Quella che segue è una rassegna delle opere pasoliniane che hanno ispirato Ecchime, omaggio di Piotta e Davide Toffolo a Pier Paolo Pasolini. Questo viaggio nelle citazioni è firmato da Piotta (pseudonimo di Tommaso Zanello)


La musica

Cristo al Mandrione è una delle canzoni in dialetto romanesco scritte da Pasolini per Laura Betti (con la musica di Piero Piccioni) all’inizio degli anni Sessanta. Pasolini scrisse questa e altre canzoni, penso per esempio a un interprete straordinario come Domenico Modugno.

Davide Toffolo e Piotta

Quella per la sua cara amica Laura Betti, che di seguito ne portò avanti la memoria con l’archivio del Fondo Pier Paolo Pasolini, anche se molti pensano spesso che sia stata pensata per Gabriella Ferri, stesso errore che gli stessi fanno per il più popolare Valzer della toppa.

Laura Betti, ad onor di cronaca soprannominata La Giaguara, doveva essere una persona davvero particolare, tra cinema, musica e le notti di quella Roma della Dolce Vita, almeno stando ai racconti del bellissimo romanzo di Emanuele Trevi Qualcosa di scritto, che gira su lei e Pasolini. Rispetto alla Dolce Vita e via Veneto (declinabili oggi in altri luoghi mondani) sono invece la periferia e le sue dinamiche che mi attraggono di più, e quella Roma Est Mandrione che fu – e ancora è – fucina di vita vera, tra luci ed ombre, tra sogni e illusioni del nuovo mondo.

Il cinema

Accattone è un film del 1961 scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Opera che segna il suo esordio alla regia. Non a caso, tra le citazioni romane, c’è anche Accattone, che respira tutti i sogni e la disperazione di quel quadrante della città, ancora oggi. C’erano i ciociari prima, poi abruzzesi e calabresi, oggi agli italiani si mescolano cinesi, bengalesi, indiani.

Ci sono uomini, donne e persone transessuali. Ci vecchi, giovani e bambini appena nati, perché la vita è semina, metafora di quella terra tanto cara a Pasolini, anche quando si fa strada e lotta tra i palazzi. Accattone è semplicemente un manifesto, e come tutti i capolavori è senza tempo. Mi emoziona come se fosse uscito allora.

La poesia

«Non c’è più acqua fresca che al mio paese» viene da Poesie a Casarsa autoprodotto da Pasolini stesso nel 1942. È una delle raccolte più belle, e una delle liriche più alte, a cui mi lega il fatto che l’effige scelta da mia nonna Letizia per essere scolpita sulla sua tomba, reciti esattamente così, in dialetto friulano: «A no è aga pì frescia che tal me paìs».

Il vino friulano

Con Pasolini condivido appunto l’origine friulana, Casarsa della Delizia sua madre, Rivignano-Teor (UD) noi della famiglia Zanello-Mainardis. Tra i topos del mondo friulano c’è il vino. Perché è un mondo, non parlo della Giulia, ma della campagna friulana che mantiene ancora quel legame con il mondo degli avi, contadini dalle mani ruvide e il cuore gentile, la cui timidezza spesso si sprigionava e sprigiona grazie alla magia del condividere un tajut con i compagni di lavoro, con gli amici, in famiglia.

Lo so che è discutibile, ma io sono stato iniziato a questa pratica che ero più che minorenne. Non esisteva una festa o un compleanno dove anche non partecipassi al rito sacro del brindisi, con quel vino bianco che allora si poteva ancora chiamare Tocai, e che oggi chiamiamo Friulano, o quella Ribolla Gialla ferma che Pasolini pare adorasse.

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