Un rapporto riservato dell’intelligence israeliana dice che un quinto degli ostaggi nelle mani di Hamas nella Striscia di Gaza è morto. Lo ha scritto il New York Times, secondo cui almeno 32 dei 136 ostaggi rimanenti sono stati uccisi e le famiglie sono state informate. I documenti consultati dal quotidiano americano spiegano che altri 20 ostaggi potrebbero essere morti, ma su questi l’intelligence ha un grado di certezza inferiore. Se confermato, il numero degli ostaggi morti sarebbe nettamente superiore a quello ufficialmente riconosciuto da Israele. Uno scenario di questo tipo complica le trattative per una tregua che il segretario di Stato, Antony Blinken, sta conducendo fra i leader della regione.

Intanto in Qatar l’emiro al Thani ha detto in conferenza stampa accanto a Blinken di avere ricevuto una «risposta positiva» da Hamas alla bozza di accordo sugli ostaggi con Israele. Al Thani non ha fornito dettagli, ma ha aggiunto che è «ottimista» e che la bozza di accordo è stata consegnata a Israele.

Al Cairo

Dopo la tappa a Riad, Blinken ha incontrato il presidente egiziano al Sisi. La missione proseguirà in Qatar e Israele. Anche il neo presidente argentino, Javier Milei, è giunto a Tel Aviv. Il Washington Post ha lanciato l’allarme di una escalation nel Sinai: «Il segretario di Stato Antony Blinken arriva in Egitto dopo essere stato a Riad mentre gli abitanti di Gaza temono i piani di attacco di Israele a Rafah, affollata città di confine con l’Egitto per la presenza di profughi fuggiti dalle altre zone della Striscia». La pressione dell’opinione pubblica internazionale perché si arrivi a un cessate il fuoco permanente è sempre maggiore e Gideon Levy, sul quotidiano israeliano Hareetz, ha scritto: «11.500 bambini sono stati uccisi a Gaza. Un orrore di questa portata non ha giustificazione».

Ma i bombardamenti hanno preso di mira anche la città di Rafah, nell’estremo sud del territorio, dove, secondo l’Onu, su una popolazione totale di 2,4 milioni di abitanti, sono ammassate in condizioni disperate oltre 1,3 milioni di persone fuggite dai combattimenti. In questo quadro Yav Limor sul quotidiano israeliano Israel Hayom ha scritto che, secondo una fonte riservata, il messaggio di alcuni alti funzionari egiziani a Israele è che «se anche un solo rifugiato palestinese dovesse passare il confine, l’accordo di pace tra i due paesi sarà annullato». Al Sisi non vuole assolutamente far entrare nel Sinai i profughi palestinesi perché metterebbe a rischio la già precaria situazione economica e sociale del paese arabo, e ha avvertito, informalmente, Tel Aviv che questa ipotesi, se perseguita da Israele, porterebbe alla fine di quel trattato firmato nel 1979 a Washington, a seguito degli accordi di Camp David del 1978 tra Anwar al Sadat e Menachem Begin sotto gli auspici del presidente Jimmy Carter. L’Egitto fu il primo paese arabo a firmare un accordo di pace e a riconoscere Israele, e ora minaccia Tel Aviv che potrebbe essere il primo a tornare sui suoi passi.

Rafah nel mirino

L’esercito israeliano sta spingendo la popolazione a sfollare sempre più a sud verso il confine egiziano e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha già minacciato di invadere Rafah usando come scusa la presenza dei miliziani di Hamas che userebbero i civili come scudi umani. Ma i palestinesi credono che l’obiettivo ultimo sia distruggere anche Rafah perché è l’unico luogo dove l’occupazione israeliana non è ancora arrivata. Intanto migliaia di civili continuano ad arrivare ogni giorno in questa città sovraffollata, situata di fronte alla frontiera chiusa con l’Egitto. Secondo le Nazioni unite, gli sfollati ora hanno solo da 1,5 a 2 litri di acqua al giorno ciascuno per bere, cucinare e lavarsi, e i casi di diarrea cronica tra i bambini sono alle stelle.

Alcuni analisti si chiedono se negoziare con i paesi arabi moderati come sta facendo il capo della diplomazia americana Blinken da mesi sia ancora utile. Altri sostengono che Washington dovrebbe mettere il governo Netanyahu alle corde usando le leve finanziarie e della fornitura di armi. Biden dovrebbe avere la forza di imporre sanzioni sino a quando Israele non si ritiri del tutto dalla Striscia e garantisca una pace permanente mettendo in archivio l’obiettivo di svuotare Gaza dai palestinesi. In caso contrario Biden potrebbe perdere il voto degli arabo-americani in stati chiave come il Michigan e altrove alle prossime elezioni di novembre.

I sondaggi di Biden

Gli ultimi sondaggi della Nbc News danno Trump al 47 per cento dei consensi e Biden al 42 per cento. Inoltre l’indice di gradimento di Biden è sceso al livello più basso della sua presidenza, mentre meno di 3 elettori su 10 approvano la sua gestione della guerra tra Israele e Hamas. Anche il sito The Hill ha raccontato l’ennesima gaffe di Biden che ha confuso la Germania con la Francia: «Domenica scorsa il presidente americano avrebbe confuso il presidente francese Emmanuel Macron con François Mitterrand, l’ex presidente della Francia morto nel 1996. Il lapsus è avvenuto durante un evento elettorale a Las Vegas, in cui Biden ha raccontato una riunione del G7 a cui aveva partecipato dopo essere stato eletto nel 2020». La Casa Bianca ha poi pubblicato le osservazioni del presidente, che avevano il nome Mitterrand cancellato e sostituito con Macron.

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