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È uscito ora, per Einaudi, Artivismo. Arte, politica, impegno di Vincenzo Trione; un libro sconcertante, il che di questi tempi non è un male.
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Quel che manca, qui come in letteratura, è una comunità critica ancora in grado di formulare giudizi di valore. Le citazioni che fa Trione sono davvero troppo diverse e caotiche: da Soffici a Benjamin, da Marcuse a Calasso, da Said a Bobbio, da Giglioli a Piperno.
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I repertori riassuntivi, le etichette per districarsi nella giungla del contemporaneo sono senz’altro utili; ma senza dimenticare che le opere d’arte (impegnate o no, collettive o create da un singolo) sono comunque degli individui e come tali vanno giudicati, caso per caso.
In fatto di impegno, tra letteratura e arti figurative le cose non stanno esattamente allo stesso modo, anche se molte forme ibride (fumetto, graphic novel, performance, installazioni, poesia visiva, concettualismo) rendono oggi la distinzione meno chiara. Le immagini colpiscono in modo più immediato e veloce, la loro fruizione è più facilmente pubblica e collettiva; in compenso sono più spettacolari e decorative, quindi più indifese di fronte alle tentazioni della superficialità e del mercat



