Un «dialogo tra sordi». Così l’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, Josep Borrell, ha definito il XXIII summit Cina-Ue che si è svolto venerdì 1° aprile in videoconferenza Pechino-Bruxelles tra lo stesso Borrell, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio, Charles Michel e il presidente e il premier della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping e Li Keqiang. Al termine dell’incontro virtuale – che abbiamo analizzato in questo articolo – non è stato diramato un comunicato congiunto (qui i due resoconti ufficiali, quello cinese e quello europeo, che rivelano che le delegazioni si erano presentate all’appuntamento con agende contrapposte), né sono stati registrati passi avanti sul Comprehensive agreement on investment, congelato il 24 giugno scorso da un voto contrario del parlamento Ue.

(AP Photo/Olivier Matthys, Pool)
  • Perché è importante

L’Ue ha provato a trasformare un vertice bilaterale (che dovrebbe affrontare il complesso delle relazioni tra la Repubblica popolare cinese e l’Ue) in un’occasione per fare pressione affinché Pechino prenda le distanze dalla Russia, con la quale la Rpc ha rafforzato alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina una partnership definita “senza limiti”. La Cina ha replicato che perseguirà la pace «a modo suo». Xi ha invitato gli europei ad avere una politica “indipendente” (dagli Usa, ndr). Per Borrell, Pechino non ha voluto prendere impegni contro Mosca, ma ha fatto capire chiaramente che «ha una linea rossa: le armi distruzione di massa».

Il 5 aprile il rappresentante cinese, Zhang Jun, ha definito davanti al Consiglio di sicurezza dell’Onu «molto inquietanti» i massacri di Bucha (parte dell’albo degli orrori ucraini), aggiungendo che «qualsiasi accusa dovrebbe essere basata sui fatti e tutte le parti dovrebbero esercitare moderazione ed evitare accuse infondate fino a quando non verranno provate».

  • Il contesto

Una mediazione di Pechino (una potenza che ha ottimi rapporti e una potente leva economica sia nei confronti della Russia che dell’Ucraina) resta improbabile, perché in questo momento la Cina è alle prese con due emergenze interne (la frenata dell’economia e la ripresa del Covid) e, soprattutto, perché la crisi ucraina sta peggiorando i rapporti tra Pechino e Washington. Al Consiglio di sicurezza dell’Onu Zhang ha spiegato così la posizione della Cina, che si è posta alla testa di un folto e popolosissimo gruppo di paesi del sud del mondo “neutrali”: «Il vasto numero di paesi in via di sviluppo non è parte del conflitto e non dovrebbe essere coinvolto nel conflitto, né tantomeno essere costretto a sopportare le conseguenze dei conflitti geopolitici e dei grandi giochi di potere».

«L’ultimo pacchetto di sanzioni un messaggio a Xi Jinping»

Secondo il sottosegretario di stato Usa, il nuovo pacchetto di sanzioni internazionali contro la Russia annunciato il 6 aprile «fa capire bene al presidente Xi Jinping cosa potrebbe succedere alla Cina se sostenesse materialmente Putin». L’avvertimento pronunciato da Wendy Sherman davanti alla Commissione affari esteri della Camera dei rappresentanti segnala la determinazione di Washington a considerare Pechino “corresponsabile” dell’invasione dell’Ucraina qualora venissero confermate le indiscrezioni d’intelligence riportate da grandi quotidiani anglosassoni secondo le quali Pechino «starebbe considerando di aiutare Mosca, anche militarmente» rispetto alle quali però, finora, non è emersa alcuna conferma fattuale.

  • Perché è importante

Anche fonti cinesi confermano che per gli americani la linea rossa è rappresentata da qualsiasi tipo di fornitura militare.

Tra le sanzioni contro la Russia varate dopo l’invasione dell’Ucraina, vi sono il divieto di fornitura di microchip, e (oltre all’esclusione dal sistema di transazioni Swift) l’esclusione dai circuiti di pagamento Visa e Mastercard al di fuori della Russia, al quale si è associato anche Apple Pay. Le compagnie cinesi però potrebbero venire in soccorso del sistema bancario russo, permettendogli di aggirare parzialmente queste proibizioni, in maniera molto semplice.

  • Il contesto

Oleg Tishakov, consigliere del National card payment system (Nspk), ha annunciato di aver già trovato un paio di fornitori cinesi di microchip ad hoc, mentre per quanto riguarda gli oltre 2 milioni di nuove carte di credito abilitate per i pagamenti all’estero, i circuiti bancari russi le stanno già rilasciando associate al sistema di pagamenti cinese UnionPay, che non ha una diffusione capillare come i concorrenti americani, ma è comunque presente in tutto il mondo. Il governo cinese si è dichiarato fin dall’invasione dell’Ucraina contrario a sanzioni che – hanno ripetuto i suoi rappresentanti alle Nazioni unite – rischiano di danneggiare l’economia nazionale e quella globale.

