Solo la comunità internazionale – e in particolare l’Unione europea, principale partner commerciale di Tel Aviv – può fermare il nostro governo piromane e dispotico. Il mondo non si può più accontentare di gesti simbolici. Se le condanne sono sincere, i governi devono sospendere collaborazioni e scambi militari finché non si fermerà la distruzione di Gaza
Le prove sono sotto agli occhi di tutti, e ora, finanche due autorevoli Ong israeliane per i diritti umani – B’tselem e Physicians for Human Rights – hanno pubblicato dettagliati rapporti dimostrando come il governo israeliano stia commettendo un genocidio a Gaza.
Ora viviamo in Italia, ma negli anni, come cittadini israeliani che tengono ai diritti umani, abbiamo denunciato numerose violazioni dei diritti dei palestinesi in Israele e nei territori occupati. Eppure mai, nei nostri peggiori incubi, ci saremmo immaginati ciò cui stiamo assistendo: la totale distruzione delle condizioni di vita a Gaza, fino ad affamare la popolazione.
Il brutale attacco del 7 ottobre 2023, in cui Hamas commise una lunga serie di crimini di guerra – l’assassinio di centinaia di civili, il rapimento di 251 ostaggi, stupri e devastazione – ha profondamente scosso la società israeliana. Ma c’è stato anche chi da tempo metteva in guardia da simili pericoli, dato che si aveva rinunciato a risolvere la questione israelo-palestinese, e i problemi irrisolti tendono a riaffiorare con maggior impeto. L’orrore di quel giorno è ancora vivo nella nostra memoria, il tonfo di quel masso oscuro che ti precipita addosso e ti si piazza sul petto.
Orrore infinito
Da allora, preoccupati per i nostri cari in Israele e in Palestina, seguiamo ossessivamente le notizie, e quel masso non fa altro che crescere: le immagini sempre più raccapriccianti da Gaza; l’abbandono degli ostaggi israeliani; la realizzazione che questa è una “guerra infinita”; gli appelli al genocidio da parte di leader israeliani; il blocco degli aiuti umanitari; ma soprattutto le innumerevoli vittime – oltre 60.000, e poi feriti, mutilati, affamati, traumatizzati. La rappresaglia contro Hamas per il 7 ottobre si è trasformata in una campagna di annientamento contro la popolazione di Gaza.
Urge un intervento immediato e incisivo per salvare chi non è ancora perduto, ma questo non verrà dall’interno: la democrazia israeliana è sempre più fragile, e anche se le voci dissidenti stanno crescendo, rimangono minoritarie e faticano a emergere per via di intimidazioni e repressioni. Non possiamo aspettare che questo movimento raggiunga la massa critica necessaria per fermare le atrocità.
Anche gli ostaggi israeliani stanno patendo la fame nei tunnel di Hamas, ed entrambe le società, bensì in misure assai diverse, sono traumatizzate. Quando osiamo pensare al futuro, ci domandiamo quanti anni ci vorranno per guarire da questi devastanti traumi e da queste terribili colpe, e tornare a immaginare una convivenza pacifica? Non abbiamo risposte, ma la situazione si aggrava con ogni vittima, con ogni minuto che passa senza un cessate il fuoco.
La pressione necessaria
Ultimamente, in tanti invocano il riconoscimento dello stato di Palestina, soprattutto dopo la dichiarazione del presidente francese Emmanuel Macron in merito. Ma tale misura, benché utile, anche per affermare l’esistenza di un popolo che qualcuno vuole cancellare, non può essere intrapresa in isolamento; va accompagnata da una vera e propria pressione su Israele.
Con grande rammarico, come migliaia di nostri concittadini, e numerosi personaggi israeliani di spicco, siamo giunti alla conclusione che solo la comunità internazionale – e in particolare l’Ue, essendo il principale partner commerciale di Israele, e i paesi membri, tra cui l’Italia – può fermare il nostro governo piromane e dispotico, che difficilmente potrà ignorare reali pressioni da parte di un partner così importante.
Per il bene di tutti gli abitanti della regione, il mondo non si può più accontentare di gesti simbolici. Se le condanne sono sincere, i governi devono sospendere collaborazioni e scambi militari, culturali, sportivi, commerciali, scientifici, finché Israele non permetterà la libera distribuzione di aiuti umanitari, e non fermerà la distruzione di Gaza.
Come sottolinea B’tselem: «È questo il momento di agire (...) di utilizzare ogni mezzo disponibile secondo il diritto internazionale per fermare il genocidio».
Ariel Bernstein, ricercatore, Breaking the Silence
Raya Cohen, storica
Shmuel Gertel, traduttore
Tanya Jones, stylist
Noga Kadman, attivista per i diritti umani
Nir Levav, enologo
Taffy Levav, cross culture marketing
Yael Meroz, consulente, Commissione europea
Samuele Tofano, informatico
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