Una manifestazione divisa in due, spezzata dagli scontri tra i manifestanti e le forze di polizia, idranti, lacrimogeni, cariche e manganellate da un lato; lanci di oggetti, razzi e fuochi d’artificio dall’altro. Avviene a pochi passi dal centro sociale il faccia a faccia tra gli attivisti e lo schieramento di forze dell’ordine a impedire di raggiungere quel luogo tanto importante per la città e ora diventato un simbolo di resistenza e lotta che ha richiamato questo sabato a Torino solidali da tutto il territorio e dalla vicina Francia.

A protezione dello shopping natalizio sono arrivati a Torino centinaia di poliziotti e decine di camionette a dividere Vanchiglia, il quartiere di Askatasuna, e il centro storico di Torino, che con il quartiere confina. L’appuntamento è davanti a Palazzo Nuovo sede delle facoltà umanistiche, alle 14:30 del pomeriggio, mentre a pochi metri la passeggiata su via Po, con una calca di gente ad affrettarsi nell’ultimo week end prima di Natale.

La partecipazione

Sul camion con gli altoparlanti e da cui nascono tutti i discorsi, campeggia la foto della partigiana valdostana Prosperina “Lisetta” Vallet, di fianco appeso lo striscione «Il futuro comincia adesso, que viva Askatasuna», slogan che saranno ripresi per tutto il pomeriggio, fino alla sera quando, sancendo la fine della giornata, i manifestanti lo scrivono sui manifesti pubblicitari della Fiat appesi alla chiesa di Gran Madre di Torino.

Intorno si raggruppano le persone, un paio di migliaia che aumentano con il passare dei minuti. Passa un’ora prima che il corteo inizi a muoversi: parlano molti volti noti della lotta torinese, molti sono del mondo No Tav, come Dana Lauriola, storica attivista legata ad Aska, che ricorda le strade percorse, dalla Valle fino alle vie della città: «Questo presente non ci piace: di fronte a questo sgombero, questa manifestazione è la risposta più bella».

C’è Nicoletta Dosio, la pasionaria dai capelli rossi, le sue sono parole lucide, studiate, sembrano scritte, ma va a braccio: un presente sempre più nero, con la repressione del governo di Meloni. Ci sono le “famiglie con Askatasuna” e i bambini con un lenzuolo con le impronte colorate delle mani: «L’Aska è un posto di tutti».

Inizia così la passeggiata per le vie del quartiere, un percorso predefinito perché ogni sbocco, a destra e sinistra, è bloccato dalle camionette e da schiere di agenti in divisa antisommossa: a confronto la militarizzazione della mattina dello sgombero è poca cosa.

E i disordini

Intanto il corteo si ingrossa, sono poco più di cinquemila le persone. Tutto cambia quando si svolta in corso Regina Margherita, la strada dell’Aska. L’ordine è bambini e famiglie dietro, davanti gli attivisti che avanzano con lo striscione «Torino partigiana, que viva Askatasuna», tirano dritto verso le forze di polizia schierate che riescono a rubare in pochi minuti il lenzuolo. Ne tirano fuori un altro. Sono organizzati, la polizia li fa indietreggiare di decine di metri a suon di lacrimogeni, decine quelli lanciati, anche nelle vie limitrofe è impossibile respirare. Poi i cassonetti in mezzo alla strada, due dati alle fiamme. Si conteranno nove poliziotti tra i feriti; una decina i manifestanti contusi.

Il corteo si ricompatta e decide di proseguire per l’unica via aperta, per arrivare a Vanchiglietta, lì polizia non ce n’è. Canti partigiani accompagnano la folla fino al ponte di piazza Vittorio, la porta del centro torinese, la manifestazione è conclusa, ma la lotta no e si rilancia al 31 gennaio per una grande manifestazione nazionale: «È il momento di costruire un contro potere, così potremo avere una vita decente costruiamo questa alternativa a questo sistema di morte, noi siamo la vita contro la morte. Vogliamo vivere non sopravvivere».

La Palestina, il riarmo, una società sempre più ingiusta, tutto questo muove il movimento che proietta sui palazzi scritte indirizzate ai nemici politici “Meloni dimettiti”, o alla polizia. Ma ce n’è anche per il sindaco Lo Russo, «servo infame», reo – secondo i manifestanti – di aver ceduto al patto con il centro sociale.

Dal governo e dai partiti di maggioranza monta la polemica, anche per la presenza di un assessore Avs alla manifestazione. «Da una parte donne e uomini in divisa, che difendono la legalità. Dall’altra parte i soliti violenti, figli di papà frustrati e falliti, Lo sgombero di Askatasuna è solo l’inizio, ruspe sui centri sociali covi di delinquenti», dice Matteo Salvini.

«Eccola la vostra democrazia, la vostra maledetta violenza, la barbarica voglia di sfasciare la nostra benedetta democrazia. Non ci fate paura, ma solo tristezza», aggiunge il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, «siete gli stessi che non molti decenni fa portarono il terrore nelle nostre strade, ma stavolta fidatevi, non ci riuscirete». In serata arrivano anche le dichiarazioni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, con gli elogi alla professionalità delle forze dell’ordine.

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