Oltre l’atmosfera del nostro Pianeta, di per sé fortemente contaminata dall’uomo, l’inquinamento non si ferma. Vicino alla Terra infatti, vi è un elevato numero di satelliti che in gran parte sono ora fuori uso e con essi ruotano attorno al nostro Pianeta un numero indicibile di piccoli e grandi frammenti di razzi, satelliti e oggetti di altra derivazione che possono mettere in serio pericolo i satelliti stessi in attività e le stazioni spaziali frequentate dall’uomo. Attualmente non è chiaro quanti satelliti ci sono in orbita.

Secondo l’Union of Concerned Scientist infatti, al primo gennaio 2021 erano 6.546 dei quali 3.372 in attività e 3.179 inattivi. Tuttavia secondo l’Object Launched into Outer Space ce ne sarebbero 7.389 con un aumento rispetto al 2020 del 27,97 per cento. Questo elenco mostra che dal primo Sputnik ad oggi sono stati lanciati 11.139 satelliti di cui 7.389 ancora in orbita, mentre il resto è bruciato rientrando nell’atmosfera.

Nel 2020 sono stati lanciato 1.283 satelliti, il più alto numero di lanci di satelliti in un anno rispetto a tutti i precedenti e il 2021 si appresta a numeri simili. Tra i satelliti in orbita 1.832 servono per le comunicazioni, 906 per l’osservazione della Terra, 350 per lo sviluppo di nuove tecnologia, 150 per la navigazione e il posizionamento, 20 per le scienze della Terra e i rimanenti per altri scopi.  I satelliti che non sono stati pensati per farli bruciare nell’atmosfera al termine della loro vita sono diventati parte della “spazzatura spaziale” che avvolge la Terra.

E se ai satelliti aggiungiamo tutto il resto, come pezzi di razzi esplosi, satelliti distrutti e altro, gli oggetti creati dall’uomo più grandi di 10 centimetri in orbita terrestre sono circa 22.300, con una massa totale di 8.400.000 chilogrammi. Oggetti del tutto fuori controllo. E questo nonostante che il 75 per cento dei satelliti messi in orbita finora sono stati lanciati da soli 5 Paesi, molti dei quali vennero portati nello spazio durante la prima fase della storia dell’esplorazione spaziale, in un periodo di Guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ma attenzione: l’epoca che stiamo vivendo sta mettendo in orbita una quantità di satelliti senza confronti.

Tra il 2010 e il 2020 l’umanità intera ne ha lanciati ben 2.500, ma è solo un antipasto di quel che avverrà in futuro, perché se quanto hanno fatto sapere molte Società si avvererà, il numero dei satelliti che verranno lanciati in orbita sarà di decine di migliaia al decennio.

Ma come si è reso possibile un tale boom di lanci di satelliti? La risposta è abbastanza semplice. Se torniamo ai tempi degli Space Shuttle degli anni Ottanta, portare in orbita un chilogrammo di materiale richiedeva un costo di poco superiore agli 85.000 dollari.

Nel 2006 con l’arrivo della società privata di Elon Musk, SpaceX, i costi sono scesi a poco meno di 10.000 dollari al chilo. Con l’arrivo del razzo Altas 5 ci fu un altro abbassamento: poco più di 5.500 dollari al chilo. Poi, grazie al razzo riutilizzabile Falcon 9 di SpaceX, il costo per lanciare un chilogrammo di materiale nello spazio è sceso a 1.900 dollari. E infine si è arrivati a qualcosa di inaspettato nel 2020.

Il Falcon Heavy, sempre di SpaceX permette di lanciare un chilogrammo di materiale a 951 dollari. Questo crollo dei prezzi, sta dando modo a molti Paesi, anche poveri, di lanciare propri satelliti, così come ad aziende e a centri di ricerca di inviare in orbita materiali per la ricerca come se lo spazio fosse il laboratorio della porta accanto. 

C’è poi stata una rivoluzione nelle dimensioni dei satelliti. Un tempo non esistevano satelliti piccoli. Oggi prendono il volo con sempre maggiore frequenza satelliti grandi come una scatola da scarpe i cui costi di costruzione non superano quasi mai il milione di dollari contro le centinaia di milioni di dollari dei primi satelliti.

Tutto questo fa capire come grosse aziende come la stessa Space X o Amazon abbiano pensato di dare il via alla costruzione di enormi costellazioni di satelliti principalmente per portare Internet in tutto il mondo. E quando si parla di “costellazioni” si parla di migliaia e migliaia di satelliti. Proiezioni di un futuro prossimo vedono in orbita più di 100.000 satelliti. Il mondo diverrà molto più globalizzato, Internet non sarà più padroneggiato dalle singole nazioni e da tutti i luoghi del pianeta potremmo essere informati e comunicare come se fossimo sul divano di casa. E non bisogna pensare che i piccoli satelliti “uccideranno” i grandi.

Questi ultimi infatti, possono trasmettere immagini con dettagli estremamente più definite e lo possono fare da grandi distanze perché hanno più potenza. È ovvio che una situazione del genere porterà sempre più ad avere spazzatura spaziale. Anche se oggi sono sempre più i satelliti di grandi dimensioni pensati per essere fatti rientrare nell’atmosfera o posizionati su orbite lontane dalla Terra al termine della loro vita e i piccoli satelliti pensati per bruciare nell’atmosfera una volta terminato il loro compito il numero di questi oggetti in orbita terrestre diverrà tale che i pericoli di scontri tra satelliti e con materiale spazzatura diverrà sempre più elevato. Sono già tre i casi di satelliti che si sono scontrati tra loro e questo prima del grande boom di messa in orbita.

