Lo scrittore statunitense Dan Brown è uno dei più grandi autori di bestseller con oltre 200 milioni di copie vendute. Ma cosa rende questo autore di thriller così imperdibile?
- Questo articolo è tratto dal nostro mensile Finzioni, disponibile sulla app di Domani, sullo sfogliatore online e in edicola.
Leggiamo Dan Brown per emanciparci dalla letteratura. Cioè: leggere leggi, ma è come guardare un film di Indiana Jones. Con la differenza che passano gli anni ma Robert Langdon non invecchia mai. Harrison Ford invecchia.
Quarantaquattro anni dopo I Predatori dell’arca perduta non c’è cachet che potrebbe fargli bissare quei mitici primi cinque minuti. Langdon, che è una celebrity provvidenzialmente sfornita di profilo social, a Praga si tuffa dalla finestra nella Vltava. E nevica. E lui nuota controcorrente.
Però sappiamo da cinque libri e venticinque anni che si concede cinquanta vasche al giorno nella piscina di Harvard. Che forse è Shangri-La, perché arrivato alla quarantina non l’ha mai superata. Da venticinque anni è alto circa un metro e ottanta, ha gli occhi azzurri e i capelli scuri con un accenno di grigio. Ma pur restando scapolo a vita non rimorchia a raffica come James Bond, è disarmato e questo ci rassicura.
I motivi per leggerlo
Dan Brown, che di suo è biondo, ci ha misericordiosamente risparmiato la propria fotocopia, anche se a Robert ha prestato luogo e giorno di nascita (Exeter, 22 giugno). Anche la Phillips Exeter Academy, in cui ha studiato. Ma è narcisismo sotto controllo. Per la derivazione del nome, se la memoria eidetica del prof non soccorre, basta risalire ad Angeli e Demoni. Dan Brown è un fan devoto degli ambigrammi di John Langdon, parole e frasi palindrome.
Leggiamo Dan Brown perché Robert Langdon non ha un Rolex da divo delle classifiche planetarie ma un orologio di Topolino. Come me. Se si rompe dovremo portarlo a riparare a Disneyland. La Provvidenza ci assista.
Leggiamo Dan Brown perché d’ora in avanti non guarderemo mai più un broccolo romano con gli stessi occhi. Il broccolo romano è un fractal, come il fiocco di neve di Koch, ma quello non si cucina. La parte riproduce il tutto, all’infinito. E già a comprarlo al mercato ti senti più figo.
Leggiamo Dan Brown anche perché fare i debunker, gli stanatori di bufale, è una rottura di palle infinita. È un compito ingrato che non abbiamo richiesto, un lavoro forzato da vittime della Civiltà. Vero o falso, da Dan Brown noialtri si piglia tutto, e le fake news di norma sono quelle cui ti affezioni di più. Molto prima di usurare le 671 pagine di The Secret of Secrets (edizione inglese, in italiano L’ultimo segreto da Rizzoli) abbiamo l’assoluta certezza che i nostri livelli di GABA si sono ridotti, e che la Coscienza Universale ci inonda più agevolmente, qualsiasi cosa significhi.
Leggiamo Dan Brown in inglese perché ‘fa più Harvard’. E perché un po’ rallenta il consumo, non sono nemmeno settecento pagine e non durano poi per l’eternità come ci piacerebbe. Il tempo è una variabile indipendente. Sai che qualcosa di nuovo succederà in fondo alla pagina che hai appena iniziato - perché ogni pagina puntualmente riserva sorprese- e non è il caso di premere sull’acceleratore. Districarsi con un lessico che non mastichi nemmeno nella tua lingua è un hobby costruttivo. Oppure no, ma who cares? Magari è tossico, però in senso buono.
Stuzzica il nostro narcisismo
Leggiamo Dan Brown perché fornisce i salvagenti giusti. Se da digiuno di futuro prossimo, ma top secret, rischi di annegare, ti butta le ciambelle di salvataggio. Se la scienza, più o meno fanta, non è il tuo pane, ecco spuntare i film. E i libri.
Chi aveva riflettuto davvero sulle sperimentazioni della Cia parodiate da L’uomo che fissa le capre (The Men Who Stare at Goats), 2009, di Grant Heslow e con George Clooney impegnato nel compito? Chi sapeva del droide R2-D2 che giganteggia nel praghese Solimanka Park come tributo a Star Wars? E quanti di noi hanno ragionato sull’Aldous Huxley sperimentatore di mescalina di The Doors of Perception? C’è anche una vera location di Le cronache di Narnia. Il Golem invece non conta. Rientra nella mitologia più o meno ufficiale, e non attizza. Dan Brown scrive per stuzzicare quelli che sanno, o credono di sapere. Il nostro è narcisismo allo specchio.
Leggiamo Dan Brown perché non c’è ateo che disdegni, in segreto, l’immortalità. Ci offre la Coscienza Universale come programma, e lo Halo, la corona radiante comune a ogni raffigurazione religiosa storica, come simbolo. Mai più senza un Halo in casa. Il feticismo è un effetto collaterale. Per qualche ragione ci siamo convinti che lui ci dica quello che tutti gli altri non ci dicono.
Anche nei libri brutti come Inferno, quel suo banale baedeker fiorentino. Mi astengo dal ricontrollare la data in cui le risorse del pianeta saranno definitivamente incapaci di sfamarci. L’ho rimossa. Preferisco dormire sonni tranquilli, finché è possibile. Ma leggo Dan Brown perché so che ha ragione.
© Riproduzione riservata


