La procura di Genova indaga per finanziamento illecito sui soldi versati da imprenditori e società ai comitati e alle fondazioni che hanno sostenuto il percorso politico di Giovanni Toti, attuale presidente della regione Liguria e fondatore di Coraggio Italia insieme al sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. Nell’inchiesta ci sono già degli indagati. Non Toti, dato che non ha mai avuto ruoli ufficiali nei board dei comitati che a lui fanno riferimento.

Dalle delibere regionali emerge come gli imprenditori che hanno dato soldi a Toti negli stessi anni ottenevano pareri favorevoli sui loro progetti da parte della giunta regionale. «Al di là di eventuali reati – si chiede Giovanni Tizian – è opportuno per chi governa ricevere fondi da chi ha interessi che dipendono da scelte pubbliche?». Finora l’ex esponente di Forza Italia non ha risposto alle richieste di chiarimento di Domani.

1. Donazioni e delibere

Dal 2016 a oggi sui conti correnti dei comitati Giovanni Toti (ancora in attività) e Change (chiuso nel 2021) sono stati raccolti oltre 2 milioni di euro in finanziamenti: in cinque anni i comitati hanno incassato donazioni per una media annuale di poco inferiore al mezzo milione di euro. Nel 2018 l’autorità antiriciclaggio di Banca d’Italia ha avanzato i primi dubbi sulle strutture schierate a sostegno dell’attività politica di Toti.

Nei mesi scorsi la Guardia di finanza genovese ha visitato le sedi delle società di tre finanziatori del presidente: gli imprenditori sono Pietro Colucci, a capo di un’importante holding dei rifiuti, Vincenzo Onorato, armatore del marchio Moby, e i petrolieri Costantino di Europam e Black Oil.

Tra i finanziatori di Toti, il cui profitto dipende da concessioni pubbliche da rinnovare o autorizzazioni regionali da ricevere, c’è il gruppo industriale di Pietro Colucci, che gestisce discariche in Liguria. Colucci ha versato nelle casse dei comitati oltre 100mila euro, a cui vanno aggiunti 15mila euro donati da Green Up (controllata dal gruppo Colucci), alla Lega Salvini Liguria. Nel 2017 la società ha presentato un progetto di ampliamento della discarica di Vado Ligure, a cui la giunta regionale ha votato a favore.

2. L’armatore degli yacht

Tra le società che hanno finanziato Toti c’è Amico & Co., azienda genovese nota per i suoi cantieri specializzati in riparazione di yacht. Negli stessi anni delle donazioni, la società ha ottenuto un’importante concessione dall’autorità portuale, amministrata da un manager scelto da Toti; una delibera molto contestata che è stata salvata con un protocollo d’intesa grazie all’intervento del presidente della regione.

Amico & Co. ha realizzato il «waterfront marina», un polo di accoglienza per super yacht. Fondamentale è stato il via libera dall’autorità portuale di Paolo Emilio Signorini, che ha dato in concessione l’area demaniale per 20 anni. La decisione ha provocato un ricorso al Tar da parte di Confindustria Nautica, ma prima che i giudici entrassero nel merito è intervenuto un protocollo firmato da Toti, dal sindaco di Genova Marco Bucci, dal capo dell’autorità portuale e da Confindustria Nautica che ha sancito la fine del contenzioso.

3. I soci di Fincantieri

I più importanti armatori di Genova hanno versato quasi 300mila euro ai comitati Change e Giovanni Toti, nonostante avessero richieste di concessioni in corso e affari che da queste dipendevano. Tra gli esponenti di questa élite, tra gli industriali con più potere in regione, c’è il gruppo Spinelli. Attraverso le società del gruppo, tra il 2015 e il 2018 il patron Aldo Spinelli ha regalato 40mila euro ai comitati di Toti e altri 25mila a Forza Italia.

Il gruppo Spinelli opera nelle aree portuali tramite concessioni pubbliche rilasciate dall’autorità portuale di Signorini. A giugno 2021 l’autorità ha deliberato la concessione a Spinelli per l’uso dell’area ex carbonile Enel. La decisione ha scatenato le reazioni dei concorrenti.

