«Come è duro lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale» diceva nella Commedia Cacciaguida al suo discendente Dante Alighieri, profetizzandogli un duro esilio. Nulla a che vedere con quello dell’ex priore Enzo Bianchi dopo la rottura, avvenuta lo scorso giugno, con la comunità di Bose da lui fondata nel 1965.

Il 13 maggio 2020, infatti, papa Francesco approvava il decreto singolare del suo allontanamento a tempo indeterminato dopo che, né le sue dimissioni formali né la guida dell’attuale priore Luciano Manicardi, avevano compresso il suo forte profilo costruito in decenni di carisma pastorale e una considerevole fortuna editoriale. Oggi che la leadership dell’ex priore è stata eclissata per decisione pontificia, non sono credibili un paio di tweet per parlare di esilio: negli scorsi mesi, Bianchi ha continuato a frequentare diocesi e partecipare a eventi, come se poco o nulla fosse realmente cambiato.

Il ritorno di Bianchi

Tra dicembre e gennaio, l’ex priore è stato invitato in due trasmissioni Rai - Porta a Porta e Rebus a parlare della «Bibbia laica» da lui curata per Einaudi. Incalzato da Vespa e Augias sul motivo del suo allontanamento, Bianchi non solo lo ha bollato come frutto di semplici incomprensioni, ma ha anche omesso che il suo esilio sia stato motivato nero su bianco e in modo perentorio da un decreto firmato dal segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, dopo mesi di indagini.

Dal documento, mai diffuso ufficialmente dal Vaticano eppure pubblicato su un blog, Silere Non Possum, emerge tutta la gravità che avrebbe giustificato la drastica decisione di Roma: «[Bianchi] ha mostrato di non aver rinunciato effettivamente al governo, interferendo in diversi modi, continuamente e gravemente sulla conduzione della medesima comunità e determinando una grave divisione nella vita fraterna. Si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità provocando lo scandalo» recita lo scritto.

Un epilogo che non solo Bianchi si guarda bene dal menzionare, ma troverebbe anche le resistenze di alcuni vescovi italiani, che tuttora pare si ostinino a perorarne la causa.

Nella zona grigia

Confinato fuori dal suo hortus conclusus, l’ex priore ha così trovato il suo equilibrio in una delle tante zone grigie figlie del pontificato di papa Francesco. Quanto pesa la visita apostolica svolta tra il 2019 e il 2020 e il decreto firmato dalla segreteria di Stato vaticana con toni perentori, se a Bianchi stesso viene tuttora concesso di muoversi non solo in ambiti accademici e culturali, ma anche da una diocesi all’altra, ospite dei vescovi italiani?

Il Festival delle religioni a San Miniato, la tavola rotonda alla Fondazione per le scienze religiose di Bologna, l’apertura dell’Assemblea diocesana di Pescara – dove pure sarà presente quest’anno –, il Convegno ecclesiale diocesano di Ariano Irpino, sono solo alcuni dei numerosi eventi ai quali l’ex priore ha partecipato nel 2021, stando alla fittissima agenda reperibile sul suo blog.

Ad Ariano Irpino era, inoltre, presente anche Goffredo Boselli, un altro membro di Bose allontanato dalla comunità, per il quale il punto 15 del decreto vaticano dispone che: «non potrà risiedere nello stesso domicilio di Fr. Enzo Bianchi e dovrà interrompere i contatti con lui». A quanto pare non in Irpinia, dove Bianchi era giunto qualche giorno prima, ospite allo Sponz Fest 2021 dell’organizzatore e artista Vinicio Capossela. Non proprio un «tristo esiglio» per l’ex priore, come invece pare emergere a puntate su alcuni suoi tweet.

Una cascina a Ivrea

A fine luglio scorso, una quarantina di giorni dopo il suo trasferimento a Torino, Bianchi acquistava un immobile ad Albiano d’Ivrea, a 15 chilometri da Bose. Stando alla visura catastale del comune di Albiano, il 26 luglio l’ex priore acquisiva un cascinale di considerevole valore, a giudicare dalla rendita catastale.

La coppia di custodi, che risiedevano nella cascina prima dell’acquisto, ha naturalmente dovuto traslocare, e in paese si parla di lavori di ristrutturazione di alcune parti dell’edificio.

Non è ancora noto ciò che l’ex priore intenda fare di un immobile di 18 vani, con tanto di giardino e sette ettari di terreno. Stando al punto 13 del decreto pontificio, Roma gli ha fatto divieto di fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali.

Cade anche l’ipotesi, portata recentemente a galla da alcuni rumors, che sia stato invitato dal vescovo emerito residente ad Albiano d’Ivrea, il 98enne mons. Luigi Bettazzi: «Niente di tutto questo» puntualizza Francesca Giaccone, responsabile della Fraternità Cisv a cui la diocesi d’Ivrea ha dato nel 1989 in comodato d’uso il Castello vescovile di Albiano.

«Da quando è diventato emerito, mons. Bettazzi condivide gli spazi con la nostra Fraternità e la sua amicizia con Enzo Bianchi non c’entra nulla con le scelte dell’ex priore di Bose». Dopo aver rifiutato di vivere nella pieve volterrana a Cellole di San Gimignano, inizialmente offertagli in comodato d’uso gratuito dalla stessa comunità di Bose, tutto fa pensare che Bianchi intenda «ricominciare» – come ha detto lui stesso in una delle interviste televisive ricordate – in un luogo lontano 15 chilometri dalla “sua” Bose.

Chissà se la sua ombra sarà così lunga da stendersi anche sulle future iniziative ecumeniche di cui l’attuale priore e due fratelli hanno parlato con il patriarca ecumenico Bartholomeos, che nei giorni scorsi li ha ricevuti a Istanbul. È il segno che a Bose la comunità vuole voltar pagina sul serio, con buona pace di Twitter.

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