«Mariella scusami, la situazione non si sblocca e allora l'unica scelta è quella di usare la forza. Tecnicamente è il direttore che impartisce l’ordine. Ovviamente puoi fare riferimento che viene dato di intesa con me». È la sera del 5 aprile 2020, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere è ancora in corso la protesta dei detenuti, per la paura del contagio da Covid-19. Una protesta in cui nessun atto violento è stato compiuto nei confronti degli agenti della polizia penitenziaria.

Alle 22.25 Antonio Fullone, provveditore delle carceri della regione Campania, considerato dai pm uno dei “registi” della spedizione punitiva del 6 aprile, invia questo messaggio a Maria Parenti (non indagata), vicedirettore e in quel momento reggente del carcere. Le dice che non c’è altra alternativa all’uso della forza per sedare la protesta, che poi terminerà grazie al dialogo. Un’ora e mezza dopo, Parenti scriverà al provveditore che la «protesta [è] rientrata».

È solo la prima delle chat acquisite dalla procura nell’indagine sulla «orribile mattanza» perpetrata dalle forze dell’ordine nell’istituto di pena campano il 6 aprile 2020. Chat che permettono di ricostruire le comunicazioni tra gli organizzatori della “perquisizione straordinaria” fatta di pestaggi e torture. Ma soprattutto il modo in cui è stato messo in atto una «deprecabile opera di depistaggio», come l’hanno definita i magistrati.

La notte prima della «orribile mattanza»

Un’ora e mezza dopo aver scritto alla reggente del carcere, Fullone parla con Pasquale Colucci, comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del carcere di Secondigliano e comandante del “Gruppo di supporto agli interventi” istituito a inizio pandemia, accusato di essere «autore, determinatore, organizzatore e regista» della mattanza.

È da poco passata mezzanotte. «Il personale di smcv è molto deluso», scrive il comandante della penitenziaria. «Si sono raccolti per contestare l’operato del comandante». Fullone risponde: «Lo so. Domani lo voglio chiamare. Rischiamo di perdere il carcere».

Alle 5.24 del mattino a scrivere al provveditore è Gaetano Manganelli, commissario coordinatore della polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, anche lui considerato uno dei “registi” della spedizione punitiva. «Dottore buon giorno io non riesco più a contenere le proteste. Al Nilo in particolare vogliono parlare con voi. Prima di dover agire in fase repressiva  io le sto provando tutte ma in questo è fondamentale la sua presenza...».

Montaggio di Carmen Baffi

La spedizione punitiva

Venti minuti dopo, alle 5.45, è Colucci a scrivere a Manganelli: «Se vengo però interveniamo». Alle 11.55 la risposta: «Dalle ore 15 comunque ci saranno problemi… Quindi comunque dovremo pianificare intervento… Oggi non avremo margini… Dovremo capire se fare solo la terza sezione o altre sezioni». I due sembrano sapere come andrà a finire e la voce corre anche fuori le chat dei “registi”: alle 12.36, in una chat della polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere - composta da circa 110 persone - si dà appuntamento a tutti: «Entro le 15.30 in tuta operativa tutti in Istituto. Si deve chiudere il Reparto Nilo (il reparto del carcere in cui sono presenti detenuti con problemi psicologici o di tossicodipendenza, ndr) x sempre, u tiemp re buone azioni e fernut. W la polizia penitenziaria». Il tempo delle buone azioni è finito, si passa alle maniere forti. Alcuni rispondono soddisfatti: «Chest me piace vengo in borghese che la tuta e lavata vengo così come sto…. Ragazzi tutti carichi».

Poco dopo le 13.30 però «non vi è alcuna rivolta» e «tutti i detenuti sono rientrati dai passeggi (nelle celle, ndr)», come scrive Manganelli a Fullone. Non cambia nulla, la spedizione punitiva si farà lo stesso: «4 ore di inferno… per loro», scriverà in serata a un collega il commissario Colucci.

Nel pomeriggio poi, il provveditore Fullone scrive anche all’ex capo del Dap Francesco Basentini, informandolo sulla “perquisizione straordinaria”: «Il personale aveva bisogno di un segnale forte e ho proceduto così». «Hai fatto benissimo», la risposta del magistrato voluto dall’allora ministro Alfonso Bonafede a capo dell’amministrazione penitenziaria.