YUAN, di Lorenzo Riccardi

Shanghai e le politiche di sostegno contro l’epidemia

Il governo municipale di Shanghai ha deciso di implementare un lockdown cittadino che ha allargato a tutta la città le misure di contenimento delle infezioni da Covid-19 già in essere da inizio marzo in molti quartieri. Oggi, 7 aprile, nella più popolosa delle metropoli cinesi sono stati registrati 19.982 nuovi casi (la maggior parte dei quali di variante Omicron), dei quali 322 sintomatici.

La strategia governativa per fronteggiare il virus impatta sul cuore economico del paese, sulla logistica e gli scambi con l’intera area dello Yangtze River Delta Economic Belt che include le province più avanzate del paese tra cui Jiangsu, Zheijiang, e Anhui oltre alla municipalità di Shanghai.

Durante i lockdown in Europa ogni paese ha inserito sussidi e incentivi in grande scala per sostenere l’economia; in Cina il paese ha chiuso le proprie frontiere ed erogato incentivi in misura minore e in prevalenza per le regioni più colpite, in particolare Wuhan e la provincia dell’Hubei, primo epicentro a inizio 2020.

Per l’attuale mega-lockdown di Shanghai le autorità locali hanno varato una serie di politiche volte a fornire sostegno e sussidi alle imprese e agli individui più colpiti dall’emergenza sanitaria.

Le politiche e le misure sono suddivise in sei aree chiave:

  • sussidi al personale e alle imprese direttamente coinvolte nella lotta all’epidemia e nell’attuazione delle misure di prevenzione e controllo;
  • riduzione degli oneri fiscali sostenuti dalle imprese attraverso l’attuazione di sgravi e rimborsi delle imposte indirette;
  • riduzione e differimento delle imposte e riduzione o esenzione degli affitti da aziende di stato;
  • sostegno finanziario alle imprese colpite dall’epidemia con riduzione dei costi di finanziamento;
  • supporto alle imprese con tagli ai contributi previdenziali per mantenere personale ed evitare licenziamenti;
  • sostegno ai settori più colpiti: ristorazione, vendita al dettaglio, turismo, trasporti e fiere.

Shanghai è il simbolo dello sviluppo economico del paese e il governo deve calcolare impatto e incentivi per mantenere la crescita del Pil della Cina che il Fondo monetario internazionale ha previsto pari a 4,8 per cento nel suo outlook di gennaio 2022, a fronte della previsione del premier cinese «intorno al 5,5 per cento». Bloomberg nel contempo ha stimato che il Pil cinese potrebbe ridursi all’1,6 per cento nel caso di un lockdown nazionale prolungato, al 3 per cento nel caso in cui il virus fosse fuori controllo e al 5 per cento nel caso in cui la Cina applicasse solo lockdown parziali o cercasse di convivere con la pandemia.

Crollo dell’indice Pmi: male servizi e turismo, in affanno la manifattura

Nell’attesa dei dati relativi al primo trimestre, i segnali che arrivano dall’economia cinese sono tutt’altro che incoraggianti. Il purchasing managers’ index di Caixin relativo al settore dei servizi il mese è sceso nel mese di marzo a 42 (da 50,2 di febbraio), la diminuzione più brusca da quella registrata nel febbraio 2020, quando si iniziarono a far sentire gli effetti delle chiusure a Wuhan e nella provincia dello Hubei. Le rilevazioni di Caixin, che si concentrano sulle piccole imprese delle regioni costiere, sono in linea con quelle emerse da un’indagine ufficiale, che ha mostrato lo stesso pesante affanno del settore dei servizi, che nel 2021 ha costituito il 53,3 per cento del prodotto interno lordo.

(AP Photo/Chen Si)
  • Perché è importante

Le chiusure (pesantissime quelle di Shanghai) stanno facendo crollare la domanda interna, con pesanti ripercussioni anche sulla manifattura. L’indice composite purchasing managers’ index di Caixin – che include sia la manifattura sia i servizi – a marzo è sceso a 43,9 (da 50,1 del mese precedente).

Anche il turismo durante l’importante festività del ching ming è stato pesantemente colpito da quest’ultima ondata di diffusione di variante Omicron. I viaggi durante la “festa della pulizia delle tombe”, iniziato domenica 3 aprile, sono stati il 68 per cento del livello pre-pandemia del 2019, secondo i dati del ministero della Cultura e del Turismo.

  • Il contesto

Mentre sempre più economisti cinesi sollevano perplessità per gli ingenti danni che le chiusure a oltranza stanno producendo sull’economia cinese, il governo centrale tira dritto, avendo stabilito che le ripercussioni economiche derivanti dalle chiusure sono minori di quelle che potrebbe causare una diffusione generalizzata del virus in un paese dove i vaccini sono meno efficaci di quelli occidentali, un’ampia porzione di anziani non è vaccinata e il sistema sanitario non è a livello di quello dei paesi avanzati.

Consigli di lettura della settimana:

Per questa settimana è tutto. Per osservazioni, critiche e suggerimenti potete scrivermi a: exdir@cscc.it

Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani, e vi dà appuntamento a giovedì prossimo.

A presto!

Michelangelo Cocco @classcharacters

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