Spinelli mira anche a un’altra concessione: il rinnovo per il «terminale rinfuse», che è gestito anche dalla holding di Gianluigi Aponte, Msc. Tramite una controllata, anche Aponte ha finanziato il comitato Giovanni Toti con 10mila euro. Alcune di queste aziende appartengono al gruppo Gin (Genova industrie navali), che nel 2020 ha donato a Toti 40mila euro. Tra gli azionisti di Gin c’è anche Fincantieri, società di stato quotata in borsa.

4. L’azienda legata a Esselunga

La lista dei finanziatori di Toti include i costruttori legati alla grande distribuzione che hanno interessi nel capoluogo ligure. Ad agosto 2020 Toti ha ricevuto 50mila euro da Aep (Attività edilizie pavesi), società che ha realizzato il primo centro commerciale di Esselunga a Genova. Con Toti presidente della regione e Bucci sindaco di Genova, l’azienda lombarda ha ottenuto il via libera per costruire l’ipermercato, un risultato storico in una regione che era monopolio della Coop.

L’autorità antiriciclaggio di Banca d’Italia ha segnalato come sospetto il versamento al comitato di Toti e ne ha tracciato l’origine: sul conto di Aep, nei giorni precedenti la donazione, erano arrivati bonifici da parte di Esselunga. Né Aep né Esselunga hanno fornito chiarimenti alle richieste di Domani.

Dopo l’apertura del primo ipermercato, l’azienda ha puntato molto su Genova, chiedendo una nuova autorizzazione per un secondo supermercato in zona San Benigno. Anche questa è arrivata senza problemi e sono iniziati i lavori di bonifica dell’area: i terreni su cui sorgerà la struttura sono stati venduti a Esselunga dal gruppo Biasotti, che fa capo al senatore di Forza Italia Sandro Biasotti, anch’egli finanziatore di Toti.

5. Il tesoriere di Toti

Dalla costituzione fino al 2018, tesoriere del comitato Change è stato il commercialista Enrico Zappa. Terminata l’esperienza di revisore dei conti della fondazione, Zappa è stato nominato «sindaco» della Società pubblica per Cornigliano, che si occuperà della riconversione dell’Ilva di Genova.

Negli anni in cui curava la contabilità del comitato, il commercialista lavorava anche in altre aziende, alcune delle quali hanno finanziato l’ascesa del presidente: tra queste l’Agenzia marittima Le Navi, che ha regalato 10mila euro al comitato Giovanni Toti. Zappa aveva un ruolo anche in altre due società (Pesto Sea Group e Femo Bunker) nel periodo in cui finanziavano Toti.

I versamenti fatti dal comitato Change ai conti intestati a Toti avevano come causale «contributo attività politica». Eppure una parte dei soldi sono stati usati dal leader di Coraggio Italia per spese personali: ristoranti a Forte dei Marmi e Saint-Tropez, mutuo, abbigliamento di lusso, bonifici alla moglie.

Solo in due casi i finanziamenti di Change sono finiti sul conto di Toti presso Banca Carige, che il presidente della Liguria ha indicato come destinato alla sua attività politica. Altri 150mila euro, invece, sono stati accreditati su due suoi conti privati.

6. Le spese del comitato

Alcune spese effettuate dai comitati Change e Giovanni Toti durante l’ultima campagna elettorale rivelano quanto il leader di Coraggio Italia punti sulla comunicazione e sull’immagine di uomo del fare. Le due associazioni operano come fossero un partito: pagano le spese elettorali, i cartelloni pubblicitari, gli studi di grafica, le società che organizzano eventi. In un anno il comitato Giovanni Toti ha speso quasi mezzo milione di euro.

Tra le spese più alte c’è un pagamento a P.t.v. Programmazioni televisive spa, la società della tv regionale Primocanale (la più diffusa a Genova). Nell’agosto 2020 l’azienda ha ricevuto un bonifico di circa 20mila euro dal comitato di Toti.

Negli anni Primocanale ha beneficiato di contratti con la pubblica amministrazione: è il caso di un accordo del valore di 18mila euro con l’autorità portuale ligure per «incrementare la comunicazione del porto di Genova».

Nel 2020 il comitato Giovanni Toti ha commissionati cinque sondaggi per una spesa totale di 62mila euro, di cui 21mila euro alla società Swg e 7mila a Ipsos: cifre considerevoli per un presidente in corsa per le regionali e non per elezioni nazionali. A queste si aggiungono i 70mila euro versati alla Federico Olcese pubblicità esterna, una società che si occupa di appendere i manifesti politici negli appositi spazi.

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