In attesa di una nuova sospensione o un altro ripensamento più o meno strategico, oggi è il giorno di un altro giro di dazi. Gli incrementi tariffari voluti da Donald Trump colpiscono acciaio, alluminio, componenti automobilistici, batterie, semiconduttori, prodotti farmaceutici e altri beni.

Gli aumenti vanno dal 10 per cento al 25 per cento – le importazioni di acciaio e alluminio saranno tassate complessivamente al 50 per cento Trump giustifica le misure come necessarie per proteggere l’industria americana, ridurre la dipendenza estera in settori strategici e combattere pratiche commerciali sleali. Il presidente intensifica così la pressione tariffaria facendo leva sui dazi che non sono stati messi in discussione dalla recente decisione della Corte suprema, che poi è stata temporaneamente congelata da una corte d’appello.

La Cina è naturalmente il bersaglio principale di questa nuova stretta protezionista. Da giorni diversi funzionari della Casa Bianca dicono che Trump e Xi parleranno al telefono questa settimana, dopo lo scambio di accuse a distanza. Il presidente Usa ha accusato Pechino di manipolazione valutaria, dumping industriale e di non fare abbastanza per fermare l’esportazione di sostanze come il fentanyl.

Il rappresentante del Commercio cinese ha risposto che Washington ha «violato severamente» la tregue commerciale negoziata al tavolo di Ginevra e ha minacciato nuove ritorsioni, nella forma di contro-dazi su beni di consumo e minacce di limitare l’export di materiali rari, cruciali per l’industria tecnologica americana. Il governo cinese ha avvertito che «non negozierà sotto minaccia». In attesa della telefonata che potrebbe «appianare» le differenze fra i competitor.

Il portavoce per il Commercio estero della Commissione europea, Olof Gill, ha definito «molto costruttivo» il primo giorno di riunioni a Washington tra i team tecnici di Bruxelles e quelli dell’Amministrazione Usa sulla questione dei dazi.

Un piccolo passo in direzione distensiva dopo che l’Europa ha minacciato misure di ritorsione coordinate e dopo che Trump ha fissato la scadenza per ricevere «offerte migliorative» da parte dei paesi colpiti: un ultimatum più che una apertura diplomatica, confermata anche ufficialmente dalla Casa Bianca. Al momento, solo il Regno Unito sembra vicino a un accordo di esenzione.

Il governo canadese intanto ha definito i dazi «un attacco diretto all’integrazione nordamericana», mentre il Messico ha promesso «risposte proporzionate e multilaterali».

Impatto economico

Gli analisti avvertono che i nuovi dazi potrebbero innescare un aumento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti e un rallentamento dell’attività industriale globale. L’analisi dell’Ocse dice che la crescita economica mondiale potrebbe ulteriormente rallentare di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni, che erano al 3,1 per cento.

Una crescita «modesta» del 2,9 per cento sarebbe il risultato diretto di un «significativo» aumento delle barriere commerciali, scrivono gli economisti dell’Ocse, che mettono in guardia: «Le prospettive di un’economia indebolita saranno sentite ovunque nel mondo, senza quasi eccezioni».

L’industria manifatturiera Usa, già sotto pressione, teme ripercussioni a breve termine sulle catene di approvvigionamento. Ma il presidente americano è di tutt’altro avviso: «Grazie ai dazi, la nostra economia sta avendo un boom», ha scritto sulla piattaforma Truth, in uno degli oltre duemila messaggi scritti nei primi quattro mesi della presidenza.

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