Nei primi giorni di aprile l’esercito russo aveva proclamato l’inizio della seconda fase della sua “operazione militare speciale”. L’annuncio nascondeva il fallimento dell’attacco contro la capitale Kiev e l’intenzione di ridurre di concentrare le forze in tre settori principali: il Donbass, la città di Mariupol e il fronte meridionale tra Kherson e Mykolaiv.

A un mese dall’annuncio e migliaia di morti e feriti dopo, la situazione rimane di stallo su tutti i fronti. L’ambiziosa offensiva in Donbass ha portato ad avanzate di pochi chilometri. A Mariupol prosegue l’assedio allo stabilimento Azovstal dove sono asserragliati gli ultimi difensori ucraini, mentre a sud il temuto attacco russo verso ovest non si è ancora materializzato.

L’offensiva in Donbass

Iniziata lo scorso 18 aprile, l’offensiva per conquistare il Donbass è stata definita la più grande battaglia in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per l’esercito russo è l’ultima possibilità per ottenere una vittoria significativa nel breve periodo. Per questa ragione, i generali di Putin hanno concentrato nella regione il grosso delle forze militari disponibili.

Una vittoria in questa battaglia consentirebbe alla Russia di tramutare in realtà il riconoscimento dell’indipendenza delle cosiddette repubbliche autonome di Donetsk e Luhansk, che al momento occupano soltanto due terzi dei territori originali dei relativi “oblast”, le regioni amministrative in cui è suddivisa l’Ucraina.

Sulla carta è un’operazione promettente anche dal punto di vista militare: le truppe ucraine schierate in questa regione sono circondate da tre lati. Accerchiarle e costringerle alla resa sembrava un obiettivo alla portata dell’esercito russo.

Le cose, però, non sono andate secondo i piani. Il fronte corre lungo la cosidetta “linea di contatto” che divide i territori controllati dagli ucraini da quelli nelle mani dei separatisti di Donetsk e Luhansk, un’area altamente fortificata, dove si combatte da otto anni e presidiata da alcune delle migliori unità dell’esercito ucraino.

Nonostante l’imponente quantità di mezzi schierati, i russi non sono riusciti a sfondare in nessun settore. La “tenaglia” settentrionale dell’accerchiamento ha ottenuto alcuni successi, con l’occupazione della strategica cittadina di Izyum. Ma ora l’avanzata è ferma lungo il fiume Siverskyi Donets. Lo scorso fine settimana, un tentativo di attraversamento è stato respinto con la perdita di decine di veicoli e centinaia di soldati.

La “tenaglia” sud ha avuto difficoltà ancora maggiori. Dopo aver conquistato a caro prezzo la città di Popasna, i russi sono stati costretti a fermarsi a causa della resistenza nemica e della mancanza di truppe.

Secondo gli analisti dell’Institute for the Study of War, negli ultimi giorni l’esercito russo avrebbe abbandonato l’ambizioso tentativo di circondare gli ucraini lungo la direttrice Izyum-Popasna e avrebbe optato per un più modesto accerchiamento delle truppe che difendono Severodonetsk, una delle principali città del Donbass ancora difese dagli ucraini.

Il duello di artiglieria

La protagonista di questa seconda fase dei combattimenti è l’artiglieria. Per sopperire alla mancanza di truppe di fanteria e per superare le posizioni fortificate ucraine, infatti, la Russia sta facendo ampio uso dei suoi cannoni e dei suoi missili, mentre anche l’aviazione ha aumentato il numero di missioni di combattimento.

A Severodonetsk, dicono i militari ucraini, l’artiglieria russa ha sistematicamente distrutto grosse aree della città, costringendoli a una continua ritirata verso nuove posizioni fortificate; una strategia che ha consentito ai russi di avanzare lentamente, ma in modo metodico.

Per gli ucraini in questo momento sono particolarmente importanti le consegne delle famose “armi pesanti” da parte dei paesi Nato: obici e munizioni con cui rispondere al fuoco della superiore artiglieria russa, essenziali anche perché gli ucraini hanno ormai terminato le munizioni per i loro cannoni di calibro sovietico. Ottenere armi Nato significherà non solo avere nuove armi spesso più moderne ed efficaci, ma gli garantirà anche una fornitura di munizioni potenzialmente infinita, grazie all’industria dei paesi occidentali.

Venerdì, il ministero della Difesa ucraino ha pubblicato alcune fotografie degli primi obici consegnati dagli americani impegnati sul fronte del Donbass. A testimoniare l’efficacia di queste armi, nell’ultima settimana sono circolati anche diversi filmati che mostrano cannoni e posizioni di artiglieria russe distrutte dal fuoco di “controbatteria” degli ucraini.

Per il momento, però, gli ucraini dicono di non avere ancora abbastanza risorse per controbattere efficacemente i cannoni russi. Nuovi obici e nuove munizioni sono attesi nelle prossime settimane, mentre centinaia di soldati ucraini vengono addestrati in Lituania, Polonia e Germania all’utilizzo dell’artiglieria di tipo Nato.

Kharkiv

Mentre i russi continuano a premere contro le linee fortificate del Donbass, poco più a nord gli ucraini hanno lanciato un contrattacco di successo e sono riusciti a liberare buona parte delle campagne intorno a Kharkiv, la seconda città dell’Ucraina, sotto attacco fin dal primo giorno di guerra.

Le intenzioni dei russi, al momento, non sono chiare. Secondo alcuni analisti, l’avanzata ucraina li ha costretti a richiamare truppe da altri settori per evitare di essere spinti fino al confine con la Russia, mentre secondo il ministero della Difesa britannico sarebbero pronti ad abbandonare completamente l’area.

Mariupol e il sud

Le energie impegnate in Donbass da entrambi i contendenti hanno ridotto il numero di operazioni sugli altri fronti. A Mariupol, i russi sembrano aver rinunciato a prendere d’assalto lo stabilimento Azovstal, la grande acciaieria dove sono asserragliati circa duemila soldati ucraini, molti dei quali feriti.

Lo stabilimento viene continuamente bombardato da aerei e artiglieria pesante, compresi enormi mortai che sparano bombe da 130 chilogrammi. Ma i difensori, composti da elementi dell’ultranazionalista reggimento Azov e da marines, per il momento rifiutano di arrendersi. Senza possibilità di ricevere rifornimenti di cibo e munizioni, la loro resistenza ha comunque i giorni contati. Trattative sono in corso da giorni per portarli in salvo, ad esempio tramite uno scambio di prigionieri.

La situazione è di stallo anche nell’ultimo fronte attivo del conflitto: quello meridionale, situato nell’area che separa la città di Kherson, occupata dai russi, da Mykolaiv, ancora in mano ucraina. Secondo l’esercito ucraino, i russi avrebbero intenzione di lanciare un nuovo attacco in questa area, mentre sui media si parla spesso di un possibile sbarco a Odessa, ancora più a ovest, e addirittura di un’avanzata fino alla Transnistria filorussa. 

Ma a parte i continui bombardamenti su Mykolaiv, l’offensiva non si è ancora materializzata e gli esperti dubitano che i russi riusciranno mai a raccogliere forze sufficienti per metterla in atto. Dal canto loro, gli ucraini hanno invece condotto contrattacchi di successo e operazioni di sabotaggio dietro le linee nemiche.

Le prospettive

Complessivamente, la situazione militare sul campo in Ucraina è bloccata in uno stallo che non sembra possibile risolvere nel breve tempo. «I russi non stanno vincendo e nemmeno gli ucraini stanno vincendo», ha detto la scorsa settimana il generale Scott Berrier, capo dell’intelligence del dipartimento della Difesa americano, in una delle più nette e pessimistiche valutazioni tra quelle pubblicate di recente.

Il tempo sembra comunque essere dalla parte degli ucraini. L’esercito russo è già in difficoltà a causa della mancanza di truppe da schierare in prima linea, una situazione pressoché impossibile da risolvere senza ricorrere almeno a una parziale mobilitazione che Putin è restio a proclamare per ragioni politiche.

Gli ucraini, invece, non hanno di questi problemi. Il governo ha già proclamato la mobilitazione generale e proibito l’espatrio a tutti i maschi tra i 18 e i 60 anni. I primi riservisti richiamati all’inizio del conflitto stanno completando il loro periodo di addestramento e presto potranno essere inviati al fronte, mentre le consegne di armi da parte dei paesi Nato e degli Stati Uniti in particolare, sono sempre più rapide e massicce.

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