«La scuola è da rivoluzionare. È una scuola che esclude, che porta avanti il valore dell’individualismo. Vogliamo invece una scuola che sia modello di partecipazione per i ragazzi, che porti avanti la visione collettiva della società, che sia inclusiva, transfemminista, che includa tutte le minoranze». Così Ernesto, studente del liceo Cavour di Roma e dell’Osa, l’Opposizione studentesca d’alternativa, che ha preso parte a una delle mobilitazioni studentesche di ieri che si sono svolte in oltre 40 città, quasi ovunque pacificamente. Ma a Torino ci sono stati scontri con la polizia, quando alcuni manifestanti hanno provato a entrare nell’edificio dell’Unione degli industriali.

Una scuola diversa

Gli studenti chiedono un cambiamento radicale del sistema scolastico: che non si pensi solo al voto, come metro di giudizio assoluto, e che la scuola miri a formare la persona nella sua completezza, fatta di interessi e prospettive globali. E in questa riforma, chiedono che venga abolita l’alternanza scuola lavoro: «La morte dei due studenti, Giuseppe Lenoci e Lorenzo Parelli, dimostra la specifica volontà politica di trasformare la scuola da luogo di formazione a una specie di ufficio di collocamento, un modo per introiettare agli studenti una mentalità incline al precariato e all’instabilità sociale», denuncia Calaciurra.

Uno strumento, quello dell’alternanza scuola lavoro, che secondo Ernesto vuole abituare gli studenti a un mondo del lavoro fatto di «precariato, contratti, lavoro in nero», ma «non è il futuro che vogliamo», dice lo studente. E chiede le dimissioni del ministro Patrizio Bianchi, «come responsabile politico di quello che abbiamo visto nell’ultimo anno: una scuola invivibile e repressione, che nel pratico viene portata avanti da Lamorgese».

Gli studenti e le studentesse delle scuole superiori chiedono di poter scegliere il proprio presente e il proprio futuro, ma «le istituzioni sono un muro», dice Mattia Maurizi, al quarto anno del liceo scientifico Darwin e parte del collettivo Darwin, della Lupa e del Fronte della gioventù comunista.

Torino e Roma

A Torino, da settimane l’epicentro della protesta, ci sono stati scontri tra studenti e agenti di polizia davanti alla sede dell’Unione degli industriali. Sette i feriti tra le forze dell’ordine, sei carabinieri e un ufficiale di polizia, mentre una studentessa avrebbe riportato delle ferite alla testa.

Il sindacato dei lavoratori di polizia della Cgil ha chiesto agli studenti, con un comunicato, di prendere le distanze dagli episodi di violenza. Nella città piemontese il 28 gennaio la polizia aveva caricato gli studenti che manifestavano dopo la morte di Parelli, esercitando una violenza di cui poi si era chiesto conto alla ministra Luciana Lamorgese.

Nella capitale gli studenti hanno provato a fare una deviazione rispetto al percorso stabilito, per manifestare davanti all’Ufficio scolastico regionale, che a dicembre aveva emanato una circolare per incrementare i provvedimenti disciplinari nei confronti degli studenti che avevano occupato le scuole.

Un documento che ha messo in difficoltà chi siede tra i banchi: «C’è gente dell’ultimo anno che rischia la bocciatura», dice Calaciurra. Hanno poi ottenuto un incontro con i rappresentati dell’ufficio in cui hanno chiesto il ritiro della circolare e l’apertura di un tavolo permanente, che nonostante i buoni propositi dell’Ufficio non è stato aperto.

L’Usr, spiega lo studente del liceo Visconti, approva tutti i progetti di Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento). «Abbiamo fatto delle indagini sui percorsi e non hanno alcun valore formativo reale», dice, «essenzialmente è lavoro non pagato».

La Dad

«Noi abbiamo avuto un trauma didattico e Bianchi sembra essersene dimenticato», denuncia Calaciurra, spiegando che la reintroduzione del secondo scritto alla maturità, decisa recentemente dal ministro, danneggia gli studenti che sul piano didattico e personale hanno risentito molto dei due anni di pandemia. Gli studenti, dicono, non sono preparati per questo tipo di prova.

«Io personalmente la Dad l’ho vissuta male, come la può vivere un ragazzo di 16 anni, che ha bisogno solo di socialità», dice Maurizi, che racconta come molti studenti non avessero nemmeno a disposizione un computer e sono riusciti a ottenerlo solo alla fine dell’anno.

© Riproduzione riservata