Come riferito dal portavoce della Casa bianca per la sicurezza nazionale, John Kirby, l’intelligence statunitense ha accertato la fornitura di armi alla Russia da parte della Corea del nord. Sul fronte opposto, il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, si è detto molto soddisfatto dei risultati del summit Nato di Ramstein, ma Kiev chiede agli alleati di «pensare velocemente» a come incrementare gli aiuti.

Le armi coreane

Già a dicembre gli Stati Uniti avevano detto di essere a conoscenza dei trasferimenti di munizioni esplosive provenienti dalla Corea del nord indirizzati alle forze russe. Le nuove dichiarazioni si riferiscono ad un’immagine satellitare del 18 novembre 2022. 

Lo scatto ritrarrebbe un treno proveniente dalla penisola coreana e diretto verso l’entroterra russo carico di razzi e missili destinati al gruppo Wagner, l’organizzazione militare privata guidata da Yevgeny Prigozhin. Quest’ultimo aveva in precedenza negato di ricevere armi dal regime di Pyongyang, eppure il confine segnato dal fiume Tumen e attraversato dal Ponte dell’amicizia sembra permeabile al passaggio di materiale bellico da usare contro le forze ucraine.

Sanzioni mirate

Lo stesso Kirby ha annunciato nuove sanzioni contro la compagine mercenaria di Prigozhin che verrà dichiarata «un’organizzazione criminale transnazionale» dal Dipartimento del Tesoro nel corso della prossima settimana. Con questo provvedimento sarà possibile implementare nuove misure restrittive nei confronti del gruppo Wagner, accusato di diversi crimini di guerra. 

Proprio Prigozhin ha risposto con una lettera in cui chiede a Kirby di «chiarire quali crimini siano stati commessi dalla società militare privata Wagner».

Le sanzioni previste prevedono misure di congelamento dei beni connessi agli affiliati e alle compagnie satelliti del gruppo e un divieto di fornitura di fondi, beni e servizi da parte di persone fisiche e giuridiche statunitensi. Questo tipo di approccio è tipicamente utilizzato anche dalle Nazioni unite per colpire organizzazioni terroristiche e criminali attive su scala globale in modo da limitarne le capacità di finanziamento e la disinvoltura nell’utilizzo delle risorse. Diventano, dunque, fondamentali per il Tesoro le capacità di tracciamento e identificazione dei flussi di risorse da e verso la leadership del gruppo.

«Riluttanza legittima»

Nel corso della conferenza, Kirby ha confermato l’invio di un pacchetto di aiuti bellici pari a 2,5 miliardi di dollari, arrivando così a toccare i 26,7 miliardi dall’inizio della guerra, approssimativamente la spesa militare annuale di paesi come Italia e Australia. Tra il materiale inviato, diversi sistemi antiaerei e antimissile e decine di corazzati per fanteria, ma non i carri armati M1 Abrams, il cui invio era stato posto  dalla Germania come condizione per l’invio dei propri Leopard 2.

Sul punto le opinioni sono divergenti: da un lato, Volodymyr Zelensky spinge affinché le sue truppe ricevano al più presto i mezzi corazzati pesanti così da iniziare l’addestramento; dall’altro, una voce illustre nell’intellighenzia militare americana, il generale David Petraeus, ritiene «legittima» la «riluttanza» della Casa bianca a inviare i propri carri per questioni meramente tecniche, legate alla manutenzione e al consumo di carburante degli Abrams. 

Gli altri alleati

Il post-Ramstein vede anche altri paesi pronti a trasferire nuove armi ai difensori ucraini. Dal Regno Unito, per esempio, arriveranno presto 600 missili aria-superficie e superficie-superficie in attesa dei carri Challenger 2. Anche l’Europa orientale si mobilita: da Polonia, Estonia e Lettonia, paesi tra i più convinti della necessità di battere militarmente Mosca, arriveranno elicotteri, armi antiaeree e droni. Da monitorare anche quanto verrà deciso dai Paesi Bassi, il cui governo ha ventilato la possibilità di inviare caccia F-16 a Kiev. Si tratterebbe di una mossa senza precedenti dal momento che l’Ucraina non ha ancora ricevuto caccia occidentali e questo tipo di aerei ha un uso puramente offensivo, specie in questo frangente del conflitto. 

Il ministro degli esteri italiano, Antonio Tajani, tratta con l’omologo ucraino, Dmytro Kuleba, sugli armamenti che Roma presto fornirà e si dichiara a favore dell’istituzione di un tribunale speciale per i crimini di guerra commessi in Ucraina. 

Infine, dalla Germania aiuti per €1 miliardo: niente Leopard 2, ma diversi sistemi antimissile, ritenuti da Berlino gli strumenti adatti per contrastare l’offensiva russa. 

Un fronte dinamico

Il summit di Ramstein sembra aver rinforzato, al netto dei controversi carri armati, il fronte degli alleati occidentali: la risposta corale positiva alle richieste di nuovi aiuti indica una volontà comune di continuare a sostenere lo sforzo difensivo ucraino in attesa di tempi più propizi per una controffensiva volta a riconquistare le porzioni di territorio ancora in mano all’invasore russo.

Il segretario della difesa Lloyd Austin ha, infatti, chiesto a Kiev di aspettare la primavera prima di contrattaccare, una mossa motivata dalla necessità di creare consenso attorno ai mezzi necessari a questo tipo di manovre e dal tempo richiesto alle truppe ucraine per interfacciarsi con i nuovi armamenti. 

Sul campo, intanto, si combatte ancora attorno a Bakhmut dove tengono le fortificazioni ucraine mentre i russi, tra cui buona parte del gruppo Wagner, cercano di aggirare le difese conquistando le località vicine al centro urbano. I russi riferiscono anche di una nuova offensiva appena lanciata sulla regione di Zaporizhzhia, teatro di aspri scontri soprattutto all’inizio della guerra. Difficile stabilire se, in attesa di sviluppi primaverili, si possa parlare di stallo. 

Il rischio di escalation rimane, ma sembra relativamente contenuto nel breve termine. A Mosca, nel frattempo, sistemi anti-missile ben visibili vengono montati sul palazzo del ministero della Difesa per condurre esercitazioni difensive in caso di atttacco alla capitale.

La posizione fin troppo esposta esposta delle contromisure denota il bisogno del regime di mobilitare e coinvolgere nello sforzo bellico la propria popolazione attraverso la creazione di un perenne stato d’inquietudine.

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