Con l’eccezione della Spagna, i paesi europei si sono piegati al bullismo di Trump accettando di portare la spesa in armi al 5% del PIL e senza una visione di politica estera comune. Ora c’è un’occasione unica: la 4ª Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo: veri investimenti per noi tutti. Gli Usa non partecipano, coerenti con la decisione di smantellare USAID. Ecco perché l’Ue dovrebbe tornare quella che disegnò gli accordi di Parigi sul clima
La scorsa settimana tutti i media si sono a giusto titolo soffermati sul vertice dei paesi Nato all’Aja (Olanda), e sulle sue conclusioni. I paesi europei ormai è cosa nota, con l’eccezione isolata e coraggiosa della Spagna, si sono piegati al bullismo del Presidente degli Stati Uniti d’America e hanno accettato di portare la loro rispettiva spesa in armamenti e affini al 5% del PIL annuale da qui al 2035.
Obiettivo insostenibile tanto economicamente quanto politicamente, e che oltretutto metterebbe i nostri sistemi di welfare in ginocchio.
Peraltro, i paesi dell’Unione europea hanno ceduto alle pressioni senza avere ancora una seria visione di politica estera comune, che dovrebbe portare con sé un’idea di quali sarebbero le nostre coordinate esigenze di difesa, e soprattutto a che cosa e contro chi dovrebbero servire.
E portare anche un embrione di autonomia geopolitica, disperatamente necessaria per disegnare un ruolo europeo nel mondo, promuovendo un nuovo multilateralismo, fatto di dialogo e prevenzione dei conflitti attraverso un serio e forte corpo diplomatico e un intreccio fra politica estera, accordi commerciali e politica di sviluppo verso la sostenibilità, cosi come delineato dall’Agenda 2030 dell’Onu.
Abbiamo un’occasione unica: la 4ª Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sul finanziamento dello sviluppo in svolgimento a Sevilla da ieri al 3 luglio. Ancora una volta si parla di soldi. Ma questi, a differenza delle somme lunari destinate al riarmo, sarebbero veri investimenti per il futuro di noi tutti.
Certo, con una mossa clamorosa quanto attesa gli Stati Uniti non partecipano, in perfetta coerenza con la decisione di smantellare il loro sistema di aiuti allo sviluppo conosciuto come USAID.
Ma è proprio questa una delle ragioni per la quali l’Europa, e l’Unione europea in particolare, dovrebbe conquistarsi un posto di rilievo pari almeno a quello che abbiamo avuto nel disegnare gli accordi di Parigi sul clima. Perché il vuoto lasciato dagli Usa ci consentirebbe di fare chiarezza nella confusa definizione di Occidente, e delineare finalmente una via europea ad un nuovo ordine mondiale.
L’altra ragione è che mai come ora il pianeta avrebbe bisogno di una nuova alleanza se davvero vogliamo onorare gli impegni presi da quasi 200 paesi che hanno sottoscritto l’Agenda 2030, recentemente rinnovati ed estesi con il Vertice del Futuro, cooperando, ma davvero, con un sud globale dinamico e in crescita, sia economica che demografica, per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale e economica da qui al 2030 e oltre.
Il Sud Globale
Occorre quindi non solo rinnovare gli impegni già assunti (laddove purtroppo le destre europee vedono solo possibili tagli, proprio come Trump), ma trasformare decisamente il contributo dell’UE e dei paesi membri in uno sforzo coordinato con il Sud Globale per agire insieme.
Innovando sia nei meccanismi di governance che nel modo in cui si identificano strategie e si disegnano programmi e progetti, coinvolgendo territori, società e persone verso obiettivi di coesione e lotta alle diseguaglianze che diano risultati misurabili e tangibili.
In questo contesto in evoluzione, è fondamentale articolare un modello distintivo di cooperazione, capace di generare benefici economici reciproci per l’Europa e il Sud Globale, promuovendo al contempo coesione sociale e prosperità condivisa.
L’Unione Europea – il più grande donatore a livello mondiale nel campo della cooperazione allo sviluppo – si trova in una posizione privilegiata per sperimentare nuovi approcci che rafforzino l’impatto sociale dei programmi di sviluppo. Ciò include la capacità di pianificare e valutare in modo sistematico interventi orientati alla riduzione delle disuguaglianze, alla promozione del lavoro dignitoso e allo sviluppo economico locale.
Una valutazione rigorosa dell’impatto è infatti essenziale per rafforzare la trasparenza, l’efficacia e la responsabilità della cooperazione allo sviluppo, consolidando la credibilità internazionale dell’UE e contribuendo a mantenere la fiducia dell’opinione pubblica europea. Insomma, occhi puntati su Sevilla. Giova peraltro ricordare che anche l’Italia si trova nel Mediterraneo.
Ma da qualunque punto cardinale la si veda, abbiamo un solo pianeta da difendere, noi, la stragrande maggioranza che non avrà posto su Marte.
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