Vertice in basilica tra i due leader. Gli Usa: «È stato molto produttivo». Il presidente americano: «Putin mi sta prendendo in giro?». Lo zar: «Pronto a negoziare senza precondizioni»
Nella «grande casa» della basilica di San Pietro «tutti devono sentirsi accolti». Era il novembre del 2024 quando Papa Francesco pronunciava queste parole. E nel giorno del suo funerale, la basilica petrina ha accolto oltre alle decine di capi di Stato anche un bilaterale diplomatico, breve ma già storico. Protagonisti i presidenti Volodymyr Zelensky e Donald Trump.
Quasi a bassa voce, per evitare di far rimbalzare l’eco in tutta la basilica, i due hanno discusso del futuro in Ucraina, di un cessate il fuoco «incondizionato», di pace. Per la conferma del disgelo tra Kiev e Washington, è bastato aspettare poche ore, quando Trump - a sorpresa - ha attaccato verbalmente la Russia.
Summit in Vaticano
Le immagini sono state potentissime. Due sedie, una davanti l’altra a pochi centimetri di distanza, i due leader chinati a parlare tra i marmi di San Pietro, nessuna delegazione attorno. Quasi come una confessione. Un faccia a faccia durato un quarto d’ora e definito costruttivo sia dalla Casa Bianca sia da Kiev. «Un incontro molto simbolico che ha il potenziale per diventare storico», ha commentato lo stesso presidente ucraino.
Tra le navate di San Pietro si è cercato di cancellare lo scontro nello Studio Ovale tra Trump e Zelensky di febbraio, ultimo incontro tra i due.
Prima di sedersi, hanno chiacchierato anche con il francese Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Stamer. Lo scatto dei quattro leader è stato emblematico, come se l’Occidente si fosse riunito sotto il Cupolone, nonostante le attuali divisioni tra Washington e i cosiddetti “volenterosi”. Lo scambio tra i quattro è stato «positivo», secondo fonti dell’Eliseo, mentre da Palazzo Chigi – vista l’assenza di Giorgia Meloni – si sono affrettati a sottolineare come non sia stato un vero vertice.
Poi Trump e Zelensky sono rimasti soli. «Speriamo in risultati concreti su tutto ciò che abbiamo trattato. Proteggere la vita del nostro popolo. Un cessate il fuoco completo e incondizionato. Una pace affidabile e duratura che impedisca lo scoppio di un’altra guerra», ha commentato il presidente ucraino, snocciolando gli obiettivi del suo paese.
Durante il vertice a quattr’occhi, Zelensky potrebbe aver accennato alla controproposta studiata da Kiev in risposta al piano Usa, giudicato troppo sbilanciato a favore di Mosca. Kiev sarebbe pronta a fare concessioni, a discutere questioni che fino a oggi erano considerate non negoziabili. A condizione che prima arrivino un cessate il fuoco e le garanzie per la sicurezza dell’Ucraina.
Alla luce del sole
Dopo il faccia a faccia al fresco della basilica, Trump e Zelensky sono usciti fuori, sul sagrato. Un applauso improvviso si è alzato dalla folla quando sui maxischermi è comparso il presidente ucraino.
Lì, in piazza San Pietro, distanziati di qualche metro ma entrambi in prima fila, hanno seguito la cerimonia. Quando poi la salma del papa ha iniziato l’ultimo viaggio verso la basilica di Santa Maria Maggiore, sono scattati altri incontri.
Trump ha salutato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, con cui ha concordato di rivedersi nelle prossime settimane per parlare soprattutto dei dazi. Uscendo da San Pietro, ha incontrato Meloni, giusto il tempo di una foto per poi risalire in macchina in direzione aeroporto.
Nel pomeriggio, invece, sono avvenuti i veri vertici. Zelensky ha discusso privatamente della pace in alcuni bilaterali tenuti tra la Santa Sede e Roma.
Prima con Macron: «L’Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato. Ora tocca al presidente Putin dimostrare che desidera davvero la pace», ha rimarcato il francese. Poi con Starmer, con cui ha discusso dei negoziati e della tregua da imporre in aria, in mare e sulla terra. Dopodiché è stato il turno della premier italiana Meloni e infine di von der Leyen, che ha ribadito il sostegno europeo a Kiev.
Nel frattempo, Zelensky deve aver avuto la certezza di essersi giocato bene le famose carte quando a metà pomeriggio, direttamente dall’Air Force One, Trump ha pubblicato sul suo social Truth un duro messaggio nei confronti del Cremlino.
«Putin non aveva motivo di sparare missili in aree civili e città negli ultimi giorni. Mi fa pensare – ha proseguito il presidente statunitense – che forse non vuole fermare la guerra, che mi sta prendendo in giro e che deve essere trattato in modo diverso, attraverso sanzioni bancarie o secondarie?».
Era stato lo stesso Trump, di recente, a negare il fatto che il presidente russo potesse prenderlo in giro sulle trattative. Ora, dopo gli attacchi russi su Sumy e su Kiev, e dopo il colloquio con Zelensky, sembra che qualche dubbio gli sia venuto. Per questo ha alzato la voce, minacciando nuove sanzioni nei confronti di Mosca.
Un cambio di approccio, sulla scia dell’indiscrezione giunta dal Regno Unito a poche ore dai funerali in Vaticano e dagli intrecci diplomatici di Roma, che riguarda il via libera degli Usa a fornire intelligence e supporto logistico alla coalizione dei Volenterosi in caso di un dispiegamento di truppe alleate in Ucraina. Di fatto, quel cruciale backstop americano su cui tanto si è discusso in questi mesi.
Se sarà una vera svolta nella postura della Casa Bianca e non una temporanea linea assunta da Trump lo si capirà solo nelle prossime settimane. Ad ogni modo, quasi in contemporanea con il post del presidente americano, la Tass ha rilanciato l’apertura del Cremlino a «riprendere i colloqui con Kiev senza precondizioni». Un messaggio rivolto da Putin all’inviato di Trump Steve Witkoff nell’incontro avuto venerdì.
L’altro annuncio proveniente dalla Russia, cioè la completa liberazione del Kursk, smentita da Kiev, dalle parti di Roma non sembra neanche arrivare. Ucraina, Europa e Stati Uniti erano troppo impegnati a piangere un papa, a riallacciare i rapporti e a parlare di quella pace tanto cara a Francesco.
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