Le concessioni demaniali per il commercio ambulante, come quelle marittime, devono essere messe a gara, ai sensi della direttiva Bolkestein. È stato ribadito, da ultimo, da parte del Quirinale dopo la promulgazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza. Ma l’attuale esecutivo, come quelli precedenti, continua a “calciare in avanti la lattina”.

I giudici e le concessioni balneari

Nel novembre 2021, il Consiglio di stato (Cds) con due sentenze gemelle decise che la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime, «in assenza di qualsiasi procedura di selezione», fosse in contrasto con la Bolkestein. Le concessioni andavano messe a gara. Il Cds dispose che quelle in essere restassero efficaci sino al 31 dicembre 2023, divenendo «prive di effetto» dopo tale data, e che «eventuali proroghe legislative» andassero disapplicate. Nel novembre 2023, una delle due decisioni è stata annullata dalla Corte di Cassazione, a seguito del ricorso di associazioni ed enti che lamentavano l’esclusione dal giudizio.

Ma il termine del 31 dicembre non è venuto meno: la seconda sentenza gemella del Cds, che impone il medesimo termine, non è stata impugnata, dunque è esecutiva. Essa è stata richiamata da ultimo il 27 dicembre scorso in una nuova pronuncia del Cds, che ha annullato l’ennesima proroga di una concessione balneare.

Le proroghe di legge

Il termine del 31 dicembre 2023, fissato dal Cds, fu recepito dal governo di Mario Draghi nella legge annuale sulla concorrenza dell’agosto 2022, salvo che «ragioni oggettive» impedissero la conclusione delle procedure per la messa a gara delle concessioni entro tale data. In questo caso, la scadenza poteva essere differita a fine 2024.

Ma la legge di conversione del decreto Milleproroghe per il 2023 ha spostato rispettivamente al 2024 e 2025 i termini fissati da Draghi. Per il governo di Giorgia Meloni l’ulteriore proroga di un anno si rendeva necessaria per effettuare una mappatura delle spiagge. Un espediente per dimostrare che esse non sarebbero un bene scarso, ed evitare così l’applicazione della Bolkestein, che trova il proprio presupposto proprio nella «scarsità delle risorse naturali». Ma nel marzo 2023 il CdS ha disposto che la nuova proroga voluta da Meloni andasse disapplicata, in conformità alla decisione del 2021.

La Commissione Ue svela il bluff

La mappatura delle spiagge, operata da un tavolo tecnico incaricato dal governo, si è risolta in un bluff. Lo ha attestato la Commissione Ue in un parere del 16 novembre scorso. L’Italia ha spacciato come disponibili aree «industriali relative ad impianti petroliferi, industriali e di produzione di energia», «aree marine protette e parchi nazionali» e altre aree ove sarebbe impossibile o vietato collocare stabilimenti balneari. La Commissione – richiamando le citate sentenze del Cds, nonché quella con cui la Corte di giustizia Ue (CgUe), nell’aprile 2023, ha ribadito che le concessioni non possono essere rinnovate in via automatica, ma serve una «procedura di selezione imparziale e trasparente» – ha concesso all’Italia due mesi per «adottare le disposizioni necessarie» alla messa a gara. Pena la prosecuzione della procedura di infrazione.

L’informativa di Salvini

Ma la procedura di infrazione forse al governo non interessa, anche perché a pagare le relative sanzioni sarebbero comunque i cittadini. E così, in un’informativa al consiglio dei ministri del 29 dicembre scorso, il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha ribadito la possibilità per le amministrazioni di prorogare le concessioni balneari al 31 dicembre 2024. Ciò in attesa che si concludano i lavori del tavolo tecnico «finalizzati all’adozione dei criteri tecnici per la determinazione della sussistenza della scarsità della risorsa». Insomma, l’esecutivo Meloni non rinuncia al tentativo di dimostrare che le spiagge non sono un bene scarso, al fine di disapplicare la Bolkestein; intanto invita i Comuni a una proroga ulteriore, mentre si dice «impegnato nell’individuazione con la Commissione europea di una soluzione». Ma la Commissione, nel parere del novembre scorso, ha ribadito che non c’è soluzione diversa dalla messa a gara. Insomma, prosegue il bluff del governo sulle concessioni: pur di ingannare gli elettori vale tutto. Ma non vale tutto per il Quirinale.

Il Quirinale

Già nel febbraio 2023, in sede di promulgazione della citata legge di conversione del Milleproroghe, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva espresso «specifiche e rilevanti perplessità» circa la nuova proroga delle concessioni balneari. Analoghi profili di contrasto «con il diritto europeo e, quindi, con il dettato costituzionale» sono stati rilevati dal Colle il 2 gennaio scorso anche riguardo alla proroga delle concessioni per il commercio ambulante, con una nota a margine della legge annuale sulla concorrenza appena promulgata.

Tale legge dispone, tra le altre cose, che le concessioni in essere, il cui termine sia scaduto nel 2020 e per le quali non si siano ancora concluse le procedure di assegnazione, vengano prorogate automaticamente per dodici anni, se tali procedure non termineranno entro sei mesi. Proroga «eccessiva e sproporzionata», a parere del Quirinale.

Quest’ultimo ha ricordato che le concessioni per gli ambulanti ricadono sotto la Bolkestein, quindi vanno messe a gara. Non sono consentite proroghe automatiche, come riconosciuto dalla giurisprudenza nazionale e della CgUe, oltre che dall’autorità Antitrust. Da ultimo, nell’ottobre 2023, il Cds ha ribadito che le concessioni per il commercio su aree pubbliche, come quelle balneari, cessino di produrre effetti il 31 dicembre 2023 e che eventuali ulteriori rinnovi normativi vadano disapplicati.

Detto tutto questo, considerati i dubbi di incostituzionalità espressi sulla nuova proroga come già su quella dello scorso anno, perché Mattarella continua a firmare le relative leggi, accompagnandole con una mera nota di richiamo ai presidenti delle Camere e a quello del Consiglio, anziché avvalersi della facoltà di rinviarle alle Camere, prevista dalla Costituzione (art. 74)?

© Riproduzione riservata