Il quarto giorno dei negoziati a Sharm el Sheikh tra Hamas e Israele è quello in cui prevale l’ottimismo. Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha detto che ci sono segnali «molto incoraggianti» e ha invitato «il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a partecipare alla firma dell’accordo di cessate il fuoco in Egitto, se verrà raggiunto».

Ad alzare il tiro è stato invece il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan. «Se si dovesse raggiungere un accordo oggi, verrà annunciato il cessate il fuoco» a Gaza, ha detto. «Le parti hanno dimostrato grande volontà per il rilascio dei prigionieri e degli ostaggi», ha aggiunto spiegando che i colloqui si stanno concentrando su quattro priorità e «finora sono stati ottenuti molti progressi». Il Qatar, invece, punta a un accordo entro venerdì.

È arrivato anche l’endorsement di Mosca. «L’obiettivo principale nelle attuali circostanze rimane la cessazione della violenza e la prevenzione di ulteriori vittime tra la popolazione civile», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova. «Sulla base di questa posizione, noi sosteniamo il piano dell'amministrazione Usa per Gaza, che include un regime di cessate il fuoco, il rilascio delle persone detenute, il ripristino su vasta scala del corridoio umanitario. È estremamente importante attuare pienamente tutte le disposizioni di questo documento», ha aggiunto. Anche Trump sta premendo e avrebbe concesso al premier Benjamin Netanyahu pochi margini di trattativa.

Dunque lo scenario, apparentemente, è positivo. A tal punto che sono arrivati finalmente in Egitto l’inviato Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e il genero di Trump, Jared Kushner a cui sono state sottoposte le richieste di Hamas. Oltre a loro, in serata è arrivata anche una delegazione della Jihad islamica palestinese, l’altra organizzazione che detiene una parte dei 47 ostaggi ancora presenti nella Striscia.

Le priorità

I nodi su cui i colloqui indiretti stanno facendo progressi sono: il rilascio dei prigionieri palestinesi, le linee di ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia, l’ingresso degli aiuti umanitari, la garanzia di una pace permanente e la nascita di uno Stato palestinese in futuro.

Hamas avrebbe accettato di consegnare le armi a un organismo egiziano-palestinese, dopo le remore iniziali. Non è chiaro se ha ottenuto anche un ridimensionamento del ruolo di Tony Blair nel Board of Peace. Intanto ha annunciato che ha scambiato «le liste dei prigionieri che devono essere rilasciati».

Secondo la Palestinian prisoner's society, attualmente Israele ha più di 11.100 palestinesi nelle sue carceri. E anche se è arrivata in Egitto la moglie di Marwan Barghouti, la sua liberazione è complicata. Secondo fonti israeliane citate dall’emittente Channel 12, Barghouti e Ahmed Saadat, rispettivamente uno dei principali leader di Fatah e il segretario generale del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, non verranno rilasciati. O almeno in questa fase delle trattative.

Non sono trapelate invece informazioni sulla ricostruzione. Evidentemente è troppo presto – in questa fase – per pensare al futuro e la priorità di questi giorni è invece quella di fermare la mattanza del governo israeliano e riportare gli ostaggi a casa. Ma l’Onu ha stimato che per ricostruire i quaranta chilometri quadrati della Striscia di Gaza serviranno almeno 52 miliardi di dollari. Quasi quanto il valore di due leggi di bilancio di un paese come l’Italia. Alla porta ci sono aziende e multinazionali pronte a fare business.

Intanto il presidente Emmanuel Macron ha chiamato a raccolta alcuni leader arabi ed europei per discutere oggi in Francia del futuro di Gaza. Una decisione criticata dal ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar. L’iniziativa francese, in un momento così «delicato» dei negoziati tra Israele e Hamas, «è superflua e dannosa, come le precedenti», ha scritto su X il capo della diplomazia di Tel Aviv.

Alla riunione ci sarà l’Alta rappresentante dell'Unione Europea, Kaja Kallas, oltre ai rappresentanti di Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Giordania, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Italia e Francia. Ma l’invitato di peso che ha confermato la sua presenza è il segretario di Stato Usa, Marco Rubio. Il governo tedesco, per il momento, guarda al futuro e si propone di ospitare una conferenza sulla ricostruzione.

Intanto a Gaza

Nella Striscia continuano a morire i civili. Altre otto persone sono state uccise dall’esercito israeliano. L’Unicef ha rilasciato numeri disastrosi «Negli ultimi due anni, ben 64mila bambini sarebbero stati uccisi o mutilati a Gaza, tra cui almeno mille neonati», ha detto l’organizzazione in una nota. «Non sappiamo quanti altri siano morti a causa di malattie prevenibili o siano sepolti sotto le macerie», aggiunge l’Unicef.

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