Il commissario in trance

Il 7 aprile la notizia del pestaggio continua a correre sulle chat. «Il merito è tutto di Pasquale (Colucci, ndr) mi è stato detto», scrive il provveditore Fullone a Gaetano Diglio, direttore del carcere di Poggioreale (non indagato), mentre «Manganelli [era] completamente in trance», riferendosi al comandante della penitenziaria nel carcere.

È Manganelli a finire nel mirino di Fullone. «Sono molto preoccupato per Santa Maria. Allo sbando...», scrive il provveditore sempre a Diglio il 14 aprile. «Ho sentito nelle telefonate registrate voci che suggeriscono le domande e non sembrano confessioni ma estorte ad arte...». «Manganelli ha mollato proprio?», chiede il contatto. «Sì, una delusione totale, non si riesce a ricomporre la cosa», risponde Fullone. «Ma ti pare normale che ho dovuto io disporre la perquisizione straordinaria? ... per non parlare degli errori nella preparazione degli atti. Un disastro».

Il direttore di Poggioreale il 7 aprile conversa anche con il comandante Colucci. Anche il “regista” parla del ruolo di Manganelli: «Manganelli si è ripreso… Il personale mi è sembrato sollevato… .Non è salito… È stato tutto il tempo nel suo ufficio… I suoi ci hanno fatto un applauso… Lui mi ha mandato un messaggio stanotte…..Vabbè, allora è finito…..Mi dispiace ma è così… Doveva almeno ringraziare i ragazzi…». Colucci parla anche dei comportamenti tenuti durante la “perquisizione straordinaria”: «Ho fatto tagliare la barba a tutti».

Sulle chat corre la preoccupazioni che le notizie delle violenze possano uscire dal carcere durante le comunicazioni tra i detenuti e i familiari, come afferma il commissario Manganelli: «Massima prudenza sull’accoglienza. Non si muove nessun detenuto senza che lo dica», e poi «I familiari potrebbero fare registrazioni».

Le false fotografie

I “registi” della spedizione punitiva sono accusati dai pm di avere anche di aver depistato le indagini, con fotografie «oggetto di manipolazione informatica» per «creare ulteriori elementi calunniatori nei confronti dei detenuti» denunciati per le proteste nel carcere.

Nelle comunicazioni di notizie di reato scritte dopo la “rivolta” del 5 aprile, gli uomini del carcere scrivono infatti che «Per ristabilire l'ordine e la sicurezza del reparto, è stato necessario bonificare la totalità delle celle, nelle quali sono stati rinvenuti oggetti dì fattura rudimentale atti ad offendere: pentole colme di liquidi bollenti, accumuli di bombolette di gas pronte per essere lanciate, spranghe di ferro ecc..». Tutto questo non ci sarebbe stato, così si inizia a programmare la creazione di prove.

«Con discrezione e con qualcuno fidato fai delle foto a qualche spranga di ferro… In qualche cella in assenza di detenuti fotografa qualche pentolino su fornellino anche con acqua», scrive Anna Rita Costanzo, commissario capo responsabile del reparto Nilo, a un collega. Sulle foto poi hanno cercato anche di modificare le date, per far vedere che non erano state scattate l’8 aprile ma il 6 aprile, giorno della “perquisizione straordinaria”. 

«Abbiamo fatto delle foto eccellenti. Ma il comandante ci ha stoppati… ha detto di non esagerare», la risposta alla Costanzo, che insiste: «Fatene giusto qualcuna». La risposta non lascia spazio a equivoci: «Il comandante poi ha aggiunto chi ha esagerato deve assumersi la responsabilità...».

Un altro agente manda poi un audio alla Costanzo: «Per quanto riguarda l’altra questione abbiamo fatto l’inventario di tutto quello era stato rinvenuto soprattutto terza e quinta sezione durante l’operazione ed il buon Zampella con Gennaro ha fatto l’inventario tra tutti gli arnesi e pentolame e roba varia quello che era diciamo più potenzialmente pericolo oppure destinato all’offesa è stato inventariato con una decina di bastoni e altre pezzi di ferro ricavati mi pare sia dai tavolini che dal ping pong… Il comandante che non era molto per la quale rispetto a questa integrazione di sequestro perché sembrava un pò pretestuoso e discordante rispetto agli atti di ieri...».



 

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