Cultura

L’apocalisse onirica di chi ha cantato la fine della storia

  • Alla metà degli anni Novanta  nel pop-rock non si capiva nulla. Era appena morto Kurt Cobain, Tupac l’avrebbe seguito a breve e con altrettanta violenza
  • Dopo i venti di cambiamento dei Sessanta, gli esperimenti e il rumore dei Settanta, gli eccessi e l’estetica degli Ottanta, nei Novanta si cominciò ad avvertire con sconcerto la distanza dalla Storia, quella con la “s” maiuscola, quella che “siamo noi
  • I guppi nati in questo periodo si tenevano lontani da quella che chiameremmo realtà. Niente rancore evidente, nessun risentimento politico, né rivendicazioni sociali. Nella land of hope and dreams, loro sceglievano di lavorare col repertorio onirico

Nel 1996, al termine di Murder Ballads, a Nick Cave scappò un sorriso. Quale conclusione migliore, per un album su morti, femminicidi e vendette sparse, se non riunire le sfavillanti collaborazioni del disco per una versione di un piccolo classico nascosto di un Dylan anni Ottanta, Death is not the End? Quando l’aveva composto, Dylan era appena uscito dal millenarismo cristiano che l’aveva afflitto per qualche tempo. Per chiudere le “ballate assassine”, Cave riprese quella outtake del progett

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