I soccorritori continuano a scavare tra le macerie mentre il bilancio delle vittime è ancora provvisorio. La conta dei morti dopo i bombardamenti dell’aviazione israeliana su Gaza della sera del 28 ottobre è di 104 palestinesi uccisi, di cui 46 minori. I feriti, invece, sono 253. Intere abitazioni sono state rase al suolo e molti campi tendati per sfollati sono stati distrutti senza alcun preavviso.

«Ciò che sta accadendo oggi a Gaza è una vergogna per l'umanità e mette in luce la complicità della comunità internazionale attraverso il suo silenzio in queste violazioni», ha affermato il portavoce della protezione civile palestinese a Gaza Mahmoud Basal. Poi, ieri, almeno un altro raid aereo ha colpito la Striscia, questa volta al nord, a Beit Lahia, causando due vittime.

Tregua violata

Si è trattata della più grave violazione della tregua siglata a Sharm el Sheikh in Egitto. Il vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance, le ha definite «scaramucce» ancora prima di avere consapevolezza della portata dell’attacco. La situazione a Gaza «continua a essere molto brutta. Certo, è meglio rispetto ai giorni peggiori che abbiamo vissuto, ma i bombardamenti non cessano: ci sono morti e distruzione», afferma padre Gabriel Romanelli. E la popolazione ora teme una futura escalation militare.

«Hamas sta ingannando Israele, sta ingannando il presidente americano Donald Trump e sta ingannando il mondo», ha detto una portavoce del premier israeliano Benjamin Netayahu in un briefing con la stampa straniera. Cosa accadrà ora è difficile da prevedere. Se i bombardamenti proseguiranno, il piano presentato da Donald Trump sarà fallito. Anche per questo motivo i mediatori arabi principali hanno avuto una reazione cauta, non vogliono alzare i toni. Il premier del Qatar, Mohammed bin Al Thani, ha definito gli ultimi eventi come «deludenti e frustranti». La Francia ha condannato sia Hamas che la risposta israeliana. Mentre la Germania ha espresso «profonda preoccupazione».

Difficilmente Israele avrà intenzione di far arrabbiare gli Stati Uniti. Piuttosto è facile ipotizzare una situazione simile a quella del sud del Libano, piano più tollerato da Washington. Dove a un anno dall’entrata in vigore del cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele, l’Idf ha eseguito centinaia di attacchi. Lo ha fatto intendere anche il ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar. «Israele continuerà a rispettare il cessate il fuoco» ma «risponderemo anche alle violazioni di Hamas», ha scritto su X. «Le violazioni del cessate il fuoco da parte di Hamas hanno causato la morte di tre israeliani. Anche il mancato ritorno dei 13 ostaggi rimasti costituisce una grave violazione».

Nessun accenno alla risposta che ancora una volta ha causato centinaia di morti. Ma a destra aumentano le pressioni su Netanyahu. Se il premier «rinuncia all’obiettivo di smantellare Hamas, il governo non avrà il diritto di esistere», ha minacciato il ministro Itamar Ben Gvir. Intanto, nei prossimi giorni è prevista la restituzione di altri quattro corpi da parte di Hamas.

Atti di forza

«La pericolosa escalation contro il nostro popolo a Gaza rivela la chiara intenzione israeliana di indebolire l'accordo di cessate il fuoco e imporre nuove realtà con la forza, sotto la copertura della complicità americana che garantisce al governo fascista di Netanyahu una copertura politica per continuare i suoi crimini», si legge in una dichiarazione di Hamas.

Il gruppo ha anche ribadito che non ha intenzione di mantenere il controllo nella Striscia di Gaza. Concetto ribadito ieri anche dal premier qatariota. Un funzionario di Hamas, Taher al Nunu, ha detto all’agenzia al Quds che «sono stati presentati diversi nomi di personalità indipendenti ai nostri fratelli in Egitto per gestire il comitato che sarà incaricato di amministrare la Striscia di Gaza».

A denunciare le violazioni della tregua è stato anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che ha condannato «tutte le azioni che compromettono il cessate il fuoco e mettono in pericolo la vita dei civili», ha detto il suo portavoce Stephane Dujarric.

In sede Onu aumenta intanto la tensione tra la relatrice speciale per i territori palestinesi, Francesca Albanese, e il governo italiano. Nell’ultimo rapporto presentato in videocollegamento dal Sudafrica per via delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, Albanese accusa l’Italia di essere tra i 63 paesi complici del genocidio a Gaza. Netta è stata la risposta dell’ambasciatore Maurizio Massari: «Il rapporto presentato dalla relatrice speciale Francesca Albanese è totalmente privo di credibilità e imparzialità. Come Italia, non ne siamo sorpresi. Il contenuto del dossier eccede palesemente il mandato specifico del relatore speciale, che non include indagini su presunte violazioni commesse da altri stati o entità, né giudizi sulla cooperazione tra paesi terzi e la Corte penale internazionale».

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