«Non si può fare a meno di osservare che, se anche si arrivasse a ristrutturare lo stadio senza costruirne uno nuovo, il Comune non potrebbe poi farsi carico della sua gestione e manutenzione, che comportano costi esorbitanti, in mancanza degli introiti derivanti da un canone concessorio che può essere sostenuto solo da due squadre di Serie A». Parola di Beppe Sala.

Parole che il sindaco di Milano, indagato nella maxi inchiesta della procura meneghina sulla gestione dell’urbanistica, mette nero su bianco nella memoria presentata nelle scorse settimane al Tar della Lombardia. E che riguardano lo stadio Meazza, al centro di un fascicolo giudiziario ancora senza indagati ma anche dell’operazione di vendita ai club di Inter e Milan fortemente caldeggiata dal primo cittadino.

Operazione, tra l’altro, slittata a settembre proprio a causa della maxi inchiesta coordinata dall’aggiunta Tiziana Siciliano e in cui i riferimenti allo stadio non sono pochi: a profilarsi è una vera e propria corsa contro il tempo. A novembre, del resto, scatta il vincolo del secondo anello che renderebbe impossibile qualsiasi tipo di demolizione. E contro la demolizione del Meazza si è schierata da tempo una serie di attivisti e cittadini riuniti nel comitato che ha presentato denunce ed esposti non solo in procura a Milano, ma pure davanti agli organi della giustizia amministrativa e alla Corte dei Conti.

Per il “Sì Meazza” le parole di Sala – quelle sull’impossibilità del Comune di sobbarcarsi i costi di manutenzione e gestione – non corrisponderebbero alla realtà dei fatti. In un documento che verrà presentato questa mattina in conferenza stampa, il comitato snocciola infatti numeri e conti. 

«Per la manutenzione ordinaria e straordinaria e per l’innovazione bisogna prevedere un costo – scrivono gli attivisti – di 7.691.065 euro. Aggiungiamo pure un costo del personale di 1.800.000 euro: si ha un costo complessivo di 9 milioni e mezzo. A fronte invece del costo economico della demolizione dello stadio (52 milioni previsti dal documento del 5 settembre 2022, fatto proprio dalla Giunta)». 

I dati

Per il comitato si tratta di costi – i 9,5 milioni di euro – che, in base ai ricavi extra calcistici, potrebbero essere «coperti anche senza Milan e Inter». Sul totale dei ricavi pari a circa 36 milioni (annualità 2023-2024) della società che gestisce lo stadio – la M-I stadio srl – emerge quanto segue: i ricavi extracalcistici, scrive sempre il comitato, «corrisponderebbero al 69 per cento, mentre i ricavi di Inter e Milan al solo 30 per cento. Più in particolare: i ricavi dai concerti, nel periodo 2023-2024, sono stati pari a 11 milioni e 985 mila euro (33 per cento), i ricavi dai musei a 6 milioni e 802 mila euro (19 per cento), i ricavi da ristoro e bar a 1 milione e 800 mila euro (5 per cento) e quelli da gestione dell’impianto a 1 milione e 800 mila euro (5 per cento)». Tradotto: i ricavi extracalcistici hanno avuto un importo di «24.872 milioni di euro, quelli dei due club di 10.931 milioni». 

«Non bisogna trascurare – continua Sala nella memoria al Tar – che la proposta di acquisto delle squadre è vincolata al termine del 31 luglio 2025, decorso il quale è prevedibile che le stesse abbandonino il progetto riguardante lo stadio di San Siro e proseguano nei procedimenti già avviati con altre amministrazioni locali per la costruzione di due nuovi stadi fuori Milano (...) L’abbandono dello stadio di San Siro da parte di Milan e Inter – si legge ancora nella memoria –  da un lato priverebbe il Comune di Milano dell’indotto e del prestigio derivante dalla presenza di uno stadio per le squadre di sere A della città, nonché del progetto di riqualificazione dell’intero quartiere di cui le suddette squadre si farebbero carico. D’altro lato, comporterebbe il declino inevitabile dell’impianto, che rimarrebbe svuotato della sua funzione e gravato da costi di manutenzione e gestione cui il Comune di Milano non potrebbe far fronte e che sino ad oggi sono stati sopportati dalle squadre». Tuttavia per il comitato non sarebbe affatto così. 

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