Nella Giornata della memoria e dell’accoglienza, i numeri ufficiali inchiodano la cronaca. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, dal 2014 al 24 settembre 2025 sono morte o scomparse quasi 33mila persone lungo le rotte del Mediterraneo.

Solo nel 2025 i morti e dispersi sono stati 1.293, che diventano 1.646 se si include anche la rotta atlantica verso le Canarie, sempre più battuta e sempre più letale. Il 78% delle vittime riguarda il Mediterraneo centrale, la rotta che dalle coste libiche tenta di raggiungere l’Italia. È il mare che separa, ma soprattutto il mare che inghiotte.

Un po’ di storia

Il percorso comincia il 3 ottobre 2013, con il naufragio di Lampedusa: 368 persone annegate a poche miglia dall’isola. José Manuel Barroso, allora presidente della Commissione europea, promise che «una tragedia così non dovrebbe mai più accadere». L’Italia rispose con l’operazione Mare Nostrum, missione di ricerca e soccorso che costava 9 milioni di euro al mese, capace di salvare oltre 150mila persone in un anno, ma che fu chiusa poco più di dodici mesi dopo e sostituita da Triton, programma Frontex con compiti di controllo più che di salvataggio. Nel 2014 i morti furono circa 3.300.

L’anno successivo la strage del 18 aprile al largo della Libia - fino a 800 vittime in un’unica notte - spinse i capi di Stato e di governo a riunirsi d’urgenza. Angela Merkel e François Hollande, davanti alle bare a Catania, giurarono: «Mai più». Federica Mogherini, Alto rappresentante Ue, ammise: «Lo abbiamo detto troppe volte: mai più». Eppure il 2015 si chiuse con 3.800 morti e dispersi, più dell’anno precedente, a conferma che l’Europa aveva scelto di ridurre la presenza in mare proprio mentre aumentava il rischio di nuove stragi.

Il 2016 segnò il picco: oltre 5.000 morti in dodici mesi. L’Unione europea varò l’operazione Sophia e puntò a rafforzare la Guardia costiera libica. L’obiettivo dichiarato era «salvare vite», la pratica fu esternalizzare i respingimenti. Nel 2017 l’Italia di Paolo Gentiloni firmò con Tripoli il Memorandum voluto dal ministro Marco Minniti: mezzi, fondi e formazione per i libici in cambio del blocco delle partenze. Dimitris Avramopoulos, commissario Ue, parlò di «azione comune per fermare le tragedie». I dati raccontano altro: 3.100 morti quell’anno.

Negli stessi mesi arrivava il Codice di condotta per le ong, primo segnale di una politica che progressivamente avrebbe limitato le navi civili di soccorso. Nel 2018 e 2019 i decreti sicurezza del governo Conte I - firmati da Matteo Salvini - introdussero multe e sequestri per le imbarcazioni delle organizzazioni. Giuseppe Conte dichiarò in parlamento: «Mai più morti in mare». Nel 2019, anno in cui i morti furono comunque circa 1.300, i soccorsi delle ong crollarono.

Con la pandemia e il nuovo assetto della missione Irini, incentrata sull’embargo di armi e non sulla ricerca e soccorso, i morti nel Mediterraneo restarono sopra quota 1.400 nel 2020, per risalire oltre 2.000 nel 2021. In quei mesi Mario Draghi, a capo del governo, parlò di «un sistema europeo di soccorso che metta fine alle stragi». Nel 2022 i morti furono 2.400, mentre aumentavano i casi di intercettazione da parte delle motovedette libiche finanziate dall’Italia e dall’Ue, con migliaia di persone riportate in centri di detenzione denunciati dall’Onu per torture e abusi.

Lo spartiacque Cutro

Il 26 febbraio 2023, a Steccato di Cutro, il naufragio di un caicco carico di famiglie curde e afghane provocò almeno 94 vittime a pochi metri dalla riva. Sergio Mattarella si recò tra le bare, ricordando che «questa tragedia è un monito per l’Europa». Giorgia Meloni assicurò che lo stato avrebbe fatto «di tutto per fermare le stragi». Il parlamento approvò intanto il decreto Piantedosi, che obbliga le navi delle ong a dirigersi verso porti lontani dopo ogni singolo salvataggio, riducendo di fatto la capacità di intervento. Il 2023 si chiuse con oltre 3.100 morti: il peggior bilancio dal 2016.

Il 2024 ha confermato il trend, con circa 2.500 vittime nel Mediterraneo e nuove intese con Libia, Tunisia ed Egitto per fermare le partenze. Nel 2025, nonostante le promesse e i protocolli, i dati aggiornati parlano di 1.293 morti e dispersi al 24 settembre solo nel Mediterraneo, 1.646 se si aggiunge la rotta atlantica. Sei naufragi negli ultimi dieci anni hanno superato per numero di vittime la stessa Lampedusa del 2013.

In tutto questo decennio, le parole non sono mancate. Barroso, Merkel, Hollande, Avramopoulos, Conte, Draghi, Meloni: ognuno, dopo ogni strage, ha scandito un «mai più». Ma il Mediterraneo resta la frontiera più letale del mondo. I dati Oim e i richiami dell’Unhcr convergono: senza missioni di ricerca e soccorso, senza vie legali di accesso, senza interrompere la strategia che spinge i migranti verso i trafficanti, la conta continuerà.

Dieci anni di promesse disattese hanno trasformato il «mai più» in un ritornello che accompagna, puntualmente, le nuove bare allineate sulle coste.

© Riproduzione riservata