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Se è vero che in Italia i piatti tradizionali della cucina inglese non godono di grande favore, il Christmas pudding, o Plum pudding come si chiamò per molti secoli, è forse quello che qui da noi se la passa meglio, o meno peggio, grazie alla fama di “panettone inglese”. Si tratta in effetti del tipico dolce natalizio inglese, una torta rotonda e dolce che in verità nacque salata, con carne, grano spezzato e frutta secca. Nel '500 si arricchì delle spezie che gli inglesi importavano dall'India e dall'Africa, e nel '600 divenne un dolce.

La farina sostituì il grano spezzato e si aggiunge zucchero di canna e melassa. Celebrity chef britannici come Gordon Ramsay e Darren McGrady, lo chef personale della Regina Elisabetta, oggi lo svolgeranno un caposaldo dell'arte gastronomica inglese. Ma quello che qui interessa è il ruolo che questa torta ha rivestito in alcune vicende della storia britannica. Che il Christmas pudding fosse legato allo sfruttamento dei più deboli lo si capisce leggendo A Christmas Carol, il racconto di Charles Dickens del 1843 sulle umili condizioni dei lavoratori durante la Rivoluzione Industriale.

Per la poverissima famiglia Cratchit, infatti, questa torta è qualcosa che può far dimenticare, almeno per un giorno e grazie alla ricchezza dei suoi ingredienti, la spietata ineguaglianza sociale dell'era Vittoriana. Ma se andiamo indietro nella sua storia, ci accorgiamo che questo dolce aveva già avuto legami fortissimi con la povertà e la diseguaglianza.

Christmas pudding era  troppo “ricco”

Tutto cominciò nel '600, quando come detto la torta di carne divenne un dolce a base di zucchero di canna, il prodotto-simbolo dello sfruttamento degli schiavi africani nelle Americhe. Quel nuovo sapore piacque subito molto alle classi più agiate e di fatto trasformò il gusto degli inglesi: lo si aggiungeva ovunque, per una sorta di ubriacatura collettiva da zucchero. Milioni di esseri umani schiavizzati consentirono al ricco Impero questo cambio repentino di gusto, il capriccio del dolce.

Nel 1647 la Repubblica puritana di Oliver Cromwell lo vietò. Il Christmas pudding era diventato troppo “ricco”, l'immagine di quel Natale che si era ormai svuotato di ogni significato religioso. Tornò nelle cucine nel 1660, con la restaurazione della monarchia, ma bisognerà aspettare il secolo successivo per ritrovare il “panettone inglese” nel suo ruolo di protagonista assoluto del Natale britannico. E non può essere un caso che gli anni in cui fu vietato furono gli unici anni in cui in Gran Bretagna fu vietata anche la monarchia: un destino comune di due istituzioni indiscusse. 

Nell'800 il budino natalizio continuò ad essere legato al potere, diventando uno dei simboli dell'Impero coloniale Britannico. Il dolce era infatti costituito per la gran parte da ingredienti che arrivavano dall'estero: canditi dal Sud Africa, uva passa dall'Australia, spezie dall'India e Zanzibar. Ma era anche quanto di più inglese poteva esistere in cucina. La tesi dominante era che fosse un dolce inglese non nonostante, ma per la provenienza dei suoi ingredienti.

La torta come simbolo di dominio

 Come sintetizzare meglio il colonialismo gastronomico? Da qui a chiamarlo Empire pudding il passo fu breve e Giorgio V in persona raccomandò di prepararlo solo con ingredienti provenienti dalle colonie. Lord Meath, dell'Istituto per le colonie, ne preparerà una enorme durante una manifestazione a Londra che celebrava l'Impero. Da cibo dei poveri la torta rotonda era diventata un simbolo del dominio coloniale, dallo sfruttamento della classe operaia era passata a quello delle altre popolazioni.

Un dolce simbolo solo della sopraffazione, allora? Per fortuna no. A bilanciare, parzialmente, tutto lo sfruttamento umano che si è consumato dietro questa torta ei suoi ingredienti, arrivò infatti Kate Marsden, un'infermiera che nel 1897 intraprese un avventuroso viaggio in Siberia, appoggiata dalla Regina Vittoria e da Maria Ferodovna di Russia, per capire meglio la lebbra e trovare possibili cura a una malattia di cui ancora si sapeva poco.

Marsden percorse 18.000 km in 11 mesi, a cavallo, in treno, su una slitta e per qualche giorno anche su una chiatta (visto che la ferrovia transiberiana non era ancora conclusa). E cosa portò con sé? 18 kg di Christmas pudding, da dare agli ammalati e ai poveri, certo, ma anche a se stessa, visto che ne andava matta.


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