Il tribunale di Brescia ha assolto il pm milanese Paolo Storari dall’accusa di rivelazione d’ufficio, per aver consegnato all’allora consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, i verbali sull’esistenza della presunta loggia Ungheria. Il magistrato ha scelto il rito abbreviato, la procura aveva chiesto per lui una condanna a sei mesi. La motivazione sarà depositata in 15 giorni.

Sotto processo con la stessa imputazione rimane invece Davigo, che ha scelto il rito ordinario, e la prima udienza si svolgerà il 20 aprile.

La sentenza di assoluzione contro Storari solleva una sorta di conflitto interno anche a Brescia: il 10 gennaio era stata archivata l’indagine sul procuratore capo di Milano, Francesco Greco, per l’ipotesi di omissione di atti d’ufficio proprio per la mancata iscrizione denunciata da Storari. 

Tuttavia, intorno ai vertici della procura di Milano continuano ad essere in corso una serie di procedimenti, penali ma anche di incompatibilità ambientale presso il Csm.

Sullo sfondo rimane la nomina, attesa entro fine mese, del nuovo procuratore capo, dopo il pensionamento di Francesco Greco nel novembre scorso.

La versione di Storari e Davigo

Il processo che vedeva coindagati Davigo e Storari riguarda la condotta dei due nella gestione dei verbali sulla loggia Ungheria. Questi verbali erano stati resi dal legale esterno di Eni, Piero Amara, nell’ambito del processo Eni/Nigeria.

Storari, secondo quanto da lui stesso spiegato nell’interrogatorio al quale si è sottoposto durante l’udienza preliminare, ha spiegato di aver consegnato – nell’aprile 2020 – i verbali in formato word a Davigo per “autotutelarsi” in seguito a quella che lui riteneva una inerzia della procura di Milano nell’iscrivere la notizia di reato, anche dopo suoi solleciti.
Nelle tre ore di interrogatorio, Storari aveva sostenuto che la consegna dei verbali era lecita, perchè era stato rassicurato da Davigo sul fatto che «il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del Csm».

Invece, secondo la procura di Brescia, Storari avrebbe agito «al di fuori di ogni procedura formale», e «in assenza di una ragione d'ufficio che autorizzasse il disvelamento del contenuto di atti coperti dal segreto investigativo e senza investire i competenti organi istituzionali deputati alla vigilanza sull'attività degli uffici giudiziari».

Questa decisione, pur alleggerendo parzialmente la posizione di Davigo, non lo mette automaticamente al riparo da una possibile condanna.

Davigo, infatti, è imputato per aver «violato i doveri» legati alle sue funzioni e «abusato delle sue qualità» di consigliere, divulgando il contenuto dei verbali ad altri componenti del Csm, al consigliere giuridico di Sergio Mattarella per tramite del vicepresidente David Ermini e al presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, “in modo «informale e senza alcuna ragione ufficiale». Non a caso nella sua difesa Storari aveva parlato di affidamento incolpevole nei confronti di Davigo.

In entrambi i processi è costituito parte civile il consigliere del Csm, Sebastiano Ardita, che si ritiene danneggiato dalla divulgazione illecita dei verbali, in cui è presente anche il suo nome.

I verbali, inoltre, dopo il pensionamento di Davigo sono stati trafugati dallo studio e inviati alle redazioni del Fatto Quotidiano e di Repubblica e poi al consigliere Nino Di Matteo, che li ha resi pubblici durante un plenum del Csm.

La versione di Greco e Pedio

A Brescia, però, emerge un contrasto forte. Accanto al processo a Davigo e Storari, infatti, si sono svolte due indagini specchio a carico dell’allora procuratore capo, Francesco Greco e della sua aggiunta, Laura Pedio.

Pedio era titolare con Storari del procedimento nel quale sono stati resi i verbali sulla loggia Ungheria ed è con lei e con Greco che Storari ha detto di aver avuto contrasti e mancate risposte sulla necessità di iscrivere la notizia di reato. Proprio per questi contrasti lui avrebbe consegnato a Davigo i verbali.

L’ex procuratore capo di Milano è stato indagato indagato per omissione e rifiuto d’atto d’ufficio in relazione alla mancata apertura di un fascicolo sulla presunta loggia Ungheria, ma il gip di Brescia ha deciso per l’archiviazione.

Secondo il Gip, infatti, Storari avrebbe agito per “frustrazione” perchè non poteva indagare sulla loggia e ha definito “manifestamente infondate” le accuse a carico di Greco.

Per il gip non c’è stato alcun ritardo nelle indagini sulla presunta loggia perché dalle rivelazioni di Amara era emerso un quadro troppo «fluido» per procedere con l’apertura di un fascicolo con una lista di indagati.

Inoltre, aveva sottolineato che non erano ancora chiare “le reali finalità, quantomeno improvvide” della consegna dei verbali da Storari a Davigo. Una valutazione che non è stata condivisa dal gup, che ha assolto Storari.

Ancora non si è chiuso, invece, il procedimento a carico di Laura Pedio, tutt’ora indagata per omissione di atti di ufficio per la vicenda della mancata iscrizione.

L’interrogativo, dunque, è se esista una condotta penalmente rilevante nei fatti che hanno riguardato i verbali di Amara e la Loggia Ungheria. L’assoluzione di Storari. infatti, rende lecito il passaggio di mano dei verbali, giustificato dal magistrato milanese con l’inerzia del suo ufficio. La precedente archiviazione di Greco, invece, sancisce la correttezza nell’agire della procura sull’iscrizione della notizia di reato.

Le ragioni dello scontro: l’inchiesta Eni

All’origine dello scontro interno alla procura, però, c’è la gestione dell’indagine per il processo Eni/Nigeria nel suo filone principale. Anche queste condotte sono al vaglio dei magistrati di Brescia, che hanno aperto una ulteriore indagine nei confronti dei magistrati Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, con l’ipotesi di rifiuto d’atti d’ufficio.

Secondo gli inquirenti, che hanno chiesto una proroga delle indagini, i due magistrati avrebbero omesso di mettere a disposizione delle difese e del Tribunale alcune prove sulla falsità delle accuse portate avanti dall’ex manager di Eni, Vincenzo Armanna, testimone chiave dell’accusa nel processo Eni/Nigeria. Inoltre, non sarebbe stato depositato anche un video tra Armanna e Amara in cui si parla di come calunniare i vertici Eni.

Proprio questo filone principale sarebbe collegato anche alle vicende che hanno visto contrapposti Storari e Davigo a Greco e Pedio. Secondo Storari, infatti, la ragione dietro la contrarietà di Pedio e Greco ad aprire tempestivamente un’inchiesta sulla presunta loggia Ungheria sarebbe stata di tutelare il processo principale Eni/Nigeria.

L’ipotesi, sempre negata dai vertici di Milano che hanno ribadito in tutte le sedi la correttezza del loro operato procedurale, sarebbe la seguente: dopo le dichiarazioni di Amara sulla loggia Ungheria le strade erano due. Se non lo si riteneva attendibile, si poteva indagarlo per calunnia, altrimenti si sarebbe dovuto aprire un fascicolo di indagine a carico dei presunti membri della loggia. Per circa sei mesi, però, la procura non ha aperto fascicoli.

Questo, secondo Storari, sarebbe servito a preservare integra l’attendibilità di Amara nel processo principale a Eni, che comunque si è concluso con l’assoluzione in primo grado dei vertici dell’azienda.

Secondo Greco, invece, l’iscrizione nel registro delle notizie di reato è avvenuto appena si è ritenuto che ci fossero sufficienti elementi per farlo, senza che altre inchieste influissero sulla decisione.

Il Csm

Tutt’ora in corso a Milano è anche un procedimento per incompatibilità ambientale, aperto dalla prima commissione dell Csm a carico di Storari e del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale. 

Il Csm deve valutare se i magistrati possano rimanere a lavorare in quell’ufficio oppure se la vicenda della gestione del processo Eni possa turbare la serenità della procura e dunque debbano essere trasferiti. La decisione del Csm è attesa a settimane.

Storari, inoltre, è anche sotto procedimento disciplinare al Csm: le contestazioni solo di divulgazione dei verbali e di «comportamento gravemente scorretto» nei confronti di Greco e Pedio da lui accusati di immobilismo «omettendo, però, di comunicare a questi il proprio dissenso per la mancata iscrizione» di Amara, e di formalizzare con una lettera agli organi competenti il suo disappunto «circa le modalità di gestione delle indagini».

Storari si è difeso presentando memorie e non è stata accolta la richiesta del pg di cassazione – che sostiene l’accusa nei procedimenti disciplinari – di trasferimento cautelare da Milano e cambio di funzioni. Tuttavia, il procedimento disciplinare è ancora in corso.

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