Oggi sappiamo che i livelli di detriti sono aumentati del 50 per cento negli ultimi cinque anni e, la stessa Agenzia Spaziale Europea mette in guardia dal fatto che una situazione del genere può portare all’“effetto Kessler”, ossia ad una collisione di satelliti che porta ad altre collisioni con la produzione di milioni di piccoli oggetti che simili a proiettili fluttuano attorno alla Terra, portando l’orbita bassa (quella cioè sulla quale ruota la maggior parte dei satelliti) a diventare una discarica di proporzioni epiche.

Nella peggiore delle ipotesi si arriverebbe ad avere la distruzione di quasi tutti i satelliti, impedendo anche la messa in orbita di altri satelliti. I danni sarebbero tali da non poter più fare affidamenti sui satelliti GPS e Internet e in un cimitero di spazzatura spaziale anche le comunicazioni via satellite diverrebbero un ricordo del passato. Una situazione ancora di là da venire che nessuno vorrebbe vedere, ma è ora il momento di definire regole ben chiare perché ciò non avvenga.

Anno 2021: grande ripresa delle emissioni di carbonio

Secondo il Climate Transparency Report nel 2021 l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera dai Paesi del Gruppo G20 aumenterà del 4 per cento dopo essere diminuita del 6 per cento nel 2020 a causa della pandemia. Cina, India e argentina dovrebbero superare i livelli di emissioni del 2019.

A pochi giorni dalla Conferenza sul Clima COP26 questi dati rendono il compito dei negoziatori molto complesso se davvero si vuol mantenere la temperatura al di sotto dell’1,5°C rispetto al periodo preindustriale. Il gruppo del G20 è responsabile di circa il 75 per cento delle emissioni globali di gas serra e sempre secondo il rapporto - compilato da 16 organizzazioni di ricerca e gruppi di campagne ambientali – l’uso del carbone aumenterà del 5 per cento nel 2021. Ciò è dovuto soprattutto alla Cina, responsabile di circa il 60 per cento dell’aumento, forti crescite si stanno registrando anche negli Stati Uniti e India.

E questo nonostante che il prezzo del carbone sia aumentato di quasi il 200 per cento rispetto ad un anno fa. Per quanto riguarda jl gas il “Rapporto sulla trasparenza” rileva che l’uso è aumentato del 12 per cento nel periodo che va dal 2015 al 2020. E a ciò si dive aggiungere il fatto che tra il 1999 e il 2018 vi sono state circa 500.000 vittime e quasi 3,5 mila miliardi di dollari in cirsti economici legati agli impatti climatici in tutto il mondo con Cina, India,m Giappone, Germania e Stati Uniti che sono stati colpiti in modo particolarmente duro nel 2018. Il dato positivo arriva comunque dalle energie rinnovabili che ora forniscono circa il 12 per cento di energia rispetto al 10 per cento nel 2020.

I laghi stanno cambiando in tutto il mondo

In tutto il mondo, I laghi registrano un aumento delle temperature medie, mentre si riduce e si assottiglia la copertura di ghiaccio stagionale. Ciò colpisce negativamente gli ecosistemi lacustri, l'approvvigionamento di acqua potabile e la pesca. Un gruppo di ricerca internazionale guidato da Luke Grant, Inne Vanderkelen e da Wim Thiery della Vrije Universiteit di Brussel ha dimostrato per la prima volta che questi cambiamenti globali nella temperatura dei laghi e nella copertura di ghiaccio non sono dovuti alla variabilità climatica naturale, ma si possono spiegare solo grazie alle massicce emissioni di gas serra immessi dall’uomo nell’atmosfera. 

Per dimostrarlo, i ricercatori hanno sviluppato più simulazioni al computer di laghi su scala globale interessati da varie situazioni climatiche. Il risultato ha dimostrato l’evidenza di chiare somiglianze tra i cambiamenti osservati realisticamente nei laghi e le simulazioni di modelli. «Questa ricerca è fondamentale per capire come potrebbero evolvere gli ecosistemi lacustri», ha spiegato Grant, ricercatore presso Vub e autore principale dello studio pubblicato su Nature Geoscience. 

«Non c’è dubbio che poiché gli impatti continueranno ad aumentare in futuro, rischiamo di danneggiare gravemente gli ecosistemi lacustri, compresa la qualità dell'acqua e le popolazioni di specie ittiche autoctone. Ciò sarebbe disastroso per i molti modi con cui le comunità locali dipendono dai laghi, dalla fornitura di acqua potabile alla pesca». Il gruppo di ricerca ha ricostruito sviluppi futuri in diversi scenari di riscaldamento. In uno scenario a basse emissioni, si stima che il riscaldamento medio dei laghi in futuro si stabilizzerà a +1,5°C rispetto ai livelli preindustriali e la durata della copertura glaciale sarà inferiore di 14 giorni. 

In un mondo ad alte emissioni, questi cambiamenti potrebbero portare a un aumento di +4,0 °C la temperatura delle acque e a 46 giorni in meno di ghiaccio. «Questa è una prova molto convincente che il cambiamento climatico causato dall’uomo ha già avuto un impatto sui laghi», afferma Grant. «E purtroppo le proiezioni delle temperature dei laghi e della perdita della copertura di ghiaccio indicano all'unanimità tendenze in aumento per il futuro. 

Per ogni aumento di 1°C della temperatura globale dell'aria, si stima che i laghi si riscaldino di 0,9°C e perdano 9,7 giorni di copertura ghiacciata». Sottolinea Wim Thiery, esperto di clima di Vub e autore senior dello studio: «I nostri risultati sottolineano la grande importanza dell'accordo di Parigi per proteggere la salute dei laghi di tutto il mondo. Se riuscissimo tuttavia, a ridurre drasticamente le nostre emissioni nei prossimi decenni, potremmo ancora evitare le peggiori conseguenze».

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