Chissà se un giorno qualcuno scriverà un poema epico sul duello tra Elon Musk e Mark Zuckerberg. In fondo sarebbe coerente visto il desiderio di Musk di sfidarsi nel solco della migliore tradizione classica. Certo non sarà semplice cantarli come i novelli Ettore e Achille: immaginate di mettere in esametri il saluto di Zuckerberg alla moglie davanti alle porte della Silicon Valley, o le imprese di “XÆA-XII”, il figlio di Musk, che vendica il padre dopo la caduta di Twitter.

Gli archetipi

Al di là dell’ironia, cercare analogie tra i due tycoon del nostro tempo e gli eroi della saga omerica ci permette una più seria riflessione su 3200 anni di civilizzazione. È curioso, ad esempio, osservare come entrambi gli scontri si svolgano tra personaggi provenienti dal medesimo “mondo”: oggi due multimiliardari dediti alla conquista di nuove frontiere tecnologiche, ieri un acheo e un troiano che condividevano la stessa cornice di tradizioni, lingua e discendenza divina.

La ragione del contendere non è la sottomissione di popoli barbari, semmai la volontà di conquistare un nodo cruciale del commercio, unito a una buona dose di esibizione di mascolinità. E nel XXI secolo possedere più followers sui propri social non solo permette di governare i Dardanelli della comunicazione globale, ma serve a nutrire l’ego dei duellanti, almeno quanto l’amore della donna più bella del mondo.

Musk e Zuckerberg sono quindi due archetipi dell’epica della nostra civiltà, tanto quanto i loro antenati: incarnazioni della forza e della potenza applicata. La stessa forza che, come ammoniva Simon Weil, è in grado di trasformare le persone in oggetti: nel loro caso, dati e profili da commercializzare. E come gli eroi antichi, i nostri nuovi duellanti hanno la loro hybris: il tracotante orgoglio che li porta a sfidare il fato nel tentativo di piegare persino la natura. Musk vuole colonizzare Marte, Zuckerberg trasferirci tutti nel Metaverso. Si affrontano ben sapendo che la “divina gloria mediatica” porta con sé un premio che va ben oltre i dividendi azionari.

Senza limiti

Solo che i “nostri eroi” mostrano una sostanziale differenza rispetto ai loro omologhi classici: quest’ultimi erano ben consapevoli che soddisfare l’hybris avrebbe imposto un prezzo salato. Achille conosceva il suo fato e, tuttavia, lo ha scelto in quanto ineluttabile, diventando l’emblema più celebre del destino infausto che si abbatte su chiunque superi il limite, uomo o dio che sia. Fetonte cade per voler condurre il carro di Apollo, Icaro per il desiderio di volare troppo in alto. Lo stesso nome del titano che incarna la diffusione della conoscenza e della tecnica, Prometeo, “colui che riflette prima”, ci dice che la decisione di regalare il fuoco all’uomo, venendo per questo punito, doveva essere ben meditata.

Ma gli uomini di oggi, persino quelli che si atteggiano a semidei, sono in grado di prevedere e ponderare le conseguenze della loro hybris? L’idea greca di un prezzo da pagare per la gloria è stata sostituita con un principio opposto che ha origine nella genesi biblica e arriva fino all’èra atomica: quella di un’umanità a cui Dio ha conferito potere su tutto il creato.

La tecnica ci ha permesso di sopravvivere e prosperare, ma, senza la minaccia di un’aquila che ci venga a strappare il fegato, perché mai darsi un limite? Così ora, quella natura piegata al nostro volere senza “riflettere prima” si prende la sua rivincita, mentre eroi molto meglio armati di Musk e Zuckerberg si sfidano alla mutua reciproca distruzione.

È probabile che leggere Omero non ci abbia insegnato granché: rimaniamo convinti, a ragion fondata, che la tecnica ci permetterà di superare ogni conseguenza delle nostre azioni con nuove mirabolanti soluzioni. Potrà essere l’energia illimitata della fusione nucleare o l’esodo su un altro pianeta. In attesa di scoprirlo, val la pena ricordarsi che il teatro classico aveva un nome per indicare questo lieto fine insperato e risolutorio: “deus ex machina”. A volte giungeva, a volte no e, in questo caso, era una vera tragedia.

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