La Casa Bianca minaccia di far saltare il summit con lo zar a Budapest. Messaggio congiunto di Kiev con i leader Ue: «I confini non si toccano»
Kiev – La Casa Bianca mette in forse l’incontro tra Donald Trump e il presidente russo, Vladimir Putin, che sarebbe dovuto avvenire la prossima settimana a Budapest, in Ungheria. Il vertice «non è previsto nell’immediato», hanno fatto sapere diverse fonti della Casa Bianca alla stampa dopo una conversazione telefonica tra i ministri degli Esteri, Marco Rubio e Sergei Lavrov.
Un segnale molto apprezzato a Kiev, da dove oggi il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha ribadito insieme agli alleati europei la sua posizione. «Sosteniamo fermamente la posizione del presidente Trump secondo cui i combattimenti dovrebbero cessare immediatamente e che l’attuale linea di contatto dovrebbe essere il punto di partenza dei negoziati», hanno scritto in una dichiarazione congiunta Zelensky, la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e i leader di Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Polonia, Spagna, Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca.
La dichiarazione, messa insieme con una serie di telefonate e consultazioni tra i vari leader dopo l’incontro tra il leader ucraino e Donald Trump alla Casa Bianca venerdì scorso, è firmata, oltre che dallo stesso Zelensky, tra gli altri, da Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Donald Tusk, Keir Starmer, Pedro Sanchez.
Da un lato, sottolineare l’unità europea e il sostegno compatto a Zelensky; ma dall’altro, e forse ancora più importante, rappresenta un tentativo di vincolare Trump alle sue ultime dichiarazioni, in cui ha ribadito che, al momento, il suo piano di pace prevede come prima cosa il congelamento dei combattimenti sull’attuale linea di contatto tra i due eserciti: da qui le esplicite parole sul «sostegno» al presidente americano nel comunicato.
Nella dichiarazione, infatti, gli europei specificano che qualsiasi concessione territoriale al momento è fuori questione e che autentiche trattative di pace potranno iniziare solo quando i combattimenti cesseranno.
No alla tregua
È la stessa posizione che gli europei portano avanti dalla primavera, sempre respinta nettamente dal Cremlino e saltuariamente appoggiata dal volubile presidente americano, che in questi mesi ha sostenuto quasi tutte le posizioni negoziali che sono state avanzate, salvo poi tornare sempre sui suoi passi.
L’altro grande tema affrontato dagli europei nella dichiarazione è quella degli asset russi congelati: «Stiamo sviluppando misure per utilizzare l'intero valore dei beni sovrani immobilizzati della Russia, in modo che l’Ucraina disponga delle risorse di cui ha bisogno. I leader si incontreranno più avanti questa settimana nel Consiglio europeo e nel formato Coalizione dei volenterosi per discutere su come portare avanti questo lavoro e per sostenere ulteriormente l’Ucraina».
Sono tutte mosse che fanno capire che nelle capitali europee si teme un ulteriore passo indietro presidenziale, soprattutto in vista del possibile incontro Trump-Putin a Budapest, che potrebbe avvenire già la prossima settimana. Si tratterebbe del secondo vertice tra i due dall’inizio dell’invasione su larga scala e di nuovo non vedrebbe la partecipazione di alcun rappresentante europeo.
Questa volta, però, i timori europei potrebbero essere mal riposti. La Casa Bianca sembra intenzionata a non abbandonare facilmente la richiesta di cessate il fuoco avanzata da Trump venerdì scorso. Il Cremlino, però, ha già respinto la proposta. Martedì 21 ottobre, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che fermare le ostilità lungo la linea del fronte farebbe «dimenticare le cause profonde di questo conflitto» e andrebbe contro gli «accordi raggiunti durante le lunghe trattative» con gli Stati Uniti.
In risposta, il dipartimento di Stato americano ha fatto sapere di aver annullato un incontro tra il segretario Marco Rubio e lo stesso Lavrov, che sarebbe servito a preparare il vertice Trump-Putin. I russi si sono affrettati a smentire che un qualsiasi incontro fosse stato cancellato, ma hanno dovuto ammettere che i colloqui tra i due ministri degli Esteri per ora proseguiranno «telefonicamente».
Zelensky ne ha aprofittato per punzecchiare il presidente americano. «Ora che la consegna a Kiev di missili Tomahawk appare assai meno probabile – ha scritto Zelensky su Telegram – Mosca ha avvertito l'allentamento della pressione e ha ricominciato a prendere tempo nel negoziato in corso con gli Usa».
Offensiva energetica
Ma Zelensky ha anche un’altra ragione per prendersela con gli americani. L’offensiva aerea russa contro le infrastrutture energetiche ucraine sta raggiungendo nuovi livelli di intensità. Martedì, un attacco aereo ha lasciato completamente al buio e senza acqua l’intera città di Chernihiv e i suoi quasi 300 mila abitanti, mentre un blackout non annunciato, causato probabilmente dall’instabilità della rete elettrica, ha colpito il centro di Kiev.
Nel tardo pomeriggio, mentre la capitale era al buio, i social media ucraini hanno salutato con entusiasmo la notizia di un insolito attacco diurno da parte di droni e missili ucraini contro la Russia, per molti un segnale che, quando Mosca colpisce, Kiev è ancora in grado di rispondere.
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