Il gatto sphynx non ha pelo. Viene dal Canada ma, come tutti i gatti, le sue origini risalgono all’antico Egitto. Nonostante il suo aspetto algido e respingente, più da pipistrello senza ali che da felino, lo sphynx è una razza estremamente affettuosa; anzi, è proprio l’assenza di pelo, tratto morfologico che spinge l’essere umano al contatto diretto con l’animale, a renderlo così bisognoso di calore e vicinanza.

Quando Alfio si è perso a Sabaudia era agosto e c’era un caldo torrido; è sgattaiolato via senza fare rumore, lasciando in casa la sua compagna, Donna Paola. Anche lei è una gatta sphynx, abile cacciatrice di topi, ed entrambi sono stati spesso oggetto di derisione per via dei loro nomi. In una casa in cui le persone si chiamano Christian, Chanel e Isabel, Paola e Alfio in effetti sono due scelte che tradiscono un certo sarcasmo.

Redini in mano

Ilary Blasi lo ha spiegato chiaramente il motivo per cui ha scelto di dare questi nomi ai suoi figli. «Totti è un brutto cognome, è duro, è corto… quindi levando la vocale finale lega meglio», ha detto seduta sullo sgabello di Belve. In quella stessa intervista, ha confessato che la seconda scelta per sua figlia Chanel era “Roma”, e ha dichiarato solennemente che il matrimonio con Francesco Totti non sarebbe mai sopravvissuto a un tradimento.

Proprio qualche settimana prima, erano venute a galla alcune foto dell’ex marito allo stadio con quella che poi si è rivelata essere la sua nuova compagna. «Un’amica del padel», ha detto lui, una copia sbiadita di Ilary, hanno pensato in molti. Eppure, la freddezza categorica di quella intervista in cui ha smentito qualsiasi illazione sembrava solida come le statue dello Stadio Olimpico. A conti fatti, non stava mentendo, si stava riappropriando con fermezza delle redini narrative della sua vita.

Ilary Blasi non ha mai nascosto di essere una donna a sangue freddo. Lo ripete ogni volta che può, lo dimostra con piccoli dettagli graffianti che regala a chi la osserva: un piatto colmo di interiora fotografato per i follower, servito con una didascalia «Testine di abbacchio con cervello, grazie mamma…». Il fiero pasto di un felino che si diverte a giocare con le sue prede. Come un topo nell’angolo, in fin di vita ma non ancora arreso all’evidenza, Fabrizio Corona le sbraitava contro pochi anni prima in diretta su Canale Cinque, mentre lei si gustava una vendetta freddissima.

Lo ha attirato negli studi del Grande Fratello Vip con la scusa di un chiarimento con una ex fidanzata e lo ha inseguito con le telecamere fino a togliergli la parola, in trappola, spalle al muro e microfono spento. Erano passati tredici anni dal momento in cui il Re del Gossip aveva messo i bastoni tra le ruote della Regina di Roma, tirando fuori la storia di un presunto tradimento di Francesco Totti con Flavia Vento a un passo dall’altare. Diciassette anni dopo, il matrimonio si è concluso con un’altra donna di troppo: un cerchio che si chiude, forse.

Roma e Lazio

LaPresse

«Se Ilary avesse fatto di più, non mi sarei allontanato» è la frase con cui si difende Totti, lasciando intendere che sia proprio quel distacco freddo e disinteressato ad averlo fatto allontanare da lei negli ultimi anni. Il Totti ferito dalla sua morte calcistica cercava il conforto di un cane, fedele, giocherellone, affettuoso, e invece ha in casa un gatto – o meglio, ne ha tre.

Negli articoli che raccontano questa epopea familiare tragicomica – i Rolex trafugati, le borse firmate  in ostaggio, i ventimila euro al mese di alimenti che lei usa a mo’ di guanto da sfida – c’è chi la chiama ancora «ex Letterina». Un po’ come se presentassero Francesco Totti come «l’ex giocatore della Fortitudo», l’epiteto volto a sminuire o forse solo a ridimensionare non fa effetto su chi in questi vent’anni di televisione c’era, e l’ha osservata con attenzione.

La carriera e la personalità di Ilary Blasi hanno avuto modo di imporsi sorpassando abbondantemente i confini dello sfondo a cui erano incastonate le bellissime ballerine di Passaparola che negli anni della tv dell’abbondanza brillavano in studio come un arcobaleno in movimento.

C’è un elemento ricorrente della sua personalità che la fa camminare sempre un gradino più in alto di tutte. Se il mondo si divide in apocalittici e integrati, Roma si spacca in due categorie ontologiche opposte e contrarie, romanisti e laziali: Ilary è intrinsecamente della Lazio – «Bentornata Ilary» recita sornione il primo striscione della squadra biancoceleste dopo la notizia della separazione.

Ilary è della Lazio perché ha in sé quella pungenza ammaliante mista a perfidia che la rendono una Eva Kant del Portuense, una silfide glaciale con un sorriso beffardo. Chi crede che la sua carriera televisiva sia solo una conseguenza del matrimonio con il numero 10 della Roma non solo sbaglia, non capisce che, al contrario, è figlia della ragione opposta. Tanto bonaccione, affettuoso e tonto il romanista, quanto furbo, cinico e spietato il laziale.

Predestinata

LaPresse Colarieti

Già il padre l’aveva predestinata al mondo dello spettacolo, con quel nome esotico figlio della passione per i film western – la stravaganza onomastica è tradizione. Ilary è una Bellissima che si muove tra i provini e gli spot pubblicitari anni Ottanta dove appare con tutta la sua famiglia, genuina e bucolica, come solo il decennio dell’edonismo senza preoccupazione per le conseguenze sapeva essere.

Passaparola è il trampolino vero e proprio, il salotto di Fabio Fazio è la conferma, il matrimonio in diretta Sky è l’intuizione. Prima ancora del racconto capillare del privato che i social hanno sdoganato, l’unione tra Totti e Blasi si manifesta con la solennità mitopoietica di uno sposalizio reale. È là che Ilary sa di avere il mondo in mano, erede del Pupone in grembo, osservatrice distante ma presente del gioco. La città dove è cresciuta, il tempio dello spettacolo e della politica, dove le due cose vanno di pari passo, la accoglie come madre spirituale del campo.

«6 UNICA», recita la maglia del capitano, quando decide di dichiarare al mondo il suo amore per lei, scegliendo l’arena del derby: che fosse anche questo un segno premonitore? Che Totti sapesse, in cuor suo, che Ilary non sarebbe mai passata completamente dalla sua parte, nella sua squadra? Sempre indipendente, impassibile di fronte ai sentimentalismi, anche quando il capitano fa il suo ultimo giro di campo, con una città in lutto attorno che piange la fine del suo grande eroe, la conclusione di un nostos lungo ventiquattro anni.

Sul volto di Ilary solo qualche riga umida, niente di più. Si dice che per condurre un reality ci vuole una donna, perché dotata di quel senso di maternità necessario alla protezione e alla comprensione dei concorrenti in gioco. Quando Ilary presenta Il Grande Fratello Vip o L’Isola dei Famosi, oltre alla preziosa collezione di gaffe da coatta-chic su cui indugia senza freni, non è materna.

Non è empatica, non è paziente: è schietta, cinica, dissacrante come una compagna di classe troppo bella e troppo popolare per degnarti delle sue attenzioni se non quando può usarle per prenderti in giro. E anche quando sbaglia cade sempre in piedi, come se la forza di gravità non si applicasse sul suo peso.

Happy ending?

Quando Alfio si è perso, Ilary non era a Sabaudia con lui. Se n’era andata in Croazia, lontana dalla tempesta appena scatenata dall’annuncio ufficiale della separazione. Ci siamo rimasti male a leggere quelle note di disfatta, impersonali e sbrigative, non perché non crediamo che la fine di un matrimonio difettoso sia un diritto sacrosanto.

Ci siamo rimasti male perché in fondo, anche i più razionali e disillusi sperano ogni tanto di vedere un fantasma, un segno tangibile del fatto che esiste qualcosa che non muore mai. Solo i gatti pare non muoiano mai, perché hanno nove vite, perché tornano sempre a casa, anche quando sembrano persi per sempre.

E così, poche ore dopo la sua sparizione, Alfio è stato ritrovato sano e salvo, recuperato da due eroine del posto debitamente ringraziate per questo lieto fine che si è inserito con eleganza e prepotenza in un finale tragico in atto. Alfio e Paola, a quanto pare, vivranno per sempre felici e contenti. O forse no.

© Riproduzione riservata