che ha annunciato di voler procedere per vie legali «per accendere una luce sul modo in cui si è comportata Israele».

Il pm Francesco Lo Voi starebbe valutando anche il reato di sequestro di persona e non è escluso che vengano ascoltati in Procura i membri della Flotilla.

L’ordine dei droni

Non solo. Stando ad un servizio di Cbs news, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe approvato personalmente gli attacchi del mese scorso contro due imbarcazioni della Global Sumud Flotilla al largo della Tunisia. Lo hanno affermato all’emittente due funzionari dell’intelligence americana a conoscenza dei fatti che risalgono all’8 e al 9 settembre, quando alcuni droni e ordigni incendiari avevano provocato una decina di esplosioni sulle navi ormeggiate nei pressi del porto tunisino di Sidi Bou Said.

Uno scenario che ha immediatamente commentato la portavoce della Sumud Flotilla, Maria Elena Delia, definendola un’ulteriore svergogna su chi ci accusava di esserci autosabotati», che spera venga presa in considerazione dai pm «anche in virtù dell’esposto fatto in Procura»

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