Mohammad Mahmoud Ahmad Hannoun raccoglieva per «fini umanitari fondi per la popolazione palestinese destinati in realtà al finanziamento diretto di Hamas». Inoltre, «versava o concorreva a versare, direttamente o indirettamente, all’organizzazione terroristica, a partire dall’ottobre 2001 fino alla data odierna, rilevanti somme di denaro», pari a circa 7 milioni di euro. C’è anche lui, il componente del board della European Palestinians Conference, tra gli arrestati dell’operazione condotta dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo e da quella di Genova.

Questa mattina gli uomini della Digos e della Guardia di finanza hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare per nove indagati e tre associazioni che, come si legge nel provvedimento di oltre trecento pagine, avrebbero «finanziato Hamas e attività terroristiche», soprattutto dopo i fatti del 7 ottobre del 2023. 

Oltre ad Hannoun, considerato dai pubblici ministeri il «vertice del comparto estero di Hamas e capo della cellula italiana», sono finiti in carcere anche Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, Elasaly Yaser, Al Salahat Raed e Albustanji Riyad Abdelrahim Jaber, che avrebbero avuto ruoli operativi, nella propaganda e nella raccolta e nel trasferimento dei fondi; Osama Alisawi, già ministro del governo di fatto di Hamas a Gaza, cofondatore nel 1994 dell’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese (A.B.S.P.P.), destinatario diretto di parte dei finanziamenti e in contatto costante con Hannoun e gli altri indagati.

Sono accusati di concorso esterno nell’associazione terroristica pure Abu Rawwa Adel Ibrahim Salameh; Abu Deiah Khalil, fondatore e legale rappresentante dell’Associazione Benefica La Cupola d’Oro, costituita nel dicembre 2023 e ritenuta strumentale alla prosecuzione delle attività di finanziamento nonostante i blocchi del circuito finanziario; Abdu Saleh Mohammed Ismail, domiciliato in Turchia, che avrebbe ricevuto e trasferito ad Hamas almeno 462.700 euro, anche in contanti. In totale sono stati sequestrati 8milioni.

Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa
Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa
Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa
Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa
Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa
Ritrovamenti degli inquirenti nella casa di Abu Rawa

Le intercettazioni

«Io ti sto dicendo che un conto è che tu sei come Hannoun che è di Hamas e lavori per loro e vieni apprezzato in quanto tale! E vieni attaccato in quanto tale e hai un ruolo, hai i tuoi soldi che ti arrivano e hai i tuoi rischi che hai accettato. Un altro conto che fai tutto questo lavoro, non fai neanche parte di Hamas nè dei Fratelli musulmani», dice una persona intercettata nell’ambito dell’indagine degli inquirenti liguri. 

Parole che per i magistrati, insieme alle segnalazioni di operazioni bancarie sospette, conducono a un fatto. «Hannoun – scrivono i pm – è certamente componente del comparto estero di Hamas». A capo di una delle associazioni palestinesi più importanti in Italia, il suo obiettivo – rilevano gli investigatori – era dunque quello di finanziare «l’ala militare» di Hamas. Strumentali a questo scopo le «società di beneficenza».

«Una simile richiesta rivolta direttamente alla società di beneficenza pare indicativa di un sistema organizzativo in cui le società di beneficenza sono una fonte di supporto finanziario per le esigenze operative dell'ala militare, di qualunque natura e, quindi, anche per l'acquisto di attrezzature», si legge nell’ordinanza. Dove viene riportato anche lo stralcio di un documento inedito che testimonierebbe «il collegamento tra le finalità assistenzialistiche e il finanziamento diretto di Hamas».

«Noi – si legge – promettiamo di investire sforzi al fine di investire denaro a favore dei caduti (Shahada) e dei prigionieri, tramite trasferimenti ad enti di beneficenza. Questo è lo scopo principale, lo sforzo per trasferire sostegno finanziario a queste istituzioni, cosi che la disponibilità di questi fondi avvenga nel migliore modi, per portare più in alto il livello di funzionamento del Movimento». Una «copertura – scrivono ancora i pubblici ministeri – delle attività militari di Hamas».

L’indagine intanto continua e, come si legge nell’ordinanza, «non può in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale».
«Allo stesso tempo – concludono i pm – tali crimini non possono giustificare gli atti di terrorismo (compresi quelli del 7 ottobre 2023) compiuti da Hamas e dalle organizzazioni terroristiche a questa collegate ai danni della popolazione civile, né costituirne una circostanza attenuante».

«Gaza chiede il vostro aiuto: aiuti, denaro, qualunque cosa abbiate; chiunque possa fare una donazione, sappia che questo è il momento della verità», è una delle conversazioni intercettate il 10 ottobre 2023, tre giorni dopo l’attacco terroristico ai danni di civili israeliani. Una richiesta d’aiuto dietro alla quale, sostengono gli inquirenti, si nascondeva molto altro. 

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