accettare invece di rivendicare

La nostra idea di felicità si basa su un equivoco

  • All’inizio dell’adolescenza ho attraversato un momento difficile: mentre provavo a spigare cosa mi stava succedendo a un sacerdote, lui mi consigliò senza troppe spiegazioni di trovare «qualcosa per cui vivere e morire»
  • Grazie a quella conversazione ho deciso di dedicarmi con tutto me stesso a scrivere canzoni. Ma oggi, a 41 anni, se penso alla felicità mi torna in mente questo episodio e mi faccio delle domande
  • Cosa voleva dirmi padre Sauro quel pomeriggio? Era davvero così secolare la strada che mi indicava con le sue parole? 

All’inizio dell’adolescenza, come accade a molti, ho attraversato un momento difficile. Senza motivi scatenanti e quasi senza rendermene conto mi sono ritrovato in una condizione non facile da descrivere e che ancora adesso considero il momento più complicato della mia vita. Non uno stato particolarmente doloroso ma delle sabbie mobili dell’anima dalle quali non capivo come uscire. In altre parole: non mi sentivo felice. Quello che ho letto e ascoltato negli anni successivi riguardo i disturb

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