Con questa approvazione, sono 69 gli insediamenti autorizzati negli ultimi tre anni, secondo un comunicazione dei servizi del dicastero delle Finanze guidato dal ministro di estrema destra Smotrich. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite Ocha, nel 2025 il bilancio dei feriti negli attacchi israeliani nei territori occupati è pari a quello del totale dei due anni precedenti
Il programma espansionistico israeliano procede a ritmo spedito. Tel Aviv ha approvato la proposta di creazione di 19 nuovi insediamenti nella Cisgiordania occupata. In totale, con questa decisione, sono 69 gli insediamenti autorizzati negli ultimi tre anni.
Li ha approvati il gabinetto di sicurezza, determinando un aumento del numero di insediamenti di quasi il 50 per cento nel mandato dell’attuale governo. Come precisa il Guardian, nel 2022 gli insediamenti nei territori palestinesi occupati erano 141, mentre – fa notare Peace Now, un gruppo di attivisti israeliani che lotta contro la politica di occupazione – con l’ultimo via libera sono diventati 210.
Il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich ha detto esplicitamente che l’intento è quello di «bloccare la creazione di uno stato palestinese». E, ora, gli insediamenti – ha aggiunto – sono «a livelli record».
Le colonie sono state dichiarate illegali dalle Nazioni Unite, contrarie al diritto internazionale. Recentemente l’Onu ha lanciato di nuovo l’allarme su «un’accelerazione» dell’«attività di insediamento» israeliana. A settembre, Ramiz Alakbarov, vice coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, ha sottolineato che «gli insediamenti israeliani non hanno alcuna validità legale e costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Stanno sistematicamente riducendo il territorio dello Stato palestinese e consolidando ulteriormente l’occupazione illegale di Israele».
Le autorità israeliane, tra il 18 giugno e il 19 settembre, hanno promosso o approvato la costruzione di circa 20.810 unità abitative nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, evidenzia il rapporto Onu.
Nel nuovo piano, sottolinea Haaretz, sono inclusi anche quattro insediamenti che erano stati evacuati nel 2005. Nel marzo 2023, infatti, il governo israeliano aveva abrogato la legge di quell’anno, che sanciva il disimpegno israeliano dalla Striscia. «A vent’anni di distanza, stiamo rimediando a una dolorosa ingiustizia», ha detto Smotrich, che ha definito l’autorizzazione di nuove colonie un’iniziativa di «sionismo semplice, corretto e morale».
Quest’ultimo provvedimento è stato preso mentre gli Stati Uniti spingono per entrare nella seconda fase del piano, in una tregua in vigore da ottobre che non è reale. A Gaza City domenica gli attacchi israeliani hanno ucciso tre persone e almeno tre donne dello stesso nucleo familiare sono morte a causa del crollo di una casa che era stata danneggiata dai bombardamenti dell’Idf.
Secondo quanto riporta Haaretz, domenica le forze israeliane nella Cisgiordania settentrionale hanno aperto il fuoco contro alcuni palestinesi, ferendo diverse persone e arrestando residenti della zona di Kafr Qaddum. Sarebbe rimasto ferito anche un cittadino israeliano di 22 anni.
I dati dell’ocha
La violenza dei coloni è a un livello molto alto, secondo l’Ocha, che lo scorso 4 dicembre ha avvertito: «Il numero dei palestinesi feriti dagli attacchi dei coloni sta aumentando rapidamente». Nel 2025 il bilancio dei feriti è pari a quello del totale dei due anni precedenti. Dall’inizio dell’anno gli attacchi dei coloni israeliani documentati dall’organizzazione delle Nazioni Unite contro i palestinesi sono oltre 1.600, principalmente nella zona di Ramallah, Nablus e Hebron.
«Questi incidenti hanno causato il ferimento di oltre mille palestinesi», denuncia l’Ocha, «principalmente a causa di aggressioni fisiche, pietre o inalazione di gas lacrimogeni. Circa il 70 per cento è stato ferito dai coloni israeliani e il resto dalle forze israeliane». Queste ultime hanno continuato a condurre «operazioni su larga scala nella Cisgiordania settentrionale», continua l’agenzia, «provocando vittime, sfollamenti e interruzione dell’accesso ai servizi essenziali».
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