Un servizio sulla somministrazione della terza dose di vaccino anti Covid-19 andato in onda lunedì sera nel corso della trasmissione Report è accusato da giornalisti e politici di aver fatto propaganda a favore dei novax e di aver diffuso informazioni false e allarmistiche. 

La polemica va avanti da giorni e martedì, il conduttore della trasmissione, Sigfrido Ranucci, ha difeso le sue ragioni nella trasmissione DiMartedì, su La7. Ieri, invece, i parlamentari Pd che siedono nella commissione di vigilanza Rai hanno chiesto ufficialmente chiarimenti all’amministratore delegato della televisione pubblica Carlo Fuortes con un durissimo comunicato contro la trasmissione.

Al di là delle critiche che si possono fare ai toni della trasmissione o alla sua opportunità, il servizio di Report formula tre distinte critiche al governo su altrettanti aspetti della somministrazione terza dose, critiche che vanno esaminate singolarmente per stabilirne il merito effettivo.

Quanto a lungo protegge il vaccino?

Il primo tema trattato dalla puntata di Report riguarda la durata della protezione fornita dai vaccini contro il Covid-19. Nel servizio, una serie di infermieri e loro rappresentati sindacali, una dei quali con il volto coperto, affermano che i casi di contagio tra il personale sanitario sono in aumento e che una delle possibili spiegazioni potrebbe essere l’attenuazione delle difese fornite dal vaccino, visto che la vaccinazione dei sanitari risale ad oltre sei mesi fa.

Il calo nel tempo della protezione fornita dai vaccini è un dato di fatto, ma studiarlo non è affatto semplice. Altri infermieri intervistati affermano che negli ospedali vengono effettuati pochissimi test per verificare l’effettivo stato della protezione nel personale sanitario.

A questo punto, la trasmissione sembra suggerire che il test sierologico, che misura la quantità di anticorpi nel sangue, è sufficiente a misurare la protezione garantita dal vaccino. In realtà, misurare la protezione garantita dai vaccini è un esercizio più complesso e che fornisce risultati meno certi di quanto si potrebbe pensare. 

In ogni caso, il servizio sottolinea che a livello nazionale non è ancora stato ultimato nessuno studio sull’efficacia dei vaccini nel tempo. Quello annunciato dall’Iss lo scorso dicembre è iniziato solo a febbraio e non ha ancora prodotto risultati.

Il servizio mostra che, nel frattempo, soltanto il laboratorio dell’ospedale Niguarda di Milano guidato dal professor Francesco Scaglione sta misurando sistematicamente i livelli di protezione nel personale ospedaliero. A sei mesi dal vaccino, sostiene Scaglione, la protezione è ridotta del 50 per cento, un livello che per il momento è ancora sufficiente a garantire una buona protezione.

L’estensione del greenpass

Dopo aver stabilito che la protezione fornita dal vaccino cala nel tempo e che in Italia non si è ancora fatto molto per misurare di quanto e in quanto tempo, il servizio passa a occuparsi di come, lo scorso settembre, il governo ha deciso di raddoppiare la validità del green pass da 9 a 12 mesi.

Il problema che pone Report è: su che base è stata fatta questa scelta se non sappiamo quanta protezione garantisce il vaccino a mesi di distanza?

Tra gli intervistati c’è il microbiologo Andrea Crisanti, secondo cui si è trattato di una decisione «senza nessuna base scientifica», una delle numerose «stupidaggini» fatte dal Comitato tecnico scientifico, il principale organo di consulenza del governo in materia di pandemia.

Due dirigenti della sanità con i volti oscurati, uno dei quali indicato come presente alla riunione del Cts in cui è stato deciso il prolungamento, spiegano che la decisione è stata presa per ragioni politiche e burocratiche.

La richiesta di estensione era arrivata dal ministero della Salute ed è stata approvata all’unanimità dal Cts senza particolari dati sull’efficacia dei vaccini a 12 mesi di distanza. Il problema principale che avrebbe motivato questa scelta, spiegano le due fonti anonime, era che senza la proroga tra ottobre e dicembre circa 3 milioni di italiani si sarebbero trovati in un limbo, con il green pass scaduto e allo stesso tempo senza possibilità di ricevere la terza dose.

Booster o mezzo booster

L’ultima parte del servizio è quella che ha ricevuto la maggior parte delle attenzioni e delle critiche. In questa sezione, Report critica il governo per aver fatto somministrare una terza dose di vaccino Moderna a migliaia di persone, nonostante fossero disponibili informazioni che indicavano come mezza dose di vaccino fosse più indicata. Secondo la trasmissione, il governo avrebbe commesso una «leggerezza».

La questione è abbastanza delicata e non è semplicissimo farsi un’idea né delle responsabilità effettive né della gravità dell’episodio.

La cronologia degli eventi è questa: il 2 settembre, l’agenzia farmaceutica europea Ema esorta i paesi membri ad attivarsi per distribuire la terza dose di vaccino alla popolazione più fragile.

Il giorno successivo, il 3 settembre, il produttore di vaccini Moderna propone alle autorità farmaceutiche di Europa e Stati Uniti di autorizzare un trattamento con solo mezza dose di vaccino anti Covid-10 in occasione della terza somministrazione. La richiesta viene presa in esame ed Ema che non fornisce immediatamente un parere.

Il 9 settembre, in Italia viene autorizzato l’inizio delle somministrazioni di terze dosi. In assenza di indicazioni specifiche, si inizia a somministrare una dose intera di Moderna.

Soltanto un mese e mezzo dopo, il 25 ottobre, l’Ema autorizza la terza dose di Moderna con dosaggio dimezzato rispetto alla seconda vaccinazione. Il 29 dello stesso mese il governo italiano si adegua. Nel frattempo, diverse migliaia di persone hanno ricevuto una dose intera.

Secondo Report, si è tratta di un errore che ha condotto allo spreco di dosi di vaccini ed esposto migliaia di persone a rischi di effetti collaterali maggiori dovuti a una dose superiore a quella raccomandata dai produttori.

Secondo i critici della trasmissione, invece, Report avrebbe contribuito a generare «allarmismo» sottolineando i rischi maggiori di un dosaggio eccessivo.

Inoltre, avrebbe accusato ingiustamente il governo che, in realtà, non avrebbe potuto che agire come ha fatto. «Cosa avrebbe dovuto fare il governo? – si chiedono sul Foglio Luciano Capone e Giovanni Rodriguez – Decidere di somministrare agli anziani la mezza dose solo sulla base delle comunicazioni di Big Pharma senza l’autorizzazione dell’Ema? E se poi non fosse stata sufficiente avrebbe dovuto richiamare i fragili per fare una quarta dose per l’altro mezzo richiamo?».

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