Cari lettori,

la newsletter di oggi è particolarmente ricca e si apre con il racconto del cosiddetto “caso Salvi”, che sta occupando le cronache giudiziarie da giorni. Il tema è lo scontro tra il quasi ex procuratore generale di Cassazione e l’ex magistrato Luca Palamara, in merito a come è stata esercitata l’azione disciplinare in seguito allo scandalo dell’Hotel Champagne.

Di questo si discuterà anche durante l’assemblea dell’Anm di sabato 2 luglio, che si occuperà anche delle prospettive della riforma dell’ordinamento giudiziari appena approvata.

A questo è dedicato il commento ospitato nella newsletter di oggi, a firma del magistrato Andrea Reale, membro dell’Anm e del gruppo Articolo 101. Secondo Reale, infatti, la riforma non risolve il problema del correntismo e lascia irrisolta anche la cosiddetta questione morale.

Indette le elezioni del Csm

Si prospetta un’estate di campagna elettorale per la magistratura. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha indetto per i giorni 18 e 19 settembre 2022 la elezione dei suoi venti componenti magistrati. Contestualmente il Capo dello Stato ha invitato il Presidente della Camera dei Deputati a provvedere, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, alla convocazione del Parlamento in seduta comune per la elezione dei dieci componenti di designazione parlamentare dello stesso Consiglio Superiore, informando di ciò il Presidente del Senato della Repubblica, il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura in carica e il Ministro della Giustizia.

Tradotto: entro fine settembre (l’attuale Csm scade il 25 settembre) verrà composto il nuovo Csm individuato con la legge elettorale della riforma Cartabia, con 20 togati e 10 laici. E la corsa è già cominciata.

Il caso Salvi

Da giorni, ormai, infiamma la polemica sulla gestione dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati che chattavano con Luca Palamara. Al centro c’è il procuratore generale di Cassazione ormai uscente, Giovanni Salvi, che terminerà la carriera il 9 luglio.

Qui ho ricostruito i passaggi dello scontro, nato con la denuncia del magistrato in pensione Rosario Russo e poi con l’intervista di Salvi al Correre della Sera, a cui è seguita la dura replica di Palamara. Domani, 2 luglio, anche l’Anm tornerà ad occuparsi di come il disciplinare è stato gestito e se ci siano stati livelli di impunità.

La riunione del Cdc dell’Anm

Sabato 2 luglio si svolge la riunione del Comitato direttivo centrale, in cui si discute della riforma dell'ordinamento giudiziario approvata definitivamente nelle scorse settimane. Il punto più atteso all’ordine del giorno, però, è quello che riguarda i procedimenti disciplinari e per incompatibilità ambientale sulle condotte emerse dalle chat del caso Palamara, per valutare efficacia e uniformità dei criteri di giudizio adottati. 

L’esperimento del sorteggio

Si stanno preparando le candidature per la prossima tornata elettorale al Csm. Non tutti, però, intendono seguire il metodo standard: il Comitato Altra Proposta ha promosso il metodo di selezione con il sorteggio, fatto l’8 febbraio presso uno studio notarile di Roma. I sorteggiati sono stati contattati per acquisirne la candidatura, tenendo conto di come sono stati disegnati i nuovi collegi.

“Abbiamo voluto offrire ad ogni magistrato elettore la possibilità di votare un collega individuato mediante sorteggio e, quindi, al di fuori delle logiche corretizie. A dimostrazione del fatto che, anche a Costituzione invariata, il metodo del sorteggio può essere validamente seguito”, si legge nel comunicato del comitato.

Ecco l’elenco dei candidati che hanno dato la loro disponibilità:

Giudici, collegio 1: Anna Maria Dalla Libera (corte d’appello di Brescia) e Massimo Galli (tribunale di Treviso).

collegio 2: Mario Erminio Malagnino (tribunale di Roma) e Serafina Cannatà (tribunale di Firenze)

collegio 3: Massimiliano Sacchi (corte d’appello di Napoli) e Maria Rosaria Pupo (corte d’appello di Napoli)

collegio 4: Veronica Vaccaro (tribunale di Gela) e Paolo Moroni (tribunale di Lecce)

Pm, collegio 1: Patrizia Foiera (sostituto procura Trento)

collegio 2: Greta Aloisi (sostituto procura Teramo)

Cassazione: Giacomo Rocchi (giudice corte di Cassazione)

No all’estradizione degli ex terroristi

La Chambre de l’Instruction della Corte d'appello di Parigi ha negato l’estradizione richiesta dall’Italia per i dieci ex terroristi rossi arrestati nell’ambito dell’operazione “Ombre rosse” nell’aprile 2021.

L’operazione del 2021 aveva portato in carcere a Parigi sette ex terroristi, mentre altri tre risultano ricercati. Dei fermati, quattro sono stati condannati all’ergastolo dalla giustizia italiana: gli ex Br Roberta Cappelli (66 anni) responsabile degli omicidi, tra il 1979 e il 1981, del generale Enrico Riziero Galvaligi, dell’agente di polizia Michele Granato e del vicequestore Sebastiano Vinci; Marina Petrella (67 anni) condannata per vari sequestri e per l’omicidio del generale Galvaligi; Sergio Tornaghi (63 anni) condannato per l’omicidio dell’industriale Renato Briano e l’ex membro dei Nuclei armati contropotere territoriale, Narciso Manenti (65 anni) condannato per l’omicidio dell’appuntato Giuseppe Guerrieri nel 1979.

Gli altri tre fermati sono gli ex Br Giovanni Alimonti (66 anni), condannato a 11 anni e 6 mesi per il tentato omicidio del dirigente della Digos Nicola Simone nel 1982; Enzo Calvitti (66 anni), condannato a 18 anni e 7 mesi per gli omicidi dell’agente Raffaele Cinotti e del vicequestore Sebastiano Vinci nel 1981 oltre che per l’attentato contro Simone e, infine, Giorgio Pietrostefani, ex militante di Lotta continua. Il suo è forse il nome più conosciuto: 78 anni, è stato condannato a 22 anni come mandante, insieme ad Adriano Sofri e Ovidio Bompressi, per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, nel 1972.

La decisione del tribunale francese ha suscitato forti reazioni politiche in Italia, a cui si è aggiunta anche la nota della ministra della Giustizia, Marta Cartabia: «Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza. Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. L’unica a poter presentare eventuali ricorsi contro il provvedimento. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall’intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia».

Dopo la decisione, il ministro della Giustizia francese Eric Dupond-Moretti ha telefonato a Cartabia, per ribadire il rapporto di reciproca fiducia, visto che proprio da un loro colloquio, un anno fa, era nata la svolta rispetto alla dottrina Mitterand che aveva portato il governo francese alla decisione di inoltrare le richieste di estradizione degli ex terroristi italiani.

Verso il sì all’equo compenso per gli avvocati

La commissione Giustizia del senato ha approvato all’unanimità la legge sull’equo compenso, a cui ora manca solo l’ultimo passaggio nell’Aula di palazzo Madama, prevista probabilmente entro fine luglio. 

Il testo prevede che la remunerazione per le prestazioni dei professionisti sia proporzionata “alla quantità e alla qualità del lavoro svolto”, e “conforme” a quanto prevedono i parametri ministeriali per le varie categorie (avvocati, ingegneri, consulenti del lavoro, commercialisti, e cosi' via).

Il provvedimento dispone che siano “nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata", e che non si può pattuire un pagamento “inferiore agli importi stabiliti dai parametri ministeriali” per la liquidazione di quanto spetta agli iscritti ad ordini e collegi. 

L’equo compenso vale anche per i rapporti regolati da convenzioni per svolgere attività in favore di “imprese bancarie e assicurative” e di aziende che hanno più di 50 lavoratori o ricavi annui superiori al 10 milioni di euro. L’obiettivo di queste nuove norme, che aggiornano la legge sull’equo compenso approvata nel 2017, servono a tutelare i professionisti dai cosiddetti “committenti forti”.

Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto ha detto che si tratta di un «obiettivo importante per i professionisti per troppo tempo ai margini della politica», ma permangono dubbi sia da parte di alcune associazioni di avvocati che del Movimento 5 Stelle, che ha parlato di «compromesso al ribasso».

Commissariato il Coa di Napoli Nord

Il Tar Campania ha accolto l’istanza di scioglimento del consiglio dell’ordine degli avvocati di Napoli Nord e il commissario straordinari o (come deciso dal ministero della Giustizia a settembre 2021) sarà Fabio Benigni del Foro di Avellino.

La questione ha avuto vari gradi di complessità: nel settembre 2021 si erano dimessi 11 consiglieri su 21 e, venendo meno il quorum costitutivo, il ministero della Giustizia aveva commissariato l’ordine. Successivamente, però, l’insediamento del commissario era stato fermato dal fatto che gli 11 dimissionari erano stati sostituiti con la nomina di nuovi consiglieri. La procedura è finita davanti al Tar, che ha respinto l’istanza degli attuali consiglieri in carica che avevano ricostituito il consiglio e stabilito che il Coa è commissariato.

Toccherà adesso al commissario convocare l’assemblea per l’elezione del consiglio entro 120 giorni. Elezioni che tuttavia arriveranno quasi a ridosso della cessazione naturale dalla carica dei consiglieri, visto che l’ordine sarebbe andato comunque a elezioni a inizio del 2023.

Magistratura democratica e il caso Tortora

La rivista di Md, "Questione giustizia", ha deciso di pubblicare alcuni documenti sul caso Tortora, ovvero il drammatico caso di errore giudiziario di cui fu vittima il conduttore televisivo Enzo Tortora.

In un articolo a firma del direttore Nello Rossi, si ripercorrono le tappe di quella vicenda in seno agli organi di rappresentanza della magistratura, con l'obiettivo di mostrare come la magistratura italiana non fu un monolite schierato alla cieca anche di fronte ai clamorosi errori giudiziari commessi.

"Ripubblicare, a distanza di decenni, documenti che attestano le posizioni assunte da Md sulla vicenda giudiziaria di Enzo Tortora e le veementi reazioni che suscitarono nella corporazione concorre a ristabilire la verità sulle radici lontane del garantismo dei magistrati democratici. Questa “operazione verità” è indispensabile per contrastare una vulgata ingannevole, che dura sino ad oggi, sulla natura e sulla fisionomia di questo gruppo di magistrati", scrive Rossi, esibendo le posizioni dure di Md sia nei confronti dei magistrati responsabili dell'indagine, che della decisione del Csm di archviare il procedimento disciplinare contro di loro.

La lettura è interessante perchè aiuta a ricostruire alcuni passaggi lontani ormai nel tempo, e ha suscitato la reazione del presidente dell'Unione camere penali italiane, Giandomenico Caiazza. "Se questa iniziativa di “Questione Giustizia” e del suo direttore vuole rivendicare una nobiltà della storia del correntismo all’interno della magistratura, con noi penalisti sfonda una porta aperta", scrive Caiazza, "Il problema non sono le correnti, ma la loro degenerazione in meri luoghi di amministrazione del potere (giudiziario). Comprendo l’orgoglio per quella rivendicazione, ma ciò che dobbiamo domandarci oggi è cosa sia rimasto di quelle spinte ideali, di quella indipendenza di pensiero, e soprattutto di quella attenzione alle garanzie ed ai diritti nei processi; e semmai, come poterli recuperare".

Il dibattito parte da un caso del passato ma arriva al presente e alla crisi che ha colpito la magistratura dal caso Palamara in poi. Il dibattito su come rigenerare la categoria è stato continuo in questi anni - anche su questa newsletter - i risultati si vedranno già a partire dal prossimo Csm, ma qui continueremo a discuterne e lo spazio è aperto a chiunque voglia commentare.

Lo sciopero dei penalisti

L’Unione nazionale delle camere penali ha proclamato due giorni di astensione dalle udienze, il 27 e il 28 giugno, a difesa dei principi cardine del giusto processo.

In particolare, gli avvocati penalisti protestano contro la compromissione del diritto dell'imputato a essere giudicato dal medesimo giudice che ha raccolto la prova in dibattimento, secondo i principi di oralità e immediatezza.

La questione riguarda la prassi ormai invalsa in molte grandi procure per cui, a fronte dei continui cambi di composizione dei collegi per cause amministrative e trasferimenti, la prova in dibattimento non venga rinnovata davanti al nuovo giudice, ma ci si limit alla visione della videoregistrazione delle testimonianze.

Questo, secondo le Camere penali, cozza con il principio del giusto processo che impone al giudice di assistere a tutte le fasi del dibattimento, per poterne valutare ogni aspetto. 

«Si vuole dare un segnale forte alla politica perchè intervenga affinchè i processi vengano decisi dai giudici che hanno acquisito le dichiarazioni dei testimoni; da quei giudici che hanno avuto modo di vedere in faccia coloro che hanno reso le dichiarazioni sulla base delle quali si fonderà la decisione di condanna o assoluzione. "E' un principio fondamentale contenuto, innanzitutto, all'interno della nostra Costituzione», scrive in una nota la Camera penale di Milano.

Ancora ricorsi sulle nomine del Csm, ora è Trapani

Continuano i ricorsi contro le nomine del Csm, molti dei quali vengono accolti dai tribunali amministrativi. Dopo il ricorso nei confronti della nomina di Marcello Viola alla guida della procura di Milano su cui si attende una decisione, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal procuratore di Enna Massimo Palmeri, contro la nomina a procuratore di Trapani del magistrato Gabriele Paci, già procuratore aggiunto di Caltanissetta.

Tra i motivi per cui il ricorso è stato accolto, la mancata valutazione dei titoli di Palmieri, che vantava esperienze direttive contro quelle semidirettive di Paci. Il tema è ormai la nemesi del Csm, che torna a veder messa in discussione la sua discrezionalità decisionale nelle nomine dei vertici degli uffici giudiziari sulla base delle sue stesse linee guida. Con il risultato che la giurisprudenza (simile a quella del caso Prestipino su Roma) si sta ormai cristallizzando sul fatto che – tra i contendenti ad un incarico – il pregresso svolgimento di incarichi direttivi superi anche le specifiche competenze.

Il Csm dovrà procedere nuovamente alla nomina del capo della procura di Trapani, sulla base dei principi stabiliti dal Tar.

L’esito del caso Potenza

Ribaltamento del caso di Potenza risalente all’aprile scorso. Ricostruendo i fatti: l’avvocato potentino Antonio Muraro chiede il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento: la notte prima si è sentito male, ha chiamato il suo medico e si è fatto rilasciare certificato medico, che deposita insieme alla richiesta.

Il collegio del tribunale accoglie l’istanza e rinvia l’udienza, senza sollevare alcun tipo di obiezione. A non condividere la scelta è il pm, Giuseppe Borriello, il quale chiede al giudice di disporre una verifica sullo stato di salute dell’avvocato difensore e di inviare alla procura il certificato medico. Il collegio, però, rigetta entrambe le richieste valutando che non siano necessarie ulteriori verifiche sullo stato di salute del legale.

Il pm, però, ritiene di procedere comunque in modo autonomo: nel pomeriggio, infatti, invia un medico accompagnato da due carabinieri in casa dell’avvocato per verificare le sue condizioni di salute. Murano decide di collaborare e si fa visitare e, dopo questo accertamento, l’avvocato scopre di essere indagato.

Il caso aveva sollevato l’indignazione degli avvocati potentini, ma la procura non aveva arretrato dalla sua posizione. 

In settimana, il gip di Potenza ha disposto oggi il giudizio immediato per tre avvocati di Rionero in Vulture (Antonio, Donato e Pasquale Murano), un medico, un suo collaboratore e un sottufficiale dei carabinieri forestali, per 16 capi di accusa che vanno dal falso in atto pubblico al falso per induzione e alla falsa attestazione in atti destinati all'autorità giudiziaria.

Al centro dell'accusa il rilascio di “plurimi certificati medici” per ottenere il rinvio di alcune udienze il cui imputato era il sottufficiale dei carabinieri forestali, attualmente sospeso dal servizio, accusato di "gravi reati contro la pubblica amministrazione”. 

Riapertura dei tribunali

Nonostante di Covid si parli assai meno, la questione della riapertura effettiva dei tribunali è ancora da risolversi.

Il consiglio regionale della Lombardia ha chiesto di riaprire i tribunali chiusi, approvando una proposta di legge che prevede la possibilità per le Regioni di richiedere al Ministero, con apposite convenzioni, il ripristino delle funzioni giudiziarie dei tribunali ordinari e delle Procure della Repubblica nelle singole province dei loro territori. Le spese di gestione e di manutenzione degli immobili che ospiteranno gli uffici giudiziari sarebbe a carico della Regione, mentre quelle relative alla retribuzione dei magistrati, del personale amministrativo e della polizia giudiziaria, devono rientrare nel bilancio dello Stato.

I numeri sul carcere

La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha partecipato alla cerimonia per il 205esimo anno di fondazione del Corpo della polizia penitenziaria e fornito alcuni dati sulla situazione carceraria.

- 26 suicidi tra i detenuti solo in questa prima metà dell'anno; 3 anche tra gli agenti;

- 493 episodi di aggressioni subite dagli agenti fino ad oggi nel 2022;

- Sono attualmente presenti 36.338 agenti, sui 41mila della pianta organica. «Cinquemila persone in meno non sono affatto poche, soprattutto in relazione ad una pianta organica già ridimensionata negli anni e a fronte di una popolazione di detenuti invece superiore al previsto», ha detto Cartabia, in vista anche dell'ampliamento dei posti letto e degli spazi trattamentali con gli 8 padiglioni inseriti nei fondi complementari del Pnrr.

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