La Russia tra docce gelate e apparenti aperture: «Pronti a una soluzione, ma l’invio di truppe straniere è inaccettabile». Poi Mosca smentisce la telefonata Trump-Putin: «Mai avvenuta». Attacco all’Ue: «Non ci aspettiamo niente di buono»
Al termine dell’ultimo summit tra funzionari e leader riunitisi per l’Ucraina a Berlino, i rappresentanti della delegazione americana, forse troppo presto e con troppo ottimismo, si sono precipitati a trarre una conclusione prematura: «Il 90 per cento delle questioni tra Mosca e Kiev è stato risolto», i russi accetteranno il piano. Ma a Mosca non è arrivato «nessun segnale».
Quella bozza modificata in Germania dopo le consultazioni non ha nemmeno varcato ancora i confini della Federazione: «Quando il testo arriverà a Mosca lo analizzeremo», ha promesso il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, precisando tuttavia che, finora, informazioni sull’esito dei negoziati tra europei, ucraini e americani, in Russia, sono giunte solo attraverso i media, che hanno diffuso la dichiarazione finale alla fine degli incontri. Non solo: il portavoce aggiunge anche che «la partecipazione europea», in termini di accettabilità dell’accordo da parte di Mosca, «non promette nulla di buono».
Il triplo niet
Insomma, l’entusiasmo suscitato in Europa da certe indiscrezioni trapelate sui giornali – «un accordo entro oggi» aveva addirittura dichiarato, per poi smentire, Rustem Umerov, capo negoziatore di Kiev – non ha contagiato la Russia. L’impulso negoziale verso la fine del conflitto, che ha alimentato aspettative favorevoli in Ue, si è dovuto scontrare con le parole del viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov, che ha ricordato che Mosca «rimane ferma» sulle «intese» raggiunte durante l’incontro tra il presidente Putin e l’omologo americano Donald Trump ad Anchorage.
Niet, niet, niet. No, no, no. Ha negato tre volte Ryabkov, quando gli hanno chiesto se il Cremlino accetterà un dispiegamento di forze militari multinazionali occidentali in Ucraina. No e in nessuna forma: «Non sottoscriveremo o accetteremo», no alle unità della coalizione dei volenterosi con il sostegno statunitense; anzi, le truppe della coalizione potrebbero essere anche peggio di quelle dell’Alleanza che comunque rispetta «le consuete procedure Nato, che sono più o meno stabili». E ora «nulla è stabile nel mondo occidentale».
I messaggi che si susseguono indicano che il Cremlino è «pronto», «prima piuttosto che dopo», il «prima possibile», a trovare una soluzione, che però non sembra né prossima, né immediata. La sfiducia di Mosca – abile a dire tutto e il suo contrario - non si è dissolta ma, «siamo pronti a raggiungere un accordo», ha assicurato l’alto diplomatico, senza dimenticare di dire molti grazie a Trump per i suoi sforzi negoziali.
Dalla Federazione però l’Ovest non si attenda, ha aggiunto Ryabkov, nessuna concessione territoriale: «Alcuna concessione riguardo a Donbass, Novorossiya e Crimea», non si scende a compromessi, nemmeno con la Costituzione dove i territori di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia, Kherson e della penisola sono già considerati parte integrante dei confini nazionali.
Ed è una posizione su cui sembra abbia cambiato idea anche Zelensky: «Vogliono il nostro Donbass e noi non vogliamo cedere il nostro Donbass», ha detto dopo i colloqui con gli inviati di Trump, Steve Witkoff e Jared Kushner. Nessun dietrofront, dunque, da nessun lato del fronte: la stessa posizione intransigente si mantiene dall’altro lato della barricata.
Bisticci linguistici
Niente peremirie, tregua, solo mir, pace: così ha risposto Peskov alla richiesta di Berlino di concordare una tregua nella notte del 25 dicembre. Non solo: il portavoce aggiunge anche che «la partecipazione europea», in termini di accettabilità dell’accordo da parte di Mosca, «non promette nulla di buono».
«La Russia vuole porre fine alla guerra e garantire la pace in Europa», titola il Kommersant, riportando le parole del portavoce, che spiega che una soluzione temporanea finirebbe per dare all’Ucraina il tempo di prepararsi all’azione militare. Poi dubbi, danni con beffe e barzellette. «I cadaveri della Nato porteranno davvero la pace in Ucraina», è il titolo di un articolo satirico dell’agenzia statale Ria Novosti, a cui non è sfuggito l’errore verificatosi durante la conferenza congiunta tra il cancelliere Merz e il presidente Zelensky a Berlino.
Per una tragica coincidenza linguistica, la parola inglese troops, truppe, è stata confusa dalla traduttrice con la parola trupy, che in russo ed ucraino significa cadaveri, corpi. Un errore che i russi hanno subito trasformato in caricatura macabra, tragica barzelletta di pace ridotta a farsa. Era solo una lost in traslation, ma non è l’unica cosa che sembra essersi persa.
Durante una conferenza alla Casa Bianca Trump – mentre assicurava che per l’Ucraina «non spendiamo soldi ma salviamo molte vite» – ha detto yes a un giornalista che gli ha chiesto se ha sentito Putin di recente. Ma non c’è stata alcuna telefonata tra i due, ha ribadito Peskov, dopo il 16 ottobre scorso. Quella è stata una delle più lunghe.
Lo ricordano bene i giornalisti della Tass, con impressa nella memoria la cronologia dei contatti tra leader: «Conversazioni si sono svolte il 18 marzo e il 19 maggio, ciascuna della durata di circa due ore». La prima telefonata tra presidenti è avvenuta il 12 febbraio ed è durata quasi un’ora e mezza. Poi il 4 giugno hanno parlato per un’ora e 10 minuti, il 14 giugno per 50 minuti. Il 3 luglio, per quasi un’ora, e il 19 agosto per 40 minuti. Di un’altra conversazione con Trump, loro di certo avrebbero conservato traccia.
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