Negli anni Ottanta, una vignetta di Altan ritraeva una donna con un bimbo in braccio, che dice al marito muratore: “Antò, il bambino tiene fame” e lui: “Aspettiamo il congresso della Dc”. Dopo il pessimo risultato elettorale il Pd pensa alle primarie e al congresso. La destra al governo attua, in parte, le promesse che l'han fatta vincere; ciò non implica che il Pd debba restare inerte come un pugile suonato. L'opposizione deve difendere la democrazia liberale, anziché restare inerte donando sangue alla destra.

La legge di bilancio, passata in extremis, all'articolo 1 ha 903 commi; la presidente Giorgia Meloni dice bene, da lustri è così, e il tempo è stato breve.

Certo, le risorse erano poche, ma le ha usate in direzione opposta all'interesse comune; aggrava storiche arretratezze nostre, soprattutto minaccia al cuore la Repubblica.

Partiamo dal bilancio. I pochi spazi residui dopo i contributi alle bollette sono stati sprecati. Male ampliare la flat tax per gli autonomi che discrimina fra redditi uguali, frena la crescita delle micro imprese (annoso problema nostro), falsa i dati, induce a “travestire” da autonomi i dipendenti, distorce il panorama complicando la gestione economica.

Le storture di “Quota 103” sono in parte finanziate dallo stop all'indicizzazione di pensioni non sontuose. Le grossolane modifiche al Reddito di Cittadinanza ignorano le proposte della “Commissione Saraceno” (lo fece anche il governo Draghi).

Meloni poteva rifarsi al ben più efficace Reddito d'Inclusione, il cui solo difetto era la troppo magra dotazione finanziaria. Non avrà voluto, come il M5s, riconoscere l'utilità del lavoro di governi a guida Pd; meglio far tutto daccapo, intestarsi, sola, il provvedimento.

Ma c'è di peggio, e molto: nei favori al calcio, legibus solutus nonostante le violenze ultra, nelle misure cervellotiche sui migranti, nelle critiche controproducenti alla Bce, nel blocco alla pur minima riforma fiscale; soprattutto, nel preoccupante, confuso disegno istituzionale.

In attesa del congresso

Meloni vorrebbe rivoluzionare la Repubblica in questa legislatura; con una proposta di presidenzialismo ancora molto vaga, intende rafforzare i poteri di governo centrale.

Al contempo un'altra forza di maggioranza (che ancora si chiama “Lega per Salvini Premier”) vuole un'autonomia regionale differenziata che spaccherebbe il Paese in due, svuotando di senso il governo centrale dello stesso Stato che il presidenzialismo vorrebbe rafforzare; ne ha qui scritto Innocenzo Cipolletta il 9 Gennaio. Vogliamo davvero che questo duplice, tragico errore paralizzi l'Italia per cinque anni?

Da una legge di bilancio nociva al paese, ai piani istituzionali contraddittori, la destra a prima vista pare un Apprendista stregone, ma la realtà è peggiore; essa rigetta proprio il corpus politico-istituzionale della Repubblica nata dall'Assemblea Costituente.

Davanti a tale preoccupante scenario l'afasia del Pd non si spiega. La destra interpreta la vittoria elettorale come la rivincita sulla Costituente, cui per ottime ragioni non partecipò il padre dei Fratelli d'Italia; il Movimento Sociale Italiano che nel nome richiama la tragedia di Salò, la cui fiamma tricolore è il simbolo del partito di Meloni.

I connotati della Repubblica dovrebbero essere cambiati da un parlamento eletto per un terzo in collegi maggioritari, mentre la Costituente fu eletta col proporzionale. Il Pd attende il congresso, ma si accorge che la Repubblica è a rischio?

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