Il 60 per cento del territorio nazionale vive una condizione di progressivo abbandono, da nord a sud. Nelle aree interne mobilitarsi significa rompere l’isolamento, dare voce a chi resta, mostrare che quella che troppo spesso viene raccontata come “l’altra Italia” partecipa e resiste. Le 100 piazze mostrano che la protesta non ha un solo centro: da Ivrea a Cerignola, da Fermo ad Alicudi
Le 100 piazze per Gaza mostrano che la protesta non ha un solo centro: è una rete diffusa che unisce città e piccoli paesi. Da Ivrea a Cerignola, da Fermo a Crotone. Gli appuntamenti rimbalzano sui social e la mobilitazione coinvolge la provincia che non ti aspetti. Oltre a queste, le iniziative sono centinaia, e molte non arrivano ai media nazionali.
Sul Cervino, a 4.478 metri, la bandiera palestinese è stata issata in vetta
Infine, nelle isole minori, la solidarietà arriva fino ai margini estremi del paese: ad Alicudi, minuscola isola delle Eolie con appena una settantina di abitanti, la bandiera palestinese sventola sul molo
Non solo le piazze delle grandi città: la mobilitazione per la Palestina e per la Flotilla attraversa l’Italia intera, dalle cime alpine alle aree deindustrializzate del Sud, dai paesi terremotati fino alle Isole Minori. È un’Italia che raramente arriva sulle prime pagine, eppure la protesta qui si accende e conta. Bandiere, presidi, cammini, iniziative culturali: così si muovono quei territori che vengono etichettati come “marginali”, ma che marginali non sono affatto.
Sono luoghi dove mancano scuole, trasporti, ospedali, e dove la presenza dello Stato e della politica è quasi del tutto svanita. Qui manifestare significa rompere l’isolamento, dare voce a chi resta, mostrare che quella che troppo spesso viene raccontata come “l’altra Italia” partecipa e resiste. Ma non è “altra”: il nostro non è un paese fatto di sole città. Il 60 per cento del territorio nazionale vive infatti una condizione di progressivo abbandono nelle cosiddette aree interne, da Nord a Sud. A queste si aggiungono altre parti del paese segnate da marginalità diverse: gran parte del Mezzogiorno e le province colpite dalla deindustrializzazione.
L’esclusione
In questi territori la crisi della democrazia è più nitida che altrove: l’astensionismo è spesso il primo partito, e populismi ed estremismi trovano terreno fertile. Non si tratta però di un’eccezione italiana: è una dinamica che attraversa l’Europa intera e, più in generale, l’Occidente, dove il senso di esclusione territoriale alimenta nuove forme di conflitto sociale e politico.
Quando nelle valli e nei borghi si scende in piazza, il gesto ha un peso speciale: qui organizzare una manifestazione è più difficile, si è pochi, spesso soli. Per questo è ancora più significativo quando a farlo sono i giovani, sempre meno in questi luoghi e spesso costretti a emigrare: restare e alzare una bandiera diventa un atto di coraggio e resistenza.
Spazi di resistenza
Non è un caso che le montagne, l’Appennino e i piccoli comuni tornino oggi a essere luoghi di mobilitazione: furono spazi della Resistenza partigiana, della lotta per la libertà, e conservano una memoria profonda di sacrificio e solidarietà. Vedere qui la bandiera palestinese significa intrecciare quella memoria con le battaglie di oggi.
Le 100 piazze per Gaza mostrano che la protesta non ha un solo centro: è una rete diffusa che unisce città e piccoli paesi. Da Ivrea a Cerignola, da Fermo a Crotone. Gli appuntamenti rimbalzano sui social e la mobilitazione coinvolge la provincia che non ti aspetti. Oltre a queste, le iniziative sono centinaia, e molte non arrivano ai media nazionali.
Intanto ci si prepara a convergere a Roma per il corteo del 4 ottobre, o nelle città più vicine per le mobilitazioni più grandi. In montagna e nelle valli, perfino i circoli chiudono per lo sciopero.
Dalle cime alpine alle Isole
Sul Cervino, a 4.478 metri, la bandiera palestinese è stata issata in vetta: un’immagine potente che racconta quanto la solidarietà attraversi anche i luoghi simbolo dell’Italia alpina. Sempre in montagna, rifugi e circoli organizzano presidi ed eventi culturali.
In Emilia, a Marzabotto, giovani hanno bloccato la Porrettana, la strada statale che collega Bologna a Pistoia attraverso l’Appennino, un’arteria storica che attraversa il territorio della strage nazifascista del 1944: qui il gesto assume un significato simbolico forte, legando memoria e attualità.
In Umbria, alcuni piccoli comuni hanno persino approvato atti di riconoscimento dello Stato di Palestina, e a Perugia sono stati accolti nelle scorse settimane sindaci provenienti dalla Cisgiordania.
In Abruzzo il movimento è vivace: studenti, associazioni e comunità locali animano presidi. Nei paesi del sisma si organizzano fiaccolate e marce, come ad Aielli e a Gagliano Aterno (250 abitanti), mentre all’Aquila università e Gran Sasso Science Institute hanno riempito le piazze ricostruite, in vista del corteo provinciale che confluirà a Roma.
In Casentino comunità e associazioni locali si organizzano per raggiungere insieme le città vicine e Roma, dopo mesi di iniziative culturali e momenti dedicati.
Alle porte della Capitale, la carovana da Ardea ad Anzio ha portato in strada attivisti e famiglie. A Zagarolo, studenti e studentesse del collettivo Zaga4Gaza hanno mantenuto presidi permanenti.
In Basilicata, a Melfi, in un’area segnata dalle lotte operaie della Fiat/Stellantis, il 2 ottobre si è svolto un flash mob per ricordare gli operatori sanitari uccisi sotto le bombe mentre a Tito (Pz), poco più di 7mila abitanti, si organizzano letture di opere di autori e autrici palestinesi.
La Local March for Gaza: mobilitazione internazionale che invita comunità e associazioni a organizzare cammini e presidi nei propri territori. In Italia si è trasformata in una rete di iniziative diffuse: da Oropa a Milano, lungo i sentieri dell’Abruzzo e nei borghi dell’Appennino, piccoli gruppi hanno marciato, pregato e discusso, portando la protesta nei luoghi che i media raramente raggiungono.
In Sardegna si moltiplicano i cortei e gli scioperi locali, preparandosi alla mobilitazione nazionale. Infine, nelle isole minori, la solidarietà arriva fino ai margini estremi del paese: ad Alicudi, minuscola isola delle Eolie con appena una settantina di abitanti, la bandiera palestinese sventola sul molo. Altre iniziative si sono svolte a Stromboli e nelle altre isole, segnando l’adesione anche di comunità piccolissime.
Queste sono solo alcune delle esperienze che stanno attraversando il paese. La protesta per la Palestina non appartiene soltanto alle città: vive e resiste anche nei territori dimenticati, nei luoghi dello spopolamento e dell’assenza politica. Qui la voce di chi resta – soprattutto dei giovani – è fragile nei numeri ma forte nel significato.
Ricordarci che la democrazia vive (o muore) anche lontano dai riflettori delle metropoli è il compito che oggi spetta a tutte e tutti ed è l’esempio politico della spedizione della Global Sumud Flotilla a Gaza a fronte del vuoto delle istituzioni occidentali.
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