Sembra lontano il tempo dell’amicizia cordiale Trump-Putin piena di complimenti e gentilezze. Torna a scaldarsi pesantemente il tono delle relazioni tra Stati Uniti e Russia. Sì, perché in risposta alle «altamente provocatorie dichiarazioni» dell’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, il tycoon ha fatto sapere di aver disposto nientemeno che l’invio di due sottomarini nucleari «nelle regioni appropriate».

Una decisione, ha scritto l’inquilino della Casa Bianca in un messaggio su Truth, presa «nel caso in cui queste dichiarazioni sciocche e incendiarie fossero qualcosa di più di semplici parole». Nella fattispecie, Medvedev aveva detto che ogni nuovo ultimatum fissato da Trump per porre fine alla guerra in Ucraina «rappresenta una minaccia e un passo verso la guerra».

E così, con l’offensiva estiva russa entrata nel vivo, gli sviluppi al fronte tornano al centro delle trattative intorno al conflitto ucraino. A cominciare dal braccio di ferro intorno agli avanzamenti di importanza strategica. Volodymyr Zelensky smentisce la cattura da parte della Russia di Chasiv Yar, cittadina situata su un’altura strategica in Donbass. «Questa è disinformazione russa – ha detto Zelensky – Le unità ucraine mantengono le nostre posizioni e ogni tentativo russo di avanzare nelle regioni di Donetsk, Sumy e Kharkiv viene respinto».

«Forse le autorità ucraine non sono bene informate sulla situazione al fronte», risponde il presidente russo Vladimir Putin, dalla conferenza stampa tenuta dopo l’incontro con il suo omologo bielorusso, Alexander Lukashenko, ribadendo che le truppe russe hanno conquistato la città e avanzano lungo tutto il fronte, «in alcuni punti più rapidamente, in altri meno».

«Ci stiamo riprendendo quello che è nostro, non stiamo occupando territori altrui», ha aggiunto il presidente russo, riferendosi all’annessione unilaterale di quattro regioni ucraine dove al momento sono in corso la maggior parte dei combattimenti. Putin ne ha approfittato anche per rispondere a Zelensky, che giovedì aveva chiesto agli alleati di mettere in atto un cambio di regime in Russia.

«Il governo russo è basato sulla nostra Costituzione, cosa che non si può dire di quello ucraino», un’accusa che Putin muove da tempo a Zelensky poiché, a causa della guerra, lo scorso anno in Ucraina non si sono tenute le regolari elezioni presidenziali, una procedura prevista dall’attuale legislazione e condivisa da opposizioni e gran parte della popolazione.

Putin ha anche respinto nuovamente l’ipotesi di un cessate il fuoco e ha invocato colloqui «non in pubblico, ma con calma, in silenzio» per avvicinarsi a una soluzione al conflitto. Parole che arrivano a poche ore dalla visita a Mosca dell’inviato di Trump, Steve Witkoff, che dovrebbe comunicare formalmente a Putin i termini del nuovo ultimatum della Casa Bianca: stop ai combattimenti entro l’8 agosto, oppure gli Usa lanceranno nuove sanzioni contro i paesi che continuano a commerciare con la Russia, Cina e India in particolare.

Zelensky ha interpretato queste parole come una sorta di apertura e ha invitato nuovamente Putin a un incontro: «L’Ucraina conferma la sua disponibilità a incontrarsi a livello di leader in qualsiasi momento». Ma, con Mosca in vantaggio sul campo di battaglia, ogni negoziato fruttuoso continua ad apparire, per il momento, un miraggio.

Battaglia a Chasiv Yar

L’importanza di Chasiv Yar, una cittadina che prima della guerra aveva circa 12mila abitanti, risiede nella sua altitudine. Situata a circa 230 metri sopra il livello del mare non gode di quella che si definisce una vista “panoramica”, ma è comunque il rilievo più alto di tutta l’aria circostante, una pianura ondulata situata circa un centinaio di metri più in basso.

Intorno e dentro Chasiv Yar si combatte dalla primavera dell’anno scorso. La caduta della città mette in immediato pericolo Kostyantinivka, situata pochi chilometri più a ovest, che a sua volta costituisce la prima tessera di un domino urbano che termina una trentina chilometri più a nord con le città gemelle di Kramatorsk e Slovyansk, i due più grandi centri urbani ancora in mano agli ucraini nella regione di Donetsk.

Questo, quanto accade nella parte più orientale del Donbass. Poco più a ovest, la situazione continua a restare estremamente complicata nella città-fortezza di Pokrovsk, dove le truppe russe ormai operano nel pieno del centro abitato. Ma, nonostante la situazione sempre più complicata, Zelensky ostenta sicurezza: «Pokrovsk e Dobropillia sono attualmente teatro dei combattimenti più duri. È importante che i nostri soldati eliminino i gruppi di sabotaggio e ricognizione russi, piccole unità che tentano costantemente di irrompere in città e stabilire punti d’appoggio. Questa è la tattica russa, e la nostra risposta è la distruzione dell’occupante».

A Kiev è stato proclamato un giorno di lutto cittadino in seguito all’attacco che ha colpito la città nella notte tra mercoledì e giovedì. Con la conclusione delle operazioni di soccorso in un palazzo quasi completamente abbattuto da un missile russo, il bilancio dei morti è salito a 31. Si tratta del più grave attacco mai subito dalla città, dopo quello del 29 dicembre 2023, in cui sono morte 32 persone.

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