Il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha firmato la proposta di legge ribattezzata da ambientalisti e scienziati “legge sulla devastazione”, intervenendo con un veto su 63 delle 398 disposizioni approvate dal Congresso lo scorso 17 luglio.

Il testo, che modifica in profondità il sistema di licenze ambientali, è stato descritto da diverse ong come la più ampia revisione al ribasso delle tutele ecologiche brasiliane dagli anni Ottanta.

Il testo della legge

Il disegno di legge 2159/202 è stato approvato con 267 voti favorevoli e 116 contrari. Sostenuto da settori dell'agroindustria, dell’attività mineraria e dei grandi progetti infrastrutturali, il testo riduce drasticamente i controlli per un’ampia gamma di attività economiche, modificando meccanismi centrali di valutazione dell’impatto ambientale.

La proposta originaria introduceva diverse modifiche che gli ambientalisti hanno definito «critiche», tra cui l’auto-licenza: si tratta di un sistema in cui le aziende possono autocertificare l’impatto ambientale delle proprie attività, ottenendo permessi senza analisi tecnica da parte degli enti competenti.

Un altro strumento previsto era l’Autorizzazione ambientale speciale, che avrebbe consentito al consiglio di governo di designare come “prioritari” determinati progetti, accelerandone l’approvazione. Questa definizione, molto ampia, può includere iniziative ad alto impatto come l’esplorazione di petrolio e gas sul margine equatoriale o l’asfaltatura di strade che attraversano aree sensibili dell’Amazzonia.

Il Wwf Brasile ha sottolineato in un comunicato come il disegno di legge iniziale riduceva il ruolo di enti come la Funai, l’ICMBio e l’Iphan, limitandone le competenze ai soli territori già riconosciuti ufficialmente, con l’effetto di escludere numerose comunità indigene e tradizionali in attesa di titolazione. Le modifiche avrebbero anche indebolito la Legge sulla foresta atlantica e sostituito i controlli diretti con monitoraggi a campione basati sulle relazioni fornite dagli stessi sviluppatori.

L’intervento di Lula

Il presidente brasiliano è intervenuto sul testo a poche ore dalla scadenza per la firma, scegliendo la via del veto parziale piuttosto che respingere interamente la legge. Con 63 articoli cassati, ha bloccato alcune delle modifiche che avrebbero ridotto in modo più drastico il controllo pubblico sulle licenze ambientali, suscitando il plauso di organizzazioni come Sos Mata Atlântica e ActionAid.

Lula ha eliminato la possibilità per i progetti classificati a impatto “medio” di ottenere autorizzazioni attraverso un processo di autodichiarazione online, senza studi ambientali o valutazioni tecniche, e ha rimosso la norma che escludeva dal processo di consultazione le comunità indigene e quilombola non ancora ufficialmente titolari dei propri territori.

Non è stato però toccato l’emendamento che introduce l’Autorizzazione ambientale speciale: emendamento che il Wwf Brasile identifica come «punto critico» e che potrebbe avere un impatto rilevante sugli ecosistemi.

Il contesto ambientale e politico

Il disegno di legge e la decisione del presidente si inseriscono in un quadro di per sé già problematico, in cui l’Amazzonia mostra segnali preoccupanti. Uno studio congiunto dell’Istituto nazionale per la ricerca spaziale (Inpe) e dell’Università di San Paolo ha rilevato che tra il 2023 e il 2024 il degrado forestale è aumentato del 163 per cento, interessando oltre 25mila chilometri quadrati di foresta pluviale. Oltre due terzi di quest’area sono stati colpiti da incendi, alimentati sia da condizioni climatiche estreme, come siccità e temperature elevate, sia da attività umane come il disboscamento selettivo e la combustione agricola.

Le associazioni ambientaliste hanno accolto positivamente le modifiche, pur ribadendo che un veto totale sarebbe stato preferibile. «I punti respinti rappresentano comunque un progresso», ha spiegato al Guardian Jessica Siviero, specialista in giustizia climatica di ActionAid.

Un appuntamento internazionale decisivo

La controversia arriva a ridosso della Cop30, la conferenza mondiale sul clima che si terrà a novembre a Belém, in piena Amazzonia. Il vertice, nelle intenzioni del governo, dovrebbe consolidare il ruolo del Brasile come interlocutore di riferimento nelle politiche di mitigazione della crisi climatica. Ma la nuova legge rischia di spostare l’attenzione internazionale sulle contraddizioni della politica ambientale brasiliana, divisa tra obiettivi climatici ambiziosi e concessioni ai settori economici più impattanti.

Per la ministra dell’Ambiente Marina Silva, la versione approvata con i veti mantiene «pienamente in linea» l’impegno per la deforestazione zero entro il 2030 e la riduzione delle emissioni di CO2 fino al 67 per cento. Tuttavia, la stessa Silva, prima delle modifiche, aveva definito il testo «la sepoltura delle licenze ambientali».

L’amministrazione Lula deve ora confrontarsi con un Congresso in gran parte controllato dall’opposizione, che ha ripetutamente respinto le proposte chiave del governo, incluso l’annullamento di precedenti veti presidenziali. Se questi verranno confermati, la legge entrerà in vigore nella sua versione ridotta, ma con margini significativi di rischio per la gestione delle autorizzazioni ambientali. Se invece saranno annullati, il provvedimento riprenderà la sua forma iniziale, aprendo un periodo di incertezza legale e potenziali ricadute sulla credibilità internazionale del Brasile.

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