- Per capire cosa siano l’identità di genere, il patriarcato, persino il femminismo oggi bisogna interrogare la maschilità invece di darla per scontata.
- Questa è Cose da maschi, la nuova newsletter di Domani dedicata a nuovi e antichi paradigmi di genere. È un osservatorio sulla metà del cielo che ci è sempre parsa nota, dominante, standard, e intende rimappare le costellazioni visitando sia pianeti familiari che sistemi remoti, mai raggiunti prima dai telescopi.
- Per iscriverti gratuitamente alla newsletter, in arrivo ogni mercoledì pomeriggio, clicca qui.
Alle scorse elezioni comunali, Giorgia Meloni è andata a votare nella scuola media in cui ho studiato a Mostacciano (Roma sud). Addirittura nella mia aula, a giudicare da foto e clip apparse su vari giornali, che mi hanno raggiunto per messaggio in screenshot dal quartiere in cui sono cresciuto.
Non capivo la sorpresa di parenti e conoscenti di laggiù («Ma che davvero abita qua da noi???»). Se lo chiedete a me, la matrice dello squadrismo, del fascismo (non quello storico, forse nemmeno quello consapevole od organizzato, ma quello casuale, quello che appare spontaneo, forse quello più autentico, di cui i primi tre si nutrono) ha a che fare con la scuola media, o almeno con la mia. È un’estetica, una poetica, uno stile; ciò che gli americani chiamano un mood. Un sistema di segni insomma, un inventario di oggetti in cui si cresce ignari, magari felici.
Nel pezzo di questa settimana su Domani, che trovate qui, ho cominciato a fare i conti col senso un po’ autobiografico di questa rubrica. Giacché andavo a scuola, alle medie e al liceo, con ragazzi che si vestivano e si comportavano da fascisti, che dicevano di essere fascisti. E sebbene non sia mai arrivato a unirmi ai loro cori, a mettere faccetta nera come suoneria, a incidere anch’io boiachimolla sulla vernice gialla della fermata dell’autobus, ho di certo chiesto a mia madre di comprarmi le cose che avevano loro: lo smanicato, le scarpe, il casco.
Nel pezzo ragiono soprattutto sul casco, sugli adesivi e le croci celtiche di certi caschi, tirando in mezzo l’elmo di Mambrino di Boiardo e Cervantes, i rituali della cinghiamattanza e un poema in endecasillabi del 2010 di Anna Lamberti Bocconi. Ma soprattutto tirando in mezzo il desiderio che avevo, nella prima adolescenza, di essere un maschio come tutti gli altri, e dunque (me ne rendo conto a posteriori) di cedere al fascino, materiale e prossemico, del fascismo.
Se scrivo e invito a scrivere di cose da maschi è perché vorrei che i ragazzini di Mostacciano (e di altre urbane e suburbane comunità che si sentono “normali”, magari all’ombra di monumenti e strutture eretti dal regime per comunicare sé stesso nello spazio e nel tempo) avessero più opzioni da imitare, più oggetti da desiderare di quelli che avevo io quando mi pareva che, per essere un maschio, si dovesse un po’ assomigliare a uno squadrista. Mi piacerebbe ricevere idee su tali opzioni (e soprattutto oggetti) da chi legge queste righe, che in cambio ha già di certo la mia gratitudine.
Per fortuna dopo le medie, dopo il liceo, è più facile sceglierseli da soli i compagni – anzi, le compagne soprattutto, nel mio caso. Una mia prodigiosa compagna d’università, Martina Piperno, oggi professoressa alla Durham University dopo aver ricevuto premi e grant tra Belgio, Irlanda, Stati Uniti e Regno Unito, ha scritto per Cose da maschi un pezzo lucidissimo sul suo autore del cuore, Giacomo Leopardi.
Martina si chiede, alla luce delle pur importanti proposte di Franco Buffoni sull’omosessualità biografica di Leopardi, se con un classico del genere non sia troppo poco limitarsi ai binarismi. Se non sia più leopardiano ripensarle proprio le categorie di amore e di corpo, visto che la vita e la letteratura di questo autore monumentale aprono la via ai sovvertimenti di paradigma dei disability studies, della queer theory, di una possibile femminilizzazione post-gender di tutto il genere umano. Il pezzo, che trovate qui, è molto più chiaro, molto più amichevolmente diretto di come non lo stia facendo qui, e parte dai baci, un’inaspettata cosa da maschi che trabocca dall’epistolario leopardiano.
Spero che questa pagina di Martina Piperno finisca sulle scrivanie di professoresse e professori delle scuole medie e superiori, e so che in realtà la sua origine è, in parte, una conversazione che Martina ha intrattenuto con la 5B, maturatasi l’anno scorso, della professoressa Ilaria Marinelli all’istituto “Via delle Sette Chiese” di Roma.
Uno degli obiettivi di questa newsletter, in arrivo ogni mercoledì pomeriggio, è quello di mappare e allargare la percezione della maschilità che le cose e gli oggetti ci restituiscono, per cui non esitate a scrivermi qui: agiammei@brynmawr.edu per proporre idee, prospettive e memorie.
Per una comunicazione più istituzionale potete invece scrivere a: lettori@editorialedomani.it.
Grazie per la lettura e alla settimana prossima!
Alessandro Giammei
Instagram: @giammei
Twitter: @giammei
© Riproduzione riservata
“Fin dalla sua nascita Domani ha cercato di riempire un vuoto: in Italia il dibattito pubblico è dominato da quarant’anni dalle stesse facce e dalle stesse opinioni. Per questo abbiamo cercato di trovare e dare risalto a prospettive, voci e idee più giovani e fresche. Soprattutto nelle pagine della cultura abbiamo dato fiducia a scrittori e scrittrici, artisti di ogni genere, per esporvi ed esporci a punti di vista spiazzanti, originali, per farci magari divertire, talvolta arrabbiare, sempre pensare. Se pensi che questo lavoro sia importante, aiutaci a farlo crescere con un abbonamento annuale. Così sarai parte della comunità di Domani.”Stefano Feltri