«Siamo io e te, non c’è niente di simile, miss Americana e il principe spaccacuore».

Fa così la canzone con cui Taylor Swift apre l’Eras Tour, una specie di metafora politica che sfrutta il topos americanissimo dell’high school. E che descrive bene anche lo stato dell’altra istituzione che nel nostro immaginario collettivo rappresenta gli Stati Uniti: il football americano.

A poche ore dalla partita più importante dell’anno, la National football league sembra tutta consumata dalla storia d’amore tra miss Americana e il suo principe (per ora non spaccacuore) Travis Kelce. Il tight end dei Kansas City Chiefs gioca domenica contro i San Francisco 49ers il Super Bowl, la partita che chiude la stagione del football americano e consacra il campione della Nfl.

Stagione swiftie

Una stagione che è stata la stagione di Taylor Swift, in un anno che è stato l’anno di Taylor Swift. Da settembre si è vista più volte allo stadio, a fare il tifo per il fidanzato, e creando un incrocio straordinario tra lo sport più amato del paese e la cantante più amata del mondo. La star dalle radici country, incarnazione quasi plastica dell’identità americana, e il giocatore di football. Una coppia così stereotipata da sembrare quasi irreale.

Irresistibile: non si contano il numero di riferimenti di telecronisti, di sketch comici, di articoli generati dalla presenza di Swift sugli spalti, a tifare. Una mania che la Nfl non ha esitato ad abbracciare: il numero di volte in cui viene inquadrata durante la diretta tv è diventato oggetto di polemiche.

Alla conferenza stampa di presentazione dell’evento, martedì scorso, le domande per Kelce all’inizio erano tutte sulla cantante, fresca di vittoria ai Grammy.

Non c’è quindi nulla di più adatto di Miss Americana & the Heartbreak Prince quest’anno a fare da colonna sonora al Super Bowl. Non solo una finale, ma un rito collettivo immenso. Un’esperienza che racchiude lo spirito della nazione.

E che quindi è un passaggio imprescindibile per la figura che incarna lo spirito di questo tempo in modo quasi assoluto, tanto che Kyle Chayka sul New Yorker ha scritto che «non è che si parli solo di Swift, ma tutto ciò di cui si parla si ripiega su di lei, allargando i confini della logica». Ma niente è più logico di vedere “miss Americana” al Super Bowl.

Tra il pubblico

Il Super Bowl è l’evento televisivo dell’anno. È una messa cantata dell’americanità. Che però non sarà cantata da Taylor Swift. La pop star ha infatti rifiutato (quest’anno come altre volte, secondo le indiscrezioni) di esibirsi per l’Halftime Show, lo spettacolo d’intervallo. Quello che nei primi Super Bowl era spesso un’esibizione di bande musicali delle scuole della città ospitante, nei decenni si è trasformato in uno dei palchi più ambiti dagli artisti.

L’anno scorso è stato il turno di Rihanna, quest’anno ci sarà Usher. A cantare l’inno ci sarà l’artista country Reba McEntire e il rapper Post Malone canterà America the Beautiful. Ed è subito mini crossover: Fortnight, la prima canzone del prossimo album di Swift, The Tortured Poets Department, è una collaborazione proprio con Post Malone.

Ma del resto, se davvero Swift sarà presente a tifare Chiefs dagli spalti, il compito di qualsiasi cantante risulterà davvero ingrato. La sua presenza colossale, per quanto laterale, non può che schiacciare qualsiasi performer.

Il dibattito intorno a questo Super Bowl sarà segnato dal numero di volte in cui le telecamere la inquadreranno. Quello che accadrà sul palco sarà secondario, e chissà tra performance e spot quanti cenni, citazioni e battute si conteranno.

Tutto questo, ovviamente, se riuscirà ad arrivare, dopo la quarta sera di concerto a Tokyo. Dodici ore di volo, 17 di differenza di fuso orario (che gioca in suo favore): i calcoli sono già stati ampiamente fatti sui social, vecchie clip dell’iconica serie West Wing sono state rispolverate, l’ambasciata giapponese ha rassicurato tutti. Il tempo di arrivare c’è.

I numeri

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Le ore di viaggio di Swift sono senza dubbio il numero che più ha appassionato il pubblico Usa in vista del 58esimo Super Bowl. Ma di certo non sono il numero più strabiliante di questa gara. Che l’anno scorso è stata guardata in diretta dalla cifra record di 115 milioni di americani. Mentre chi la vorrà vedere live avrà comprato un biglietto che costa in media 9mila dollari, secondo Forbes.

Le aziende pagano circa sette milioni per avere uno spazio pubblicitario di 30 secondi (e gli spot del Super Bowl sono un genere televisivo, che insieme allo show dell’intervallo attrae tutta una fetta di pubblico poco interessato al football).

È un fenomeno che ha un impatto economico enorme sulla città ospitante (quest’anno è Las Vegas). Anche più di un concerto di Taylor Swift, come ha stabilito un report della Bank of America, che ha paragonato gli effetti della tappa dell’Eras Tour a Pittsburgh con quelli della finale della Nfl dell’anno scorso a Phoenix.

E poi ci sono i numeri che interessano più ai tifosi: per quelli dei Kansas City Chiefs è la quarta volta in cinque anni che si giocano il titolo. Lo hanno conquistato nel 2020 (con una rimonta, sempre sui San Francisco 49ers) e l’anno scorso, quando hanno giocato contro i Philadelphia Eagles. Che, incidentalmente, sono la squadra per cui gioca il fratello maggiore di Travis Kelce, Jason.

E anche la squadra della città natale di Swift. Ma ovviamente ora la cantante fa il tifo per il più giovane dei fratelli Kelce: uno dei tight end più forti degli ultimi anni, per quanto reduce di una stagione segnata da qualche infortunio. Insieme al quarterback dei Chiefs, Patrick Mahomes, è protagonista di questa fase della squadra, che il Guardian ha definito «quanto di più vicino a una dinastia nella Nfl in questo momento».

Il complotto

La storia comunque, scrive sempre Kyle Chayka sul New Yorker, sembra «quasi troppo perfetta: la fidanzatina d’America che esce con l’equivalente nazionale di un re del prom, talmente ispirato dall’amore, presumibilmente, che la sua squadra arriva al campionato». Troppo perfetta per sfuggire alla maledizione della dietrologia e del complottismo.

Le simpatie liberal di Swift, una campagna di Kelce in favore dei vaccini anti Covid. Non è servito molto per scatenare l’estrema destra trumpiana. Decisamente nervosa di fronte alla prospettiva dello star power di Taylor Swift al servizio del presidente democratico Joe Biden.

Se Vivek Ramaswamy, ex sfidante di Donald Trump alle primarie repubblicane, su X si è limitato a chiedersi ironicamente «chissà chi vincerà il Super Bowl», alcuni influencer trumpiani sono stati più espliciti ancora nell’insinuare che la partita sia rigged, truccata (come l’elezione persa dall’ex presidente). E su Fox News un giornalista ha anche ipotizzato che Swift sia una psyop del Pentagono.

Sono stati in diversi, tra cui l’editorialista del New York Times Ross Douthat, a notare l’ironia della sorte per cui un simbolo di americanità così tradizionale e ideale come la coppia Swift-Kelce è diventato invece appannaggio dei democratici.

Ma a prescindere dalle appartenenze politiche, e anche della fede sportiva, gli Stati Uniti d’America sul Super Bowl si sintonizzano. Quest’anno per sbirciare miss Americana sugli spalti.

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