Per la seconda volta in pochi mesi, una nave di Mediterranea Saving Humans finisce sotto sanzione. Il governo ha disposto 60 giorni di fermo amministrativo e una multa da 10mila euro, in applicazione del decreto Piantedosi, il provvedimento che impone alle ong vincoli stringenti dopo ogni operazione di soccorso, per la nave che solo pochi giorni fa ha tratto in salvo 92 persone, tra cui 31 minori non accompagnati, fatte sbarcare a Porto Empedocle.

«Un provvedimento che colpisce l’attività di soccorso nonostante abbiamo agito nel pieno rispetto della Convenzione di Amburgo sul soccorso in mare», scrive l’ong «che indica chiaramente l’obbligo di assegnare un porto sicuro il più vicino possibile dopo un salvataggio». Per l’organizzazione si tratta di una misura «punitiva e ingiusta», in aperta contraddizione con i principi del diritto internazionale. 

Un fermo che Mediterranea definisce «gravissimo» in quanto è arrivato nonostante due procure – quella per i Minorenni di Palermo e quella di Agrigento - avessero ordinato lo sbarco immediato a Porto Empedocle di tutte le persone soccorse. Ordine eseguito dalla ong.  La contestazione era stata notificata dal Viminale al termine della 23esima missione dell’organizzazione: l’ong avrebbe violato il decreto Piantedosi decidendo di non arrivare fino a Livorno, il porto sicuro assegnato a quattro giorni di navigazione dal punto in cui sono stati tratti in salvo i migranti. 

Il secondo dsalvataggio di migranti effettuato da Mediterrabnea durante la sua ultima missione. Foto di Marika Ikpnomu
Il secondo dsalvataggio di migranti effettuato da Mediterrabnea durante la sua ultima missione. Foto di Marika Ikpnomu
Il secondo dsalvataggio di migranti effettuato da Mediterrabnea durante la sua ultima missione. Foto di Marika Ikpnomu

«Siamo di fronte a provvedimenti governativi che ignorano i fatti, prove ed evidenze, diritti fondamentali delle persone. E perfino decisioni vincolanti dell’Autorità giudiziaria competente», scrive Mediterranea. L'ong accusa il governo che, attraverso il decreto Piantedosi, «pretende di imporre che persone appena strappate alla morte restino per giorni in mare, lontane dai servizi medici essenziali e da un luogo sicuro. Una scelta che riteniamo ingiustificata, illegittima e profondamente disumana». 
 

Ad agosto l’altro provvedimento del tribunale di Trapani 

Il nuovo fermo si inserisce in una serie ormai lunga di contrasti tra l’esecutivo e le navi civili impegnate nei soccorsi. Ad agosto, un provvedimento quasi identico adottato a Trapani era stato sospeso dal Tribunale civile, che aveva riconosciuto la fondatezza del ricorso della ong. Anche in quel caso il Viminale aveva conrtestato la scelta di Mediterranea di non proseguire verso il porto sicuro assegnato, molto distante dall’area in cui erano stati soccorsi i naufraghi. Secondo i giudici, che hanno dato ragione alla ong, la scelta è stata presa «a tutela delle persone tratte in salvo», tenendo «conto delle loro condizioni di vulnerabilità e fragilità».

«Non ci rassegneremo mai a un sistema che tenta di prolungare le sofferenze di chi cerca protezione, che cerca di criminalizzare e strangolare economicamente chi salva vite e, soprattutto, che cerca di trasformare in strumenti di intimidazione e mortifera “deterrenza” le stesse leggi dello stato», scrive Mediterranea. 

Lo sbarco a Porto Empodocle dei 92 naufraghi salvati dall'ultima missione di Mediterranea Foto di Marika Ikonomu
Lo sbarco a Porto Empodocle dei 92 naufraghi salvati dall'ultima missione di Mediterranea Foto di Marika Ikonomu
Lo sbarco a Porto Empodocle dei 92 naufraghi salvati dall'ultima missione di Mediterranea Foto di Marika Ikonomu

Secondo i dati riportati dalla ong, dal primo gennaio del 2025, nel Mediterraneo centrale hanno perso la vita oltre 1.500 persone. «Mentre chi lascia morire esseri umani può nascondersi dietro norme che tradiscono il diritto internazionale, chi salva una vita viene punito.


Il ricorso e le prospettive

Mediterranea presenterà ricorso immediato anche contro questa nuova sanzione. La battaglia, è evidente, non riguarda solo un provvedimento amministrativo ma la definizione stessa del soccorso in mare: un terreno dove si confrontano principi del diritto internazionale, interpretazioni normative e scelte politiche. «Non obbediremo mai a ordini illegittimi in contrasto con la giustizia e con l’umanità. Faremo ciò che è giusto: salvare vite, proteggere chi sopravvive, difendere i diritti umani in mare e sulla terraferma».

Mediterranea, il diario di bordo di Marika Ikonomu

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