Il nuovo report diffuso dal Servizio Copernicus per lo Studio del Cambiamento climatico dell’Unione Europea. L’ottobre appena trascorso è stato il terzo con le temperature globali più elevate mai registrato. Con un simile risultato, la temperatura media del mondo dal 2023 in avanti è stata verosimilmente più alta rispetto all’epoca preindustriale di 1,5 °C
L’anno che sta per chiudersi diventerà il secondo o il terzo più caldo da quando si rilevano le temperature, secondo i nuovi dati diffusi dal Servizio Copernicus per lo Studio del Cambiamento climatico dell’Unione Europea. L’ottobre appena trascorso è stato infatti il terzo con le temperature globali più elevate mai registrato. Con un simile risultato, il dato più allarmante è che la temperatura media del mondo dal 2023 in avanti è stata verosimilmente più alta rispetto all’epoca preindustriale di 1,5 °C. Ha quindi temporaneamente superato la soglia indicato dagli esperti dell’Onu entro il quale il riscaldamento globale non comporterà cambiamenti di lunga durata o irreversibili.
«Siamo ora nella decade dove il limite di 1,5 °C verrà probabilmente superato, sottolineando il ritmo accelerato del cambiamento climatico e l’urgente necessità di agire», ha dichiarato Samantha Burgess, Responsabile strategica della sezione climatica di Copernicus. Un messaggio che arriva in contemporanea al secondo giorno del vertice dei Capi di governo a Belém, in Brasile, che apre la 30esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP).
Secondo l’ultimo report del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) se i paesi rispetteranno gli impegni che si stanno assumendo in questo momento, le temperature raggiungeranno un livello di 2,3-2,5°C sopra l’epoca preindustriale. Un miglioramento rispetto ai 2,6-2,8°C previsti dal report dello scorso anno, ma ancora troppi. Soprattutto tenendo presente che le politiche invece attualmente in atto ci mantengono sulla traiettoria di un riscaldamento a 2,8°C.
Ottobre caldo
Le temperature di ottobre rilevate da Copernicus dipingono un’immagine esemplificativa di come il pianeta si stia surriscaldando. Con una media di 15,14 °C, il mese trascorso è stato infatti superiore dello 0,70°C rispetto agli altri ottobre fra il 1991 e il 2020. E 1,55°C sopra la media stimata per l’epoca preindustriale. Solo negli ultimi due anni questo mese è stato più caldo.
Le aree con le temperature più elevate sono state proprio nelle regioni polari. In Europa, la media a è stata di 10,19°C, portando il mese a essere il decimo più caldo mai rilevato. Le aree dove il termometro si è distanziata di più dalla norma sono state la penisola iberica e quella finno-scandinava.
Il programma di studio di Copernicus realizza le sue ricerche su una base di dati che contiene miliardi di misurazioni da satelliti, navi, aerei e stazioni metereologiche attorno a tutto il mondo. Insieme all’aumento della temperatura, ha poi rilevato un’altra serie di fenomeni climatici lontani dalla media. Mentre in Italia abbiamo assistito a un mese più secco, l’estensione del ghiaccio marino artico è risultata del 12% inferiore al solito.
Non siamo ancora oltre 1,5 °C
In apertura al vertice di Belém, il Segretario Generale dell’Onu António Guterres ha tuonato contro i leader mondiali per la loro azione non sufficiente in ambito climatico: «La dura verità è che abbiamo fallito nel rimanere sotto 1,5°C», ha dichiarato alla platea. Secondo il report di UNEP, la temperatura media globale pluridecennale supererà infatti 1,5°C, almeno temporaneamente.
I dati di Copernicus sembrerebbero confermare queste previsioni. Sandro Fuzzi, ricercatore emerito dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche e autore di alcuni dei rapporti Onu, li vede come un segnale d’allarme preoccupante, ma spiega che è presto per convincersi di essersi giocati ogni possibilità di mantenere il riscaldamento entro livelli accettabili.
«Siamo già al limite, ma – data la variabilità naturale del clima – non è detto che questo non rientri nei prossimi anni», spiega a Domani. Il superamento di tale margine va infatti calcolato su un intervallo di tempo molto più ampio. Decadi, almeno.
Quello che però dimostrano i risultati di Copernicus è che ci troviamo sul ciglio del cosiddetto overshooting climatico, ovvero un superamento temporaneo della soglia di 1,5°C. La maggior parte della comunità scientifica è d’accordo sul fatto che questo sforamento potrebbe essere annullato se le emissioni dei gas responsabili del cambiamento climatico fossero ridotte a zero. «Non vuole dire che non possiamo ritornare in un intervallo accettabile, ma ci possiamo arrivare in alcuni decenni», spiega Fuzzi.
Per riuscirci – dice Fuzzi – è imprescindibile un taglio drastico delle emissioni, molto più di quanto abbiamo fatto fino ad oggi. Se vogliamo darci una possibilità di tornare a 1,5°C entro il 2100, l’UNEP ha calcolato che questo sforamento non dovrebbe superare 0,3°C. Anche perché più il picco e il sorpasso saranno lunghi, maggiori sono i rischi per gli ecosistemi più sensibili, come le barriere coralline, le foreste pluviali tropicali e le calotte glaciali.
Per rimanere dentro questi limiti, le Nazioni Unite hanno elaborato uno scenario di drastica riduzione a partire dal 2025, con un taglio del 26% rispetto ai livelli del 2019 in soli cinque anni. «È ancora possibile, anche se per poco. Esistono già soluzioni collaudate. Dalla rapida crescita delle energie rinnovabili a basso costo alla lotta alle emissioni di metano, sappiamo cosa occorre fare», ha dichiarato Inger Andersen, direttore esecutivo dell'UNEP. Ora si vedrà se alla COP i diversi paesi sapranno adottare il livello di ambizione necessario.
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