Nel secondo giorno della visita del presidente degli Stati Uniti in Israele il tema del nucleare iraniano ha palesato le differenze di vedute tra Joe Biden, e il premier israeliano Yair Lapid.

«Oggi abbiamo discusso dell'impegno per assicurarsi che l’Iran non ottenga mai l’arma nucleare, è un interesse vitale per la sicurezza degli Usa, di Israele e del resto mondo», ha detto Biden durante la conferenza stampa congiunta con il premier israeliano. «La diplomazia è il modo migliore per raggiungere questo risultato», ha aggiunto, rispondendo al suo interlocutore che prima del punto con i giornalisti ha detto che le parole e la diplomazia non fermerà il piano nucleare iraniano. «L’unico modo per fermarli è mettere sul tavolo una minaccia militare credibile», aveva detto Lapid.

Resta da capire se e quando si sbloccherà l’empasse, ovvero quando l’Iran rientrerà nell’accordo nucleare del 2015 siglato con Barack Obama. In base all’accordo, l’Iran aveva accettato di eliminare le sue riserve di uranio a medio arricchimento e di ridurre di due terzi le sue centrifughe a gas per tredici anni. L’accordo però è stato interrotto durante l’amministrazione Trump e ora la Casa Bianca vuole ritornare alla situazione del 2015.

Attualmente i negoziati sono in corso a Ginevra e prima dello scoppio della guerra in Ucraina la delegazione russa stava compiendo passi in avanti nelle mediazioni. Ma il tempo stringe: «Non aspetteranno in eterno» ha detto Joe Biden. Ma non è così semplice, nei giorni scorsi l’intelligence statunitense ha affermato che l’Iran si appresta a fornire droni militari alla Russia per essere impiegati in Ucraina. Una situazione che può rallentare il processo per far rientrare Teheran all’interno dell’accordo sul nucleare.

La possibilità militare

La frenata del presidente americano è forse figlia della dichiarazione di ieri rilasciata in un’intervista all’emittente Channel 12 in cui ha detto che «l’Iran non può avere armi nucleari» e si è detto pronto anche a usare la forza contro Teheran ma «come ultima risorsa». Affermazioni molto esplicite che non è la prima volta che vengono pronunciate dal presidente americano, come quando ha accusato il presidente Putin di essere un criminale di guerra.

Il resto della visita

Nella mattinata del 14 luglio Biden ha avuto un vertice con i leader di Israele, Emirati Arabi Uniti e India. Oltre che di nucleare iraniano sul tavolo si è affrontato il dossier della guerra in Ucraina e della crisi energetica che sta colpendo l’Europa, ma anche della distensione dei rapporti all’interno del Medioriente tra Israele, Egitto e i paesi del Golfo Persico. Rapporti che sono sempre più intrecciati dopo le visite degli ultimi mesi in cui governi arabi hanno stretto accordi commerciali con quello israeliano. Questo è indubbiamente uno degli effetti degli Accordi di Abramo firmati sotto l’egida dell’amministrazione Trump. «Ho parlato di quanto sia importante dal mio punto di vista che Israele sia totalmente integrato nella regione», ha detto Biden che ha intenzione di continuare nella linea politica distensiva in Medioriente.

Domani, infatti il presidente degli Stati Uniti si recherà a Betlemme dove incontrerà il presidente palestinese Mahmoud Abbas – al quale ribadirà il suo impegno per la soluzione dei due stati come ha già detto a Lapid – prima di partire per Jeddah in Arabia Saudita dove sarà accolto dal principe ereditario Mohammed bin Salman.

Una visita già criticata dalla stampa americana dato che il giovane monarca è accusato di essere il mandante politico dietro l’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, assassinato nell’ottobre del 2018 all’interno del consolato saudita di Istanbul.

Questa sera Biden ha incontrato anche l’ex premier Benjamin Netanyahu e il presidente israeliano Isaac Herzog che gli ha consegnato la medaglia d’onore presidenziale di Israele come riconoscimento dei 50 anni di sostegno al paese nella sua carriera politica.

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