«Questi sono crimini di guerra e saranno riconosciuti dal mondo come un genocidio». Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non ha risparmiato le parole quando ieri pomeriggio ha visitato a sorpresa Bucha, la cittadina a nord di Kiev diventata simbolo delle sospette atrocità commesse dalle truppe russe in ritirata dal nord dell’Ucraina

«Giorno dopo giorno, il nostro esercito libera nuovi territori in precedenza occupati dai russi – ha detto Zelensky – Giorno dopo giorno troviamo corpi nascosti nelle cantine, persone torturate, persone assassinate». 

Un’ondata di indignazione internazionale ha fatto seguito al ritrovamento di centinaia di corpi nei territori appena liberati. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto che Vladimir Putin dovrebbe essere processato per crimini di guerra. Anche il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato di crimini di guerra e ha chiesto nuove sanzioni che colpiscano le esportazioni di petrolio russo (ma non ha parlato del più delicato tema del gas). 

La Russia, invece, smentisce tutte le accuse e ha sostenuto, senza fornire prove, che le uccisioni e i massacri sono una messa in scena delle forze di sicurezza ucraine.

Cosa è accaduto a Bucha

Bucha si trova a circa venti chilometri da Kiev, ha 28mila abitanti, e insieme a cittadine come Irpin, Hostomel e Bordyanka è stata al centro dei combattimenti tra russi e ucraini per tutto il mese di marzo. In questo periodo le comunicazioni con la città sono state difficili e frammenti di cosa stava succedendo sono arrivati al mondo esterno soltanto grazie alle persone fuggite o agli sporadici contatti telefonici con le persone rimaste intrappolate in città. I loro racconti parlavano di perquisizioni casa per casa, interrogatori e arresti sommari.

L’entità di quanto accaduto, però, è diventata chiara solo quando alla fine della scorsa settimana l’esercito russo si è ritirato precipitosamente e gli ucraini sono tornati a occupare la zona.

Secondo il procuratore generale dell’Ucraina, soltanto a Bucha sono stati recuperati oltre 400 corpi, abbandonati per strada o semi sepolti in fosse comuni. Le troupe di giornalisti internazionali che hanno visitato la città nelle ultime ore dicono di aver visto decine di corpi abbandonati per le strade, alcuni con le mani legate dietro la schiena e i segni di un colpo di arma da fuoco alla testa.

Non solo Bucha

Scene simili sono state scoperte in diverse altre città. Nei giorni scorsi, alcuni giornalisti hanno ritrovato i corpi di un uomo e di una donna uccisi nei primi giorni dell’invasione nei pressi di Irpin, un’azione ripresa casualmente da un drone ucraino.

L’ufficio del procuratore nazionale ucraino ha detto che per il momento le scene peggiori sono state identificate a Bordyanka, dall’altro lato del fiume Dniepr rispetto a Bucha, dove la grande parte dei giornalisti internazionali non è ancora arrivata.

Con il ritorno degli ucraini a nord di Kiev, iniziano anche ad arrivare i primi racconti di come si sono svolti i massacri. Secondo diversi testimoni, i soldati russi arrivati all’inizio dell’invasione si sono comportati in modo normale e persino gentile.

Le cose sono iniziate a peggiorare quando i russi hanno iniziato a subire perdite sempre più pesanti e quando le prime unità arrivate in città hanno ricevuto il cambio.

Il giornalista dell’Economist Oliver Carrol ha raccontato di una colonna di soldati russo colpita dall’artiglieria ucraina poco fuori Bucha. Una volta entrati in città, i soldati si sono comportati in maniera brutale, perquisendo le abitazioni casa per casa, arrestando persone a caso e interrogandole duramente per ottenere informazioni sulle forze armate ucraine.

A Trotysanet, vicino Kharkiv, gli abitanti della città dicono che le atrocità peggiori sono state commesse quando i soldati regolari russi sono stati sostituiti dalle milizie delle cosiddette repubbliche separatiste del Donbass. Anche loro hanno iniziato ad arrestare e interrogare sistematicamente gli abitanti con metodi violenti.

Una svolta?

In molti si chiedono se adesso la scoperta di queste uccisioni avrà per l’Ucraina un esito analogo a quello di episodi simili, come il massacro del mercato di Sarajevo in Bosnia e quello di Racak in Kosovo, che contribuirono a dare il via all’intervento militare occidentale nell’ex Jugoslavia. 

Per il momento, Unione Europea e Stati Uniti sembrano determinate a inasprire ulteriormente le sanzioni economiche, mentre non si parla ancora di un cambio di atteggiamento nei confronti dell’intervento militare, che è stato escluso da tutti i paesi occidentali fin dall’inizio della crisi.

Nessuna novità nemmeno sul fronte degli aiuti militari. La decisione della Germania di consentire la spedizione in Ucraina di mezzi blindati appartenenti alla Germania est è stata presa la scorsa settimana, prima della notizia dei massacri.

Anche sulle future sanzioni, l’atteggiamento resta prudente. Macron ha parlato di embargo al petrolio russo, ma non ha parlato di gas, molto più importante per l’Europa. Il governo tedesco ha fatto sapere di avere allo studio un embargo energetico della Russia, ma ha precisato che non intende metterlo in atto immediatamente.

Una delle conseguenza più visibile di questi episodi è la creazione di una visibile faglia nel fronte degli alleati, tra chi come Macron sembra mantenere un atteggiamento più aperto nei confronti della Russia e i paesi dell’Europa orientale, che fin dall’inizio della crisi hanno spinto affinché venisse adottato un atteggiamento intransigente.

Ieri infatti, il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha attaccato duramente Macron, chiedendogli ironicamente a cosa siano servite tutte le sue lunghe telefonata con il presidente russo Putin, per poi prendersela con il governo tedesco, accusandolo apertamente di essere il principale ostacolo all’approvazione di un embargo al gas russo. 

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