- Il filosofo coreano, ma educato in Germania, Byung-Chul Han è un esempio tipico di intellettuale apocalittico, nel senso teorizzato da Umberto Eco nel suo intramontabile Apocalittici e integrati (Bompiani 1964).
- Come dimostra bene il suo ultimo libro Le non cose (Einaudi 2022), Byung-Chul Han, nella sua deprecazione degli effetti che la rivoluzione digitale produce sulla cultura e sull’informazione tende a dimenticare che alcuni dei fenomeni che condanna sono invece presenti da sempre.
- Nel suo rimpianto per gli oggetti “maneggevoli” del passato Byung-Chul Han non riesce a nascondere di avere una visione penitenziale del sapere: per essere profondi bisogna soffrire, e tutto quello che alleggerisce e semplifica la vita si traduce per lui in una perdita di senso.
Da quando è apparso Apocalittici e integrati di Umberto Eco, sono passati quasi sessant’anni, i due termini sono diventati uno slogan, utilissimo quando si tratta di identificare chi nelle novità della cultura di massa e nelle trasformazioni tecnologiche vede la perdita di tutto quanto faceva bella, nobile e umana la vita del passato e chi invece nelle novità ci sguazza. I due tipi, poi, l’apocalittico e l’integrato, sono proliferati, ma sembra in particolare l’apocalittico a tenere il campo.



