Il ministero della Difesa russo ha aggiornato a 89 la stima dei morti nell’attacco del 31 dicembre che ha distrutto un edificio dove erano ospitati decine di soldati russi. Si tratta del bilancio più grave in un solo attacco tra quelli ammessi dal Cremlino dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina. Diversi blogger militari russi scrivono che il bilancio è probabilmente destinato a salire ancora e attaccano il ministero per aver dato la colpa dell’attacco agli stessi soldati.

Cosa sappiamo

L’attacco è avvenuto all’alba del primo gennaio e ha preso di mira un ex scuola utilizzata come base temporanea per soldati appena mobilitati. L’edificio si trova a Makiivka una città nella regione di Donetsk occupata dai separatisti filo-russi fin dal 2014.

L’edificio è stato probabilmente colpito da un missile di fabbricazione americana Himars ed è stato quasi completamente distrutto. Secondo fonti russe, parte dei danni sarebbero stati causata dalla presenza di depositi di munizioni ed esplosivo all’interno dell’edificio o nelle sue vicinanze.

Gli ucraini hanno immediatamente celebrato il successo parlando di 400 morti e 300 feriti tra i soldati russi. Inizialmente il ministero della Difesa russo ha negato tutto, ma lunedì ha ammesso la morte di 63 molotari per poi alzare il bilancio a 89. 

Secondo il ministero, la causa dell’attacco sarebbe «l’utilizzo massiccio» di telefoni cellulari privati da parte dei soldati ospitati nell’ex scuola, un pratica vietata e che può segnalare la presenza di un alto concentramento di truppe gli ucraini.

Diversi blogger militari russi hanno criticato la ricostruzione del ministero. La lista dei dispersi «è molto più lunga» delle cifre ufficiali di decessi comunicate, ha scritto sul suo canale Telegram Semyon Pegov, uno dei più famosi blogger militari russi, noto con l’alias di Wargonzo. Secondo Pegov, che nel 2014 ha ricevuto un’onorificenza per la sua copertura del conflitto in Ucraina, il ministero della Difesa russo ha diffuso i dati soltanto dei corpi già identificati.

Pegov, inoltre, non è convinto dalla spiegazione dell’attacco fornita dal ministero. Non ci sono prove, ha scritto, che l’edificio sia stato individuato grazie al traffico dei telefoni e non tramite droni o grazie a degli informatori sul posto. La scuola, ha aggiunto, è stata colpita con un missile di precisione Himars, che gli ucraini utilizzano soltanto quando sono certi di colpire un bersaglio importante. 

Secondo Pegov ed altri, come l’ex comandante separatista Igor Girkin, la responsabilità dell’attacco sarebbe invece tutta delle alte gerarchie dell’esercito che avrebbero acquartierato centinaia di soldati in un luogo pericoloso invece che distribuirli in piccoli gruppi. Le loro fanno parte delle critiche diventate sempre più frequenti negli ultimi mesi al modo in cui il conflitto viene condotto dal ministero della Difesa.

Wagner e Bakhmut

L’ammissione del grave attacco a Makiivka non è l’unica arrivata dagli alti comandi russi in questi giorni. Sempre questa mattina, il capo della società militare semi-privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha confessato che l’offensiva contro la città ucraina di Bakhmut, che prosegue da mesi ed è costata la vita a numerosi soldati russi, non procede come sperato.

Nella città «c’è una fortezza in ogni casa», ha detto Prigozhin in un video girato al fronte insieme ad alcuni militari. «A volte ci vuole un’intera settimana ad occupare una sola casa, vero?», dice ai soldati che lo circondano. «In città ci saranno 500 linee di difesa, giusto?», aggiunge e uno dei soldati conferma che gli ucraini hanno costruito linee difensive «ogni dieci metri».

Bakhmut è una città strategica nella regione di Donetsk dove i soldati di Wagner stanno combattendo dallo scorso agosto. Con il passare dei mesi, la battaglia è diventata un simbolo per la società di Prigozhin: la zona del fronte dove sono i suoi soldati i più impegnati e l’unica area del fronte dove, in mezzo ai contrattacchi ucraini, i russi sono ancora all’offensiva.

Per molti, l’attacco contro Bakhmut ha più a che fare con l’intenzione di Prigozhin di farsi pubblicità e di mostrarsi utile al presidente Putin, piutttosto che con il raggiungimento di reali obiettivi militari. Nell’attuale situazione, infatti, anche un eventuale vittoria in città non fornirebbe ai russi grandi opportunità strategiche di proseguire l’avanzata.

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