Dopo ore di attesa e il beneplacito del premier Benjamin Netanyahu, la Casa Bianca ha presentato il piano di pace dell’amministrazione Trump per Gaza. Ostaggi liberi entro 72 ore in cambio del rilascio di 250 prigionieri palestinesi. Nessun ruolo di Hamas nella governance della Striscia, grazia per i suoi membri, e completo disarmo del gruppo. La governance sarà affidata a un’amministrazione transitoria di un comitato palestinese tecnocratico e apolitico. Nessuna annessione israeliana di Gaza e ritiro dell’Idf.

Questi sono i punti salienti dell’accordo che saranno supervisionati da un nuovo organismo transitorio internazionale chiamato il "Board of Peace", che sarà presieduto da Trump insieme ad altri capi di stato e l’ex premier britannico Tony Blair. Il dettagliato piano prevede anche che nessun palestinese sarà costretto a lasciare la Striscia.

L’accordo, ha detto Trump, è stato il frutto di un lavoro collettivo sia con i paesi arabi sia con Bruxelles. «L’Europa è stata molto coinvolta», ha detto in conferenza stampa. Ora la palla passa ad Hamas. «Se non accettasse, Netanyahu è libero di agire e ha il nostro pieno sostegno», ha aggiunto lanciando una pesante minaccia al gruppo palestinese.

Un’ora dopo l’annuncio del piano, Hamas ha tramite il suo funzionario Taher al Nunu ha fatto sapere che «Tony Blair è una figura inaccettabile per il nostro popolo. Abbiamo accettato la formazione di un comitato che non rappresenti alcuna fazione palestinese per gestire gli affari di Gaza dopo la guerra, e non accetteremo l'imposizione di una tutela straniera». «Il nostro popolo – ha aggiunto – è perfettamente capace di gestire i propri affari da solo».

Per Trump il suo piano è molto più di un semplice accordo di tregua a Gaza: è la «pace eterna in Medio Oriente», che passa anche per il riconoscimento di un futuro stato palestinese, previsto anche questo in una fase futura del piano. Anche se Netanyahu si dimostra ancora contrario, come confermato da Trump in conferenza stampa.

«Si tratta di un accordo storico che consentirà al nostro popolo di guarire, porre fine alla guerra e tracciare un nuovo futuro per il Medio Oriente», hanno commentato i familiari degli ostaggi. «Il mondo deve esercitare la massima pressione per garantire che Hamas si impegni a cogliere questa storica opportunità di pace».

Il piano di Trump ha suscitato numerose reazioni internazionali, tra queste anche quella della premier Giorgia Meloni. «Il piano, che l’Italia accoglie con favore, presenta un ambizioso progetto di stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo della Striscia di Gaza, con il pieno coinvolgimento dei partner regionali», si legge in una nota di Palazzo Chigi. «In questo quadro, l’Italia è pronta a fare la sua parte, in stretto coordinamento con gli Stati Uniti, i partner europei e della Regione, e ringrazia il presidente Trump per il lavoro di mediazione e i suoi sforzi per portare la pace in Medio Oriente. L’Italia – prosegue – esorta quindi tutte le parti a cogliere questa opportunità e ad accettare il piano».

Le parole di Netanyahu

Il premier israeliano ha ringraziato Donald Trump e ha fatto sapere di aver accettato il piano di venti punti. L’accordo, ha detto Netanyahu, «soddisfa i nostri obiettivi di guerra. Restituirà tutti i nostri ostaggi a Israele, smantellerà le capacità militari e il dominio politico di Hamas e assicurerà che Gaza non rappresenti mai più una minaccia per Israele».

Il «piano è compatibile con il piano del governo israeliano: tutti gli ostaggi, vivi e morti, torneranno a casa immediatamente, Hamas sarà disarmata, Israele manterrà la gestione della sicurezza, Gaza avrà un'amministrazione civile che non sarà gestita né da Hamas né dall'Autorità nazionale palestinese», ha aggiunto. Durante questa prima fase, ci sarà un ritiro parziale dell'esercito israeliano da Gaza e «se questo organismo funzionerà, Israele proseguirà il ritiro e rimarrà nel perimetro di Gaza», ha aggiunto. «Credo che oggi stiamo facendo un passo fondamentale sia per porre fine alla guerra a Gaza sia per gettare le basi per un significativo progresso della pace in Medio Oriente». Infine, Netanyahu ha anche parlato di futuri accordi con i vicini arabi. «Con la sua leadership (di Trump ndr.) possiamo ridare energia agli Accordi di Abramo e li possiamo estendere a molti altri Paesi arabi e musulmani che scelgono la moderazione e non l'estremismo».

La visita

La quarta visita di Netanyahu alla Casa Bianca da inizio anno è iniziata con vigorose strette di mano, pochi sorrisi e fotografie con pollici in su. Lunedì era l’ultimo giorno utile per raggiungere una mediazione con Tel Aviv da presentare poi ad Hamas.

L’incontro aveva un duplice obiettivo: da una parte stendere un accordo realistico con Israele alla vigilia dell’anniversario del 7 ottobre 2023; dall’altra riconciliare Qatar e Israele dopo l’attacco dell’Idf su Doha dello scorso 9 settembre.

«Sono molto fiducioso di raggiungere un accordo, ci sarà presto la pace», aveva detto Trump ai giornalisti mentre accoglieva il suo alleato. Concetto ribadito anche nella conferenza stampa. Trump, Netanyahu e il ministro per gli Affari strategici, Ron Dermer, hanno modificato insieme il piano originale che era stato discusso anche con i leader arabi a margine dell’Assemblea generale Onu di settimana scorsa. Così si spiega il ritardo di oltre un’ora per la conferenza stampa prevista dei due leader che non hanno risposto alle domande dei giornalisti presenti in sala.

Il vertice è avvenuto in un momento delicato per il premier israeliano, sempre più isolato a livello internazionale come dimostrato anche dall’ultima Assemblea generale dell’Onu incentrata sul riconoscimento dello stato palestinese.

Resta da capire cosa sceglierà di fare Hamas che ha fatto sapere di non essere stato consultato nelle trattative degli ultimi giorni. «Finora non ci sono state discussioni dirette o indirette sul piano promosso da Donald Trump, di cui Hamas è a conoscenza solo grazie a indiscrezioni trapelate dai media», aveva detto nel pomeriggio al-Nunu. «Hamas è disposta a liberare gli ostaggi nell'ambito di un accordo globale che porti alla fine della guerra e al ritiro di Israele dalla Striscia», ha aggiunto.

Riconciliazione con il Qatar

Nelle ultime ore Trump ha preparato anche il terreno per una riconciliazione diplomatica tra Qatar e Israele dopo l’attacco dell’Idf su Doha contro Hamas dello scorso 9 settembre. Prima ha avuto un colloquio telefonico con l'emiro Tamim bin Hamad Al Thani, poi lo ha richiamato alla presenza di Netanyahu che si è scusato per aver violato la sovranità qatariota.

Scuse che servono affinché Doha continui a fare pressioni su Hamas per raggiungere un accordo, ma che sono state subito criticate dal ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Su X ha definito l’attacco «importante, giusto ed etico» e poi ha aggiunto: «È ora di dire al mondo la verità: il Qatar è uno Stato che sostiene il terrorismo, lo finanzia e lo istiga».

Secondo quanto fatto sapere dalla Casa Bianca, durante la chiamata i tre leader hanno discusso di una proposta per arrivare alla pace a Gaza, delle prospettive per un Medio Oriente più sicuro e della «necessità di maggiore comprensione tra i due paesi». Doha e Tel Aviv hanno anche concordato di istituire un meccanismo per «migliorare il coordinamento, migliorare la comunicazione, risolvere le controversie reciproche e rafforzare gli sforzi collettivi per prevenire le minacce».

Fronte interno

Per accelerare le trattative è arrivata a Washington anche una delegazione del Qatar di alto rango. Si tratta di un accordo di pace che – come ha anticipato la Casa Bianca in mattinata rischia di scontentare entrambe le parti. Ognuno deve cedere qualcosa se si vuole arrivare alla pace. Ma gli alleati di governo di Netanyahu sono già pronti a dare battaglia.

Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha posto in giornata le sue linee rosse: le forze israeliane devono rimanere sul perimetro della Striscia e devono avere piena libertà di azione; l’Anp e il Qatar non devono avere alcun ruolo nel governare Gaza e soprattutto nell’accordo non ci deve essere alcuna condizione che preveda il riconoscimento di un futuro stato palestinese. Sulla Cisgiordania, Smotrich ha chiesto a Netanyahu che «stabilisca politicamente e praticamente i territori di Giudea e Samaria come una parte inseparabile dello Stato sovrano di Israele». Questo punto, al momento, non è mai stato così lontano dall’agenda di Trump.

© Riproduzione